Ricordo il 24 dicembre del 2006. Niente è più triste di una vigilia di domenica, pensai. Il mio cane dormiva profondamente, accovacciato vicino a me. Il plaid squamava giù in fondo al divano. E come in una sorte di apparente premonizione, sembravo rimanere in attesa di quello che di lì a poco sarebbe successo.
All’improvviso il cellulare emise lo squillo di un messaggio. Lo avvertii appena, però diedi un sussulto.
“Ti voglio ancora”, lessi sul display del telefonino. “O forse da più tempo, a pensarci bene”, c’era scritto più sotto.
Arrivati a questo punto pensai, potevo considerarmi al sicuro, a prescindere o meno dal resto.