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Metempsicosis – L’ultima morte

Jack-Io:
Improvvisamente mi trovo a suonare il campanello di Marta, non c’è più il buio e il niente intorno ma il suo giardino e il suo ingresso. Dalla casa provengono musica e luci soffuse, è arrivato il momento, io suono…
Marta-Io:
Cosa succede? Ora sono Marta sul letto, il mio è un corpo di donna, sono assonnata e fantastico nella mia mente tutte le emozioni forti che Jack mi farà provare. Il campanello, eccolo…

Eccomi…

Vado ad aprire la porta e mi trovo davanti a me. Capisco che sono Jack, io sono Jack, ora mi riconosco.
Come Marta mi vedo da fuori, come se mi guardassi allo specchio. Non so più quale sia la Verità ma sicuramente mi riconosco in Jack.

Lo faccio sedere (o mi faccio sedere). Ora sono Marta e so già quale sarà la mia fine.
Lo faccio mettere a suo agio, gli (e mi) verso da bere, ci facciamo una pista di coca e, mentre preparo lo spinello, parliamo. Usiamo le stesse identiche parole di quella sera, è un film che rivivo. Ora sono la vittima e recito la mia parte. Non ho scelta, cosa mai potrei dirmi? Potrei mandarlo (mandarmi) via ma non voglio, voglio essere uccisa da me: voglio morire, voglio sparire.
E’ giusto che in fondo soffra della stessa sofferenza che ho causato, questo sento e questo sarà.
Tutto si svolge come da copione e, mentre il destino si avvicina, mi guardo; mentre Jack parla lo guardo, quanto sono stato stupido, guarda come rido! Completamente fatto e con quell’aria di chi la sa lunga ma, in realtà, ha una paura terribile di tutto ciò che lo circonda.
Guardandomi dalla soggettiva di Marta vedo un ragazzo spento, un corpo fisico che si muove ma che dorme, dorme nel profondo. Certo, sono diventato così per mille motivi, non è stata tutta colpa mia.
Non ha più senso pensare alle colpe, quello che è stato è stato, ma ora posso capire; in fondo l’unico senso che vedo in questa storia (e nella vita terrena) è che capire ed evolvere libera lo spirito, alleggerisce l’anima e forse, chissà, la rende più pronta per qualcosa “al di là”.
Siamo sempre più cotti da droga e altro, è piacevole parlare con me, ero proprio affascinante, evanescente ma affascinante, un tipico Narciso che, adesso, non si specchia nell’acqua ma si vede da fuori.
Non sono accecato dalla mia bellezza, ma vedo le mie miserie e ignoranze, vuoti da colmare, vuoti che voglio colmare.
Uccidimi Jack, violentami, tanto la mia anima ormai è libera.

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Metempsicosis – Il Baco

Cos’è questo buio improvviso? Dove mi trovo? Non sto più strisciando sull’erba, questo è fango! Sento un gran freddo, uno stillicidio di gocce d’acqua che rimbomba nell’aria, sembra di essere in una grotta.
E’ strano essere qui, ma soprattutto non ricordo da dove ho iniziato a raccontare la mia storia, prima di finire qui. La mia mente ha cancellato il passato eppure sono in un presente di senso. E’ una cosa incredibile.
Devo andare avanti, non ho scelta: così faceva Jack, così faccio io.
Che io sia Jack, che io sia qualunque altra cosa voglio andare fino in fondo a questa folle storia.
Improvvisamente sento un istinto irrefrenabile a sprofondare nel terreno fangoso. Cerco di controllarlo ma non ci riesco, mi trascina, che sta succedendo adesso?
Devo lasciarmi andare, non devo contrastare questa forza.
Sento un freddo umido, come se stessi scivolando. Mi sto aprendo il varco nella terra, più sprofondo e più mi sento quasi una cosa sola con ciò che mi circonda.
La coda non è più fuori, ora sono completamente sottoterra e continuo a scendere ininterrottamente.
La coda? Sono un baco! Un fottuto baco! Dove sto andando? Dove mi sta portando questa forza, questo concatenarsi di eventi?
Ma perché? Perché?
Sento la claustrofobia impossessarsi di me, sento che sto per impazzire… Devo stare calmo, devo riflettere.
Sto scavando nella terra, sono vivo. In un corpo animale ma vivo. Fino a questo momento ho raccontato la storia di un altro ed era la mia; o forse raccontavo la storia di un altro e ci sono entrato dentro. Anche perché se sono davvero Jack sono uno stupratore assassino. E se così fosse? Ma al di là di tutto ciò: ora dove sono? Dove devo andare? Cosa mi aspetta e come potrò affrontarlo?
Sto continuando a scavare. E’ sempre più freddo, mi sento solo, non so come prendere il controllo di me stesso. Certo, forse posso provare a controllare i movimenti invece di lasciarmi comandare. Proviamoci… Niente, tutto procede a modo suo e non controllo proprio niente.
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Metempsicosis – La mia Vita

“Jack… Jack… Svegliati…”. Una soave voce lo svegliò. Jack vedeva in soggettiva senza percepire il proprio corpo.
Un immenso prato verde davanti, all’orizzonte un cielo violetto-rosa, con immensi pianeti pieni di crateri, immense lune di un pianeta strano e sconosciuto. Cominciò ad avanzare.
Una pace mai provata pervase il suo cuore, la sofferenza del distacco dal padre era un ricordo lontano; sentiva di essere dove doveva essere. La serenità, come sempre accade, dette modo a Jack di riordinare i pensieri.

