Eccoti eccomi
una miriade di punti sospesi
ma è in agguato il momento
tra poco sarò davanti a te
e non ci sarà tregua
dal principio del tempo si sfalda
il tuo sguardo.
Ti sei fatto ipotesi, perversa
potenza, del sogno la polvere
intatta.
Eccoti eccomi
una miriade di punti sospesi
ma è in agguato il momento
tra poco sarò davanti a te
e non ci sarà tregua
dal principio del tempo si sfalda
il tuo sguardo.
Ti sei fatto ipotesi, perversa
potenza, del sogno la polvere
intatta.
Una spudorata apparenza
forse un inganno. Noi due sulla scena
no non proprio vicini
quanta stanchezza quanto peso
poi leggero vai via
fuori da uno spazio incerto
– violato silenzio –
e la domanda non fatta s’innesta
nella risposta che nega e si ritrae
via dalla scena
in un furioso sommarsi
di ombre.
Un’ultima volta
una speme un singulto
vedete – apparenti retrocessioni
s’inerpicano a ritroso nel tempo
non più comprensibile
estraneo indovino
abbastanza furioso, ma indomito
in me – di deviate assenze orfana
rimango viandante
e ancora
un’ultima volta interrogo
la tua forma, la tua avara presenza.
Abbiate pazienza – non si traduce
da sé lo sguardo che invoca
momentanee assenze
una crudele epistassi
tra lievi pieghe incuranti
del tempo che ancora s’impone
ipotesi di nascondimento
che azzera – ma compassione vi sia
per l’immutevole evento
che non accade
eccede, piuttosto
e non vi è
nessuna attesa tra i morti
di pietà una preghiera interrotta.
Non c’è poesia, non c’è pace.
L’infinito alle spalle. Un epilogo muto
nel centro obliquo dell’io.