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“Io mi libro” di Alessandro Pagani

Io mi libro - Alessandro Pagani - Prosa e Poesia

Titolo: Io mi libro
Autore: Alessandro Pagani
Editore: 96, Rue De La Fontaine

ISBN: 978-88-99783-82-2
Disegno di copertina a cura di Massimiliano Zatini – Foto interne a cura di Lorena Di Gregorio
Stampa digitale – Formato: 14 x 21 – Carta interno: Palatina avorio 85 gr.
Pagine totali: 78 – Carta copertina: patinata opaca 300 grammi – Rilegatura: brossura fresata
http://www.ruedelafontaineedizioni.com/negozio/alessandro-pagani-io-mi-libro/

 

“Io mi libro” è una raccolta di 500 frasi umoristiche tra giochi di parole, doppi sensi e freddure, rivolta a far emergere in chiave goliardica le leggerezze dell’animo umano.

Ogni nostra azione, atteggiamento o comportamento si presta a diverse sfaccettature emblematiche. Nel contesto di quest’opera, l’autore ha voluto cogliere gli aspetti più imbarazzanti e comici che gli individui si trovano ad affrontare quotidianamente durante il loro lavoro, nel tempo libero, attraverso i vari momenti della storia, e più in generale durante le varie situazioni paradossali nelle quali ognuno di noi si è imbattuto, spesso a propria insaputa, generate dal teatro dell’assurdo o da ‘presunte’ coincidenze.

Rifacendosi a maestri dell’umorismo quali Marcello Marchesi, Achille Campanile e Giovanni Guareschi, “Io mi libro” non è soltanto un caleidoscopio di lettere che si scambiano e si combinano tra di loro, ma anche un piacevole riflettersi dentro una prospettiva meno cupa, all’interno di un puzzle di significati allegorici, che aiutano a stemperare l’eccessiva serietà con cui l’uomo ha vincolato la proprio esistenza, a dispetto del lato più ‘brioso’ ed ottimista che inevitabilmente ognuno di noi porta dentro.

A chiusura del libro, un racconto dell’autore dedicato al sogno.

 

 

 

BIOGRAFIA:

Alessandro Pagani è nato nel 1964 a Firenze, dove vive e lavora presso l’Azienda Sanitaria. Appassionato di poesia e letteratura da sempre, ha fatto parte negli anni ’80 del movimento artistico underground fiorentino “Pat Pat Recorder”. Nel 1988 inizia un percorso come musicista con svariati gruppi tra i quali gli Stropharia Merdaria, Parce Qu’Il Est Triste, Hypersonics, (con cui ha partecipato ad Arezzo Wave), Subterraneans, Malastrana e successivamente con i Valvola, assieme ai quali fonda nel 1997 l’etichetta discografica Shado Records, attiva fino al 2007. Attualmente è batterista del gruppo rock Stolen Apple, con il quale ha fatto uscire l’album di debutto “Trenches” a Settembre 2016. E’ anche componente della giura del concorso di poesie “Daniela Pagani e Manuela Masi” patrocinato dal Calcit Chianti Fiorentino, ed un assiduo volontario del Canile Del Termine di Sesto Fiorentino (Fi).

“Io mi libro” edito dalla casa editrice 96, Rue De La Fontaine di Torino (una frase del libro apparirà anche sull’agenda Comix 2019), è la sua seconda pubblicazione, dopo il libro “Perché non cento?” stampato da Alter Ego/Augh di Viterbo (Aprile 2016), ed il libretto autoprodotto del 2015 “Le Domande Improponibili”.

Parole incollate e parole scollate (I più votati di Prosa e Poesia)

Da quando sono nato non mi stupisco più di nulla e non ricordo il nome del mio luogo di nascita e questo la dice lunga sul mio girovagare da quando ero un neonato.
Qui sento già le prime rimostranze: i piccoli dell’uomo camminano a quattro zampe e solo dopo si sollevano su due, non è quindi possibile che un bebè cammini da subito. Eppure questa è la mia storia.
All’inizio credevo di avere i piedi incollati alle scarpe, ora so di essere nato con i piedi scarpa o con i piedi a forma di scarpa e di aver avuto subito l’istinto a stare diritto e soprattutto a camminare. Non è stato facile abituarsi e muoversi in un mondo alto o comunque molto più alto di me, come mi è capitato per lungo tempo.
Immaginate un neonato tutto testa e tutto scarpe, ma in altezza un Lillipuziano, sì, proprio come i piccoli abitanti di Lilliput!
Se gli altri piccini imparano a camminare con l’aiuto degli adulti che lo hanno a loro volta imparato da altri, io l’ho fatto da solo e senza alcuno sforzo andavo, perché la spinta a camminare è sempre stata fortissima, senza sapere e senza meta.
Più camminavo e più crescevo, più crescevo e più aumentava la mia spinta a camminare.

Ho visitato e rivisitato molti distretti che a distanza di tempo mi apparivano diversi e nuovi. La mia vista sapeva riconoscere le somiglianze, ma li guardavo con occhi differenti tanto che non mi sembravano più gli stessi luoghi.
Se il vecchio proverbio recita che il mondo è bello perché è vario, io posso dire che il mondo si assomiglia tanto, tutto, cambia solo il modo di guardare.
No, forse non è solo il modo di guardare, ma anche quello di chiamare, nel senso non tanto del nome dato alle cose quanto tutto quello che si può intendere con quel nome.
Ciascuno intende a modo proprio.
Non è una questione di dialetto o di lingua diversa, è proprio che le parole son parole e hanno una loro discendenza: quando le usiamo una entra in un’altra e come le scatole cinesi o le matriosche, sembrano uguali, ma non lo sono.
Se io dico ad esempio che ho le mani di colla posso intendere che sono appiccicose e adesive, ma tra loro oppure che attaccano tutto ciò su cui si posano? Se attaccano tutto allora vuol dire che si impiastricciano e qualcuno più fantasioso può anche vedere mani piene di cose, tutte quelle che ci si sono attaccate e che le mani collose non  lasciano cascare: le vede allora nascoste e invisibili sotto una montagna di oggetti che ci si sono appiccicati.
Da una parte questo gioco delle parole che fa vedere a ognuno quel che ognuno vede  è molto piacevole, ma a volte complica la vita.