(SILENZIO)

Sto pensando che forse tutto questo cammino a qualcosa è servito…
Come “STO PENSANDO”?!!
Che succede? Com’è possibile? Sento pace ma come si può?
Sono “IO” ora che mi muovo in questo prato verde, sono IO che ammiro questo paesaggio universale, sono IO, Jack!
Io non ho raccontato la storia di Jack, IO SONO JACK!
Ma come è possibile? A chi stavo raccontando? Parlavo con me stesso? Con qualcuno? Scrivevo? Leggevo? Inventavo? Sognavo? Forse sto sognando ancora, forse è tutto un sogno o forse è la mia Vita?
Tutto è avvolto in una sensazione piacevole, non ho timore di questa follia, è come se qualcuno mi proteggesse dallo shock.
Come un sistema di difesa naturale, endorfine in grande quantità, endorfine… Chissà dove sono e chissà cosa sono…
Se questa è stata la mia Vita, se io sono Jack, perché non ricordo niente adesso?
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Metempsicosis – Ciò che si è perso (03)

Il padre di Jack era al suo terzo o quarto bicchiere di whisky, le sigarette non si contavano più, la madre seduta al camino piangeva ininterrottamente. Era arrivato il silenzio dell’incredulità, quando due amanti sentono che lo spazio di manovra è stato tutto percorso e non resta che salutarsi per sempre.
Le distanze incolmabili ci divorano dentro e la nostra speranza legata all’idea iniziale del sogno di un amore ci spreme nelle nostre energie più profonde, alla fine di un amore rimane la salita del ritorno a se stessi, dura e faticosa, per ritrovarsi più maturi o sconsolati di prima.
Il padre di Jack aprì la porta della camera, si diresse verso il lettino, e il neonato si svegliò di sobbalzo. Jack aprì gli occhi e vide suo padre: il risveglio brusco lo terrorizzò ma quando mise a fuoco si stupì di ciò che vide.
Si era sempre fatto l’idea di un padre cattivo e arrogante, sua madre lo aveva distrutto nei racconti, in sé quel mostro aveva rafforzato la propria identità di cattivo e colpevole, una falsa identità genetica tramandata per via orale. In realtà quello che vide destò in lui solo tenerezza e amore.
Il padre di Jack in quel momento era impaurito: il suo viso bianco incorniciato da una barbona nera, lunga e incolta lo faceva sembrare un reduce di Woodstock, un avvocato magro e incapace di sintetizzare i propri conflitti, un ex capellone psichedelico perso nelle strutture normative, un caos irrisolto come la famiglia che incoscientemente aveva provato a costruire.
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Metempsicosis – Ciò che si è perso (02)

Jack allora cominciò a piangere come un vero neonato: prima un vagito, poi un altro, un crescendo di richieste d’attenzione e infine strillò con tutto il fiato che aveva in gola.
La donna allora si avvicinò. Anche la vista non era pronta al mondo e con il buio non ne distingueva i particolari. La donna si piegò su di lui, lo rassicurò con il palmo della mano sul ventre dondolandolo, gli dette un bacio sulla fronte e sussurrò le seguenti parole: “Dolce creatura, tuo padre non mi sopporta e stiamo di nuovo litigando. Cerca di stare tranquillo, tra un po’ ti preparo la pappa. Dormi Jack, dormi…”
Dormi Jack, dormi! Jack rimase gelato, immobile, pietrificato.
Quella che ormai era chiaramente una madre lo aveva chiamato Jack. Una coincidenza? Un ritorno all’inizio della vita? Pensò che non potesse essere sua madre, non l’aveva riconosciuta dalla voce ma era anche vero che da neonato non sentiva in modo compiuto e che sua madre sarebbe stata molto più giovane rispetto ai suoi ricordi.
Lei, vedendolo fermo e silente, si allontanò non potendo certo capire chi si trovasse in quella culla.
Tutto tornò silenzio, la tenda era stata richiusa e dietro le quinte di quel tormentato sipario Jack era ancora muto, fermo, agghiacciato.
Il neonato pensante si prese un po’ di tempo e provò a rimettere insieme le idee. Doveva trovare una strategia per capire cosa stesse accadendo. La vita è così: o domini le paure o sei preda del mondo e degli uomini. Il silenzio lo aiutava a calmarsi, la melodia era ripartita; cercò sostegno nel profondo della propria Anima. Ormai si era abituato e aveva capito che solo quando tutto è perduto si affronta la realtà e che se l’uomo l’affrontasse prima non dovrebbe arrivare allo stremo delle forze e alla violenza per sopravvivere.
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