(Viola, la protagonista, ha appena ricevuto dai genitori la proposta di rilevare il marina con il loro sostegno economico ma l’impresa la spaventa moltissimo)
La mia idea di mettermi in proprio prevedeva qualcosa di meno faraonico di un marina da trecento posti barca e annessa attività commerciale. Trovavo azzardato lanciarmi in un settore del tutto sconosciuto e che avrebbe richiesto investimenti enormi ma, d’altra parte, mia madre era convinta si trattasse di un affare e mio padre era disposto a metterci dei soldi.
Cercai allora, di mettere da parte i fattori emotivi e applicare le tecniche marketing: pro, contro, opportunità e rischi. Ne venne fuori un quadro allettante, ma pieno di difficoltà e incognite. Decidere da sola – Italo se n’era lavato le mani – mi spaventava a morte. Feci la cosa più codarda del mondo: scrissi un fax ai miei genitori. Esposi i miei dubbi, le paure e quelle che prevedevo sarebbero state le conseguenze se avessi accettato infine, rimisi la decisione a loro. Se ritenevano ne valesse davvero la pena, l’avrei fatto.
Ero seduta sul ciglio del Gran Canyon. La Viola bambina, affamata dell’amore e della stima dei suoi genitori incitava: «E dai salta, che aspetti?».
La Viola adulta e coscienziosa rispondeva: «Sei pazza? Hai visto che strapiombo? Non ce la posso fare. Ci rimetto anche la pelle».
«Dai, non fare la tragica».
«Non sono tragica, sono realista».
«Ascoltami, dall’altra parte c’è il paese dei balocchi e mamma e papà te lo stanno offrendo su un piatto d’argento. Che aspetti? Salta».
«No, non salto».
«Quello che c’è di là, lo vuoi o no?».
Lo volevo, ma allo stesso tempo sapevo che il rischio di spiaccicarmi al suolo e rompermi tutte le ossa era altissimo. Allora, scrissi quel fax, demandai ogni futura colpa ai miei genitori e saltai nello strapiombo.
Hop! Brava bischera.
Estratto da “Un fiume di guai” di Eleonora Scali
https://www.facebook.com/unfiumediguai