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Un viaggiatore senza tempo 3/3 (I più votati di Prosa e Poesia)

Credevo di essere in salvo.
Alla fine della corsia fui catapultato fuori. Luci abbaglianti impedivano di vedere.
Ed eccomi davanti alla seconda porta, quella di corno alla quale credevo di aver rinunciato.
Sulla porta un cartello.

-Lo hai scritto per me?
-No, non credo proprio.
-Eppure me lo sono sentito addosso.
-L’ho scritto ma non ti ho pensato.
-Ma tu mi ami?
-Senza di te non esisterei; forse per questo ti amo.
-Ma se io non esisto nei tuoi pensieri, come farai a scrivere per me?
-Non credo di scrivere per te, proprio per te, sei tu che dopo mi scegli.
-Dici?
-Penso. Alcuni ne amano svariati, altri pochi, altri per niente. Come lo spieghi se non attraverso una scelta?
-Empatica?
-Può darsi.
-Mai io mi sono riconosciuto o forse volevo credere che io fossi stato il tuo modello…
-Non indagare altro.

Avevo appena terminato di leggere le ultime sillabe che la porta si aprì.
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Un viaggiatore senza tempo 2/3 (I più votati di Prosa e Poesia)

Un bel sentiero largo e sterrato abbellito da una serie di piante verdeggianti che sembravano piantate più che nate in modo spontaneo, quasi un giardino costruito ad arte. Gli alberi vi crescevano gli uni accanto agli altri e, incredibile a dirsi, varie specie erano lì senza distinzione né di clima, né di altitudine. Si contraddistinguevano per un particolare che non potetti non notare: erano tutte piante a ombrello, con tanti bei rami frondosi e ampi sotto i quali era possibile trovare riparo e ricovero. Il paesaggio mi aveva quasi affascinato e procedevo lentamente.
Un bel rivo gorgogliante scorreva con le sue acque limpide e non troppo profonde, ma animate da tanti movimenti a guizzo che mi fecero presumere la presenza di molti pesci.
Lungo le sue sponde trovai fermi a leggere o a riposare, vari sconosciuti che non mancarono di salutarmi festosamente.
Guardavo e mi piaceva.
Poi piano piano il paesaggio cominciò a mutare.
Ebbi la sensazione come di un cambio netto, come di vedere il rovescio della medaglia.
Lungo il percorso ancora una strada sterrata, ma mancavano le belle piante che avevano addobbato le rive verdeggianti del ruscello che mi pareva non scorresse più con la sua cadenzata cantilena. Subito più avanti vari gruppi di persone se ne stavano tristi e pensierosi e guardavano più in alto. E lì, non volevo quasi crederci, c’era un raggruppamento nutrito che rideva a crepapelle.
Il mio amico smemorato aveva visto quello che stavo vedendo anch’io? Aveva guardato il mio stesso film?
C’era del misterioso in questo mio percorso e soprattutto nel suo.
Poi alzai anch’io gli occhi verso l’alto perché l’immagine stava zumando verso la cima di un monte.
Era quella la montagna? Quel giovane non l’aveva immaginata o sognata, il suo flash all’infinito c’era davvero ed io la vidi in tutta la sua imponente maestosità.
E poi, stentai a crederci, ma lo vidi: il mio smemorato era lì, nel gruppo e rideva, rideva anche lui tenendosi la pancia.
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Un viaggiatore senza tempo 1/3 (I più votati di Prosa e Poesia)

Un giovane era seduto al bar davanti a un cocktail pesante, così immaginai dalla sua espressione quando ne mandava giù un sorso: spingeva le labbra prima in avanti per poi risucchiarle in dentro, come fosse chiedere troppo tenerle sporgenti.
Mi sono stupito: alla dieci del mattino, un cocktail?
-Buongiorno – gli dissi avvicinandomi. Avrei voluto un approccio meno formale, mi pareva di conoscerlo da tempo.
-Buongiorno – mi rispose guardandomi dritto negli occhi e aggiunse – sto affogando la mia mancata giovinezza.
-Mancata? Ma sei giovane!
-Anche tu sei convinto che basti essere anagraficamente giovani? Ti sbagli.
-Ma cosa ti è successo di tanto terribile, da considerarla mancata?
-Non lo so – non ho ricordi, qualche flash qua e là, ma tutti uguali, probabilmente sempre gli stessi con qualche minima variante.
-Spaventoso! Come fai a sopravvivere senza nemmeno un ricordo?
-È un buco nero che si porta via tutto, in un vorticoso vorticare.
-Bello il vorticoso vorticare! Ma tu dove sei, in fondo o stai vorticando?
-Non lo so, non mi vedo.
-Prova a cercare, forse trovi qualcosa, un oggetto, una parola, un odore che ti richiami alla memoria un ricordo, anche piccolo…
-Io ci provo, ma in questo roteare non c’è niente.
-E perché bevi?
-Si beve per dimenticare ma, avendo dimenticato, se bevo forse posso ricordare.
-L’idea non è male!
-Hai presente il tè di Alice? Bene, è come se quell’unico ritaglio che ho in memoria si ripetesse all’infinito.
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