Archivio per tag: Racconto

Expo2015 – Seconda parte

Un po’ nervosamente controllo dove siamo. Fra poco dovrò scendere e Jean Reno se ne sta lì, zitto. Si muove un po’, tira fuori dalla tasca un pacchetto di Marlboro Silver (forse è gay…) e ne mette una in bocca, tenendola fra i denti nell’angolo destro. Ok, non è gay. Metto il libro in borsa, mi volto con un gran sorriso e, inutilmente, specifico che devo scendere. Vedo un nanosecondo di esitazione, poi:
“Anche io, sai? Vado al padiglione Italiano a salutare un amico. Gliel’ho promesso…”
Sorriso rassegnato.
OK. Calma. Respiri profondi.
Non si è mica appena inventato un amico all’Expo per seguirmi?
E se fosse vero?
E se non fosse vero e questo è uno stalker travestito da hipster?
E se il finto amico fosse una scusa per poter camminare con me ancora 5 minuti?
Stento a crederlo ma sorrido. Il sorriso muore subito pensando che, se parliamo un po’, inevitabilmente menzionerò mio figlio e Jean si ricorderà improvvisamente di essere in ritardo perché deve assolutamente tornare a casa presto: ha una deadline di lavoro, la sua compagna di casa ha una mostra importantissima e necessita del suo supporto (a Milano la gente vive ancora in appartamenti condivisi, hanno amici artisti cutting-edge e sono tutti in finanza e in grafica), o qualsiasi altra scusa alla Belushi che gli potrebbe venire in mente.

Ma intanto, si alza anche lui.
Io barcollo e mi scappa un “porca miseria” sottovoce: il maledetto ginocchio mi fa ancora male.

“Ehi, tutto a posto?”
“Sì sì, la gamba di legno ogni tanto mi da fastidio”.
Rido. E subito mi cheto.
Ho una tendenza a fare battute assolutamente inopportune e politicamente scorrette quando sono leggermente a disagio (ok, le faccio sempre). Jean Reno mi scruta. Sigaretta in bocca Leggi tutto →

Expo2015 – Prima parte

Sicuramente mi merito di essere punita e soffrire per i peccati commessi.
Lo so, giuro che lo so.
Ma se credessi in un Dio, sarei in ginocchio con le ceneri in capo a implorarlo di liberarmi dall’Expo. Tutto, ma l’Expo no…

In fondo è colpa mia. Sono stata io a dire che questa settimana ero libera, che mio figlio è al Summer Camp, che avevo voglia di iniziare a lavorare prima di settembre… Quindi i miei
futuri datori di lavoro mi hanno chiesto se per favore potevo incontrare, in vece loro, un produttore vinicolo Toscano importante. Ignara, rispondo che sarei stata felicissima – trovandomi a circa 40km dall’azienda in questione. Ingenua. Ingenua. Ingenua. Il viticoltore è all’Expo: è molto importante per lui che io vada li e faccia un paio di “meeting” e “brainstorming” con altri produttori e distributori. Con una sensazione di vuoto che mi si apre sotto i piedi, realizzo: non solo devo andare all’Expo, a luglio, con 40° ma devo pure essere vestita business, cercare di non sudare ed essere particolarmente coerente e brillante per un tot numero di ore.

Ecco.

È così che mi ritrovo sul treno, che sta entrando nella stazione di Milano, con un vestitino ai limiti della decenza per la mia età ma che ancora regge come casual-business estivo, facendo respiri profondi in preparazione del caldo che mi si avvolgerà addosso appena si apriranno le porte e sistemando il viso in un’espressione da don’t-fuck-with-me, che adotto in qualsiasi Leggi tutto →

La nuova vita

Nascesti un dì nella terra dei Sanniti, in quella Gioia ove gli occhi, le narici, e l’udito ancor oggi si riempiono dello splendore della natura, della maestosità delle montagne.
Terra bella, terra povera, come le rose una terra di spine.

Eri un bambino quando viaggiasti per andare “all’America” una terra nuova, un nuovo rifugio, una nuova vita che fortemente vollero i tuoi genitori.
L’America sogno di passione e dignità, terra di opportunità e di fortuna.

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Il bacio dei vecchi

<<Nel bacio dei vecchi c’è tutto>> ricordo che pensai quel pomeriggio d’autunno, seduta su di una panchina del Pincio. Andavo sempre lì quando qualcosa mi angustiava, e aspettavo che il sole tramontasse oltre la terrazza che dava su Piazza del Popolo, inondando di luce forte e calda le cupole romane. Lui mi aveva lasciato e ora guardavo con rabbia il diario e i libri dove avevo scritto centinaia di volte il suo nome. Mi sembrava di essere calata in un baratro senza possibilità di ritorno. Il mio primo amore, quello che poeti e scrittori hanno sempre decantato come il sentimento dei banchi di scuola, se n’era andato senza darmi un perché. Iniziava l’autunno e io avvertii una serie di brividi. Faticavo a capire se fossero dovuti al fresco serale o alla solitudine con cui mi accingevo a trascorrere l’inverno senza di lui. Non piangevo, no. Ciò che sentivo in quel momento andava ben oltre le lacrime.

Il sole iniziava la sua rapida discesa e io non sapevo come affrontare la sera, la prima sera nella quale non avrei pensato a lui se non con una rabbia infinita. Fu in quel momento che una coppia di anziani si sedette sulla panchina avanti alla mia. Mi davano le spalle e il sole che filtrava attraverso i loro capelli ne evidenziava la vecchiaia. Seduti vicini si guardavano e si tenevano le mani e, quando parlavano, io riuscivo a indovinare dei leggeri spruzzi di saliva, che uscivano dalle loro labbra, o dalle allentate dentiere. Lei era curata, pettinata con uno chignon sulla nuca e lui ancora aveva buona parte della chioma, che ora veniva scompigliata dal leggero vento dell’autunno romano. Indossavano già il cappotto e sembrava avessero molto da dirsi, mentre si stringevano sempre di più l’un l’altro. Poi iniziarono a baciarsi, prima sulle guance, poi sulle labbra, come due adolescenti. Sempre più affondavano le loro bocche, e mi sembrò di intuire in quei movimenti il desiderio o la reminiscenza di una grande passione. Ricordo che mi chiesi se non avessi frainteso la loro età, magari ingannata dal sole che abbagliava sempre più il mio sguardo.

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Come ti chiami? (I più votati di Prosa e Poesia)

Chi si porta addosso il fardello di un nome scomodo, sa bene di cosa parlo.
Ovviamente come tutte le convenzioni umane, un nome non è in assoluto un bagaglio difficile né in tutti i tempi né in tutti i luoghi perché risente della mentalità, delle mode, ma anche della storia e del luogo in cui vive il soggetto che lo porta e con esso si immedesima.

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