L’autobus è pieno di ragazzi vocianti appena usciti dalla scuola; sono compressa tra la macchina per vidimare e la cabina dell’autista; di fronte a me un posto occupato e attorno zaini, camicie, magliette, colori, afrori, cicaleccio, stridori.
Tutti i giorni così, a quest’ora.
Cerco di distrarmi, di non pensare alla condizione in cui mi troverò a trascorrere una mezz’ora abbondante .
E oggi non piove!
Provo a spostare i pensieri oltre la mia fermata.
A casa cosa mi aspetta di buono ?
Il silenzio. Le mie cose. I miei gesti abituali. Le feste di Zagara.
Non mi consola.
Il mio disagio cresce. Ad ogni fermata il bus non si svuota, ma si riempie ulteriormente. Il traffico è caotico; tutti in coda, pazientemente.
Oggi forse sono stanca, ma non riesco ad immergermi in pensieri rilassati e sfuggire alla condizione limitante in cui mi trovo.
Tutti gli anni così, in questo periodo divento intollerante, meno capace di ritrovare in fretta i miei equilibri.
Cosa ho letto di recente?
Non trovo niente nell’archivio “interessante”. Né parole, né fatti, né cose, né persone.
Giornata no.
Mettiamo un punto quanto prima.
Cosa mi aspetta nel pomeriggio?
Una riunione da rimuovere.
È questo che mi infastidisce?
Oggi non riesco a trovare proprio nulla di positivo.
Eppure è una giornata così luminosa. Ieri è piovuto tanto, anche durante la notte; e oggi l’aria è ripulita, gli alberi rinverditi, le strade più grigie, di un grigio più scuro, quasi più allegro rispetto al monotono grigiore polveroso.
Mi sento circondata dai miei simili e oggi mi fanno uggia. Con il loro vociare, le loro chiacchiere sterili, il loro inutile dimenarsi per farsi posto.
Ecco, la signora senza nome, quella che mi riconosce e mi saluta sempre; è salita con il suo fardello abituale. Cosa sporgerà oggi dalle sue buste di plastica? Mi ha spiegato che ha abitato per anni in questa zona e continua a fare la spesa qui, sebbene viva ormai in un altro quartiere. Oggi fa più fatica del solito a sistemarsi con le sue borse piene, pesanti e colorate; distinguo precisamente il rosso e il giallo di due peperoni, il verde pacato di un gambo di sedano e il viola profondo di due melanzane lunghe.
Mi vede, mi riconosce e mi saluta festosa coperta in parte da teste, schiene e zaini.
-Quanta bella gioventù!-esordisce cercando una sistemazione.
-Vengo da lontano, ma volentieri- aggiunge- è sempre piacevole trovarsi nei luoghi che ti hanno visto crescere.
È riuscita a farsi varco ed ora si è sistemata a pochi centimetri dalla mia precaria posizione.
-Sa, non è solo per fare la spesa, ma è per mantenere i rapporti con la gente del mio vecchio quartiere. Mi mancherebbero troppo le chiacchierate con gli ortolani del mercato; li conosco da una vita ed ho seguito tutte le loro vicende. Oggi ho saputo che la figlia di Marianna è diventata mamma! Una bella figliola, sa, e garbata, tanto. L’ho vista crescere, tra i banchi di Sant’Ambrogio! Le porterò un presente quando ritorno.
È gentile, dolcissima nella sua espressione di infantile rammarico quando mi spiega le ragioni delle sue sporte piene; un rammarico appassionato per quanto le è accaduto, quasi un affronto del destino.
La mia fermata!
La saluto dicendole- buona giornata e a presto- e scopro che il mio tono è allegro o quasi.
E lei a me di rimando dedica il più benevolo dei sorrisi; me lo porto via come un regalo specialissimo.
Uggia (I più votati di Prosa e Poesia)
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ultima modifica: 2015-08-12T08:28:25+02:00
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