Ho vissuto una vita di ombre,
Un volto riflesso nello specchio
Spaccato da una linea di luce;
Piangevo le camere sgombre
Del mio cuore, il fondo di un secchio
Che gocciola, un singhiozzo che produce
Un rivo.
S’agitava in me un male sovversivo.
Mossi i primi passi, nell’arte dell’untore
Sacra E Antica,
Nel Riempire Le 4 stanze
Che rimbalzano incessanti nel petto,
con poche lievi fanciulle, nel fiore
Del sesso, muovendo molli danze
Limitate da mancanze d’intelletto
Sul sedurre.
Come intralciato avanzavo e mi facevo condurre.
Quando fui solo e solo per mia scelta,
Come ogni volta, mossi a compiacere
Nuovi passi, a captare le sottili
Finestre femminili, la cerimonia divelta
Dagli usi culturali, ne scrutai le Macchie nere.
Coltivai un mio giardino, prati di vili
Steli,
Chiuso in me, tra i germogli fedeli.
Poi tu, Tako, crescesti rigogliosa
Come quercia forte cresce,
Oscurando l’altre, soffocandone la luce:
tuo è il mio giardino, ed ogni cosa
Suona melodiosa, ed ogni pesce
Del laghetto prega il frutto che produci.
La tua mano
Ha reso tempio il giardino di un ortolano.