Il mio grido si è perso nel vento
e nulla rimane.
Altre vite scorrono
sotto i tetti della mia magione,
altre dita sfiorano
la fronte dei miei figli.
Il mio grido si è perso nel vento
e nulla rimane.
Altre vite scorrono
sotto i tetti della mia magione,
altre dita sfiorano
la fronte dei miei figli.
Quando amiamo qualcuno
il suo nome è al sicuro,
difeso tra le labbra.
Quindi lo dico piano
sussurro dell’orante,
viatico del morente:
Donato…
Donato…
Orsola Moro
Piove il sole
su una pagina già scritta.
Risalterà ancora
il tuo respiro tra le righe?
Mi immersi nel mare dei suoi occhi.
Mi inabissai e temetti ma l’abbraccio tiepido dell’acqua cristallina che mi lambiva le spalle mi sospinse sempre più giù, serenamente.
Toccai il fondo, un fondo puro, vellutato, violetto e quello che si infiltrava tra le mie labbra non era sale, era ambrosia delle più soavi. Era strano che non mi facessero male gli occhi; il violetto, anzi, accarezzava lieve le mie pupille.
Vorrei che tu fossi l’acqua
che spegne l’urlo dei miei piedi stanchi
affannati
a cercare l’approdo
di cento strade di niente.