Sotto un cielo di re, vibrava la vita dei mortali. Calde gocce di pioggia versavano febbrili sogni non ancora nati, un canto silenzioso come il polline dorato che si spande nelle foreste arcane.
L’alba adorna le antiche creste di terra con ombre e spiriti, illumina le ricchezze opulente e la miseria della fame.
A lungo sono rimasto a guardare il flusso di questo rapimento primordiale, richiamato dal selvaggio. Ho dormito nella culla magica della natura, accarezzato dal vento e da lingue di fiamma.
Sogni e sognatori, li ho fatti richiamare in fretta e ho conficcato la mia spada nel cielo, ho donato l’eternità alle stelle.
Ho vagato attraverso stagioni leggendarie, la mia anima ho inciso nella nebbia del tempo. Sopra campi color pastello ho cercato ricordi sfuggenti, ho indossato vesti color della notte nella cerchia dei re. I miei occhi osservavano attraverso impalpabili maree.
Merlino mi ha trovato col suo sguardo infinito, tra le promesse dell’inaffidabile Luna. Tu sei celeste, rivestito dal velluto della luce stellare, mi ha sussurrato.