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Nel distretto di Monad (I più votati di Prosa e Poesia)

Monad è un distretto enorme. Cresce in larghezza e non in altezza e quindi ha bisogno di molto spazio. Le case, si fa per dire, in realtà sono solo monostanze, sono attaccate le une alle altre, ma non proprio incollate perché a Monad niente s’incolla, ma tutto si separa, basta anche un capello.
Lo so, state cercando di vedere un capello che separa case, cose e persone e non ci riuscite; è per questo che ho usato questa parola; il gioco delle parole è divertente e il mio preferito. Non siete riusciti a vedere un lungo e grosso capello che corre per tutta la parete divisoria tra due casestanze? Allora non sapete vedere.
Torniamo a Monad.
Insomma le case, come dicevo, non sono palazzi ma stanze con un tetto e una porta; sembrano attaccate, ma separate anche se da un capello.
Dentro queste stanze-casa vive un monadese alla volta. Non ci sono gruppi familiari, ma solo single.
Anche le botteghe sono single nel senso che ciascuna vende solo un prodotto. C’è poi una bottega che non vende niente, ma dalla quale escono in continuazione dei piccoli monadesi che vanno a occupare ciascuno la propria stanza-casa. Poi ho capito che il flusso di monadesi che escono dalla fabbrica non è sempre uguale, ma dipende dal numero delle stanze che restano via via libere.
A Monad nessuno parla con gli altri, non c’è vita associata, non  ci sono feste, non ci sono assemblee, non c’è condominio e non c’è municipio, tutto si svolge all’interno delle stanze.
Tutto, anche questa è una parola che non vi permetterà di vedere bene; tutto cosa? In realtà non lo so neanche io, perché i monadesi non aprono mai la porta agli estranei e non fanno mai entrare nessuno. Cosa facciano lì tutto il giorno non si sa.
Tutto il giorno sì, perché nessuno lavora a Monad, nel senso che nessuno si reca a lavorare lontano da casa o in un altro distretto. Lavorano lì, nella loro piccola casa. Nessuno cammina, oltre lo stretto necessario, nessuno corre, nessuno fa sport.
Ho visto la parola noia comparire sulle vostre labbra; no, vi sbagliate.
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Nel distretto di Monad

Monad è un distretto enorme. Cresce in larghezza e non in altezza e quindi ha bisogno di molto spazio. Le case, si fa per dire, in realtà sono solo monostanze, sono attaccate le une alle altre, ma non proprio incollate perché a Monad niente s’incolla, ma tutto si separa, basta anche un capello.
Lo so, state cercando di vedere un capello che separa case, cose e persone e non ci riuscite; è per questo che ho usato questa parola; il gioco delle parole è divertente e il mio preferito. Non siete riusciti a vedere un lungo e grosso capello che corre per tutta la parete divisoria tra due casestanze? Allora non sapete vedere.
Torniamo a Monad.
Insomma le case, come dicevo, non sono palazzi ma stanze con un tetto e una porta; sembrano attaccate, ma separate anche se da un capello.
Dentro queste stanze-casa vive un monadese alla volta. Non ci sono gruppi familiari, ma solo single.
Anche le botteghe sono single nel senso che ciascuna vende solo un prodotto. C’è poi una bottega che non vende niente, ma dalla quale escono in continuazione dei piccoli monadesi che vanno a occupare ciascuno la propria stanza-casa. Poi ho capito che il flusso di monadesi che escono dalla fabbrica non è sempre uguale, ma dipende dal numero delle stanze che restano via via libere.
A Monad nessuno parla con gli altri, non c’è vita associata, non  ci sono feste, non ci sono assemblee, non c’è condominio e non c’è municipio, tutto si svolge all’interno delle stanze.
Tutto, anche questa è una parola che non vi permetterà di vedere bene; tutto cosa? In realtà non lo so neanche io, perché i monadesi non aprono mai la porta agli estranei e non fanno mai entrare nessuno. Cosa facciano lì tutto il giorno non si sa.
Tutto il giorno sì, perché nessuno lavora a Monad, nel senso che nessuno si reca a lavorare lontano da casa o in un altro distretto. Lavorano lì, nella loro piccola casa. Nessuno cammina, oltre lo stretto necessario, nessuno corre, nessuno fa sport.
Ho visto la parola noia comparire sulle vostre labbra; no, vi sbagliate.
I monadesi non si annoiano mai.
I monadesi però sono seccati, questo si vede chiaramente sulle loro facce.
Non c’è sorriso, non c’è sguardo. Sì, perché quella che si vede a Monad è una popolazione che non si guarda e non ti guarda.
Come si può vivere senza guardare? Me lo sono chiesto varie volte, ma la risposta non potevo darmela da solo.
Ho deciso allora di parlare con i monadesi anche se loro mi hanno sempre scansato, quasi fossi un ostacolo che si frapponeva sul loro tragitto breve; ma alla fine qualcuno, pochi pochi per la verità, hanno ceduto.
Come me ne sono accorto? Sulla bocca avevano un sorriso appena accennato e mi guardavano. E allora si sono incollati a me, nel senso che non  volevano più lasciarmi andare.
I pochi pochissimi, visto che non volevo restare, hanno deciso di seguirmi. Non mi hanno mai disturbato, anzi devo dire che il nostro viaggio si è svolto senza parole e senza interventi né da parte mia né da parte loro, ma la sera quando mi fermavo per riposare, il sorriso sulle loro labbra era sempre più ampio. È per questo che ho capito che se un umano sorride è un umano che non si secca e anzi s’incolla.