Insomma, il grigio era stato a lungo il colore delle mie emozioni perché, ora lo so, era il colore della mia paura. Fucsia era quello della mia fatica; sì, tanta fatica, per fare tutto, qualsiasi cosa. Salire un gradino era come scalare una montagna e non è un modo di dire ma era vero davvero. Gocce di sudore imperlavano la mia faccia e la mia schiena ogni volta che il mio cammino era sbarrato dagli ostacoli creati dall’uomo; la natura è più misericordiosa!
Non voglio riproporre esperienze che il signor Swift nei panni di Gulliver ha saputo narrare a dovere, cioè di incontri ravvicinati con animali detti domestici ma per me paragonabili a bisonti.
E poi c’era la rabbia, quella sì che era rossa.
Quando mi arrabbiavo perché i miei sforzi erano stati completamente vanificati, allora sì; in un primo momento il colore era rosso porpora, ma poi piano piano sfumava nelle diverse gradazioni dell’arancio. Non sempre stava solo sbollendo, come si dice, stava trasformandosi in delusione, insoddisfazione, scontentezza, e non c’è emozione peggiore perché ti blocca e non vai più da nessuna parte. È così terribile che non ha nemmeno un colore. Ora so che quando non vedo colori è perché devo uscire dall’insoddisfazione e dalla scontentezza.
Dicono che il colore dell’emozione amore sia il rosso come la rabbia, ma guardandomi dentro, le poche volte che posso dire di essere stato innamorato, il mio colore è stato blu. Un blu forte e intenso, quasi notte. La prima lei che mi ha scatenato l’emozione blu mi era sembrata già alla prima occhiata bellissima, morbida e sensuale. Mi era scattato subito il meccanismo dell’incollo, nel senso dell’incolliamoci un po’, ma poi mentre mi avvicinavo a lei sentivo le membra irrigidirsi, i passi farsi pesanti e un gelo lieve farsi strada nel mio corpo.
Giochi di parole e di colori 2/2 (I più votati di Prosa e Poesia)
Giochi di parole e di colori 1/2 (I più votati di Prosa e Poesia)
Ho sempre guardato e forse a furia di farlo ho imparato.
Sembra facile, ma non lo è. Lo dico per esperienza. Spesso abbiamo l’impressione di aver visto, osservato, esaminato, considerato, scrutato, ispezionato, ma in realtà non abbiamo guardato veramente.
Sono gli occhi che mi permettono di guardare. Sono una finestra ed io mi affaccio.
Se do un’occhiata a qualcosa significa che la guardo di sfuggita, se faccio gli occhiacci a qualcuno vuol dire che non sono d’accordo, se sono occhiuto vuol dire che ho guardato con attenzione e sono stato cauto. Se poi ho l’occhio lungo vuol dire che riesco a vedere particolari che agli altri sono sfuggiti.
Oculato è chi sa guardare bene, ma così bene che tutto va poi per il meglio.
Non avere occhio, lontano dagli occhi, lasciarci gli occhi, occhi foderati di prosciutto, guardare con cent’occhi, darci un occhio, mangiare con gli occhi, tenere d’occhio, a colpo d’occhio, a occhio e croce…Sono frasi che ho sentito e ho appuntato nel calepino della memoria che mi hanno fatto capire e riflettere.
A furia di guardare ho capito che noi umani abbiamo due “sfondi”, uno dentro e un altro fuori: la faccenda si complica e la colpa è tutta delle parole mancanti, nel senso che spesso non ci sono proprio e occorre fare degli esempi o quelli che si definiscono “giri di parole”. Provo con gli esempi.
Per guardare dentro occorrono tanti occhi per non farsi sfuggire i legami tra il dentro e il fuori.
Il dentro è pieno di emozioni e le vedi perché sono colorate e ognuna ha precise coloriture o se è forte, è come un caleidoscopio.
Se guardate e vedete un qualcuno che sta seduto su di una panchina al sole, con gli occhi socchiusi, un velo di sorriso sulle labbra distese, il corpo rilassato quasi a combaciare con la panchina su cui è seduto come fosse di cera, le braccia abbandonate e il capo reclinato, bene, quel qualcuno ha un’emozione gialla; non un giallo carico, non limone o canarino, un giallino pastello, caldo e riposante.
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Giochi di parole e di colori 3/3
Dicono che il colore dell’emozione amore sia il rosso come la rabbia, ma guardandomi dentro, le poche volte che posso dire di essere stato innamorato, il mio colore è stato blu. Un blu forte e intenso, quasi notte. La prima lei che mi ha scatenato l’emozione blu mi era sembrata già alla prima occhiata bellissima, morbida e sensuale. Mi era scattato subito il meccanismo dell’incollo, nel senso dell’incolliamoci un po’, ma poi mentre mi avvicinavo a lei sentivo le membra irrigidirsi, i passi farsi pesanti e un gelo lieve farsi strada nel mio corpo.
-Facciamo una dormitina insieme?- La mia frase per rompere il ghiaccio che funzionava sempre, perché voglio essere chiaro con le parole e non voglio che si generino sospetti, non usciva fluida come le altre volte dalle mie labbra. E poi lei mi fulminò con lo sguardo e una scarica elettrica mi attraversò dagli occhi fino ai piedi e intanto tutto si colorava di blu: blu i suoi occhi, blu i capelli, blu il corpo flessuoso, blu anche io fuori e dentro.
-Troppo esplicito bello, torna quando avrai trovato…- trovato cosa? ma il mio cervello non registrava quello che le orecchie avevano confusamente captato tanto ero perso e annegato dentro il blu. Era evidente, glielo si leggeva chiaramente dentro quei suoi occhi, che non aveva apprezzato. Eppure per lei avevo provato un’emozione che non conoscevo e che lei non aveva saputo vedere, forse perché era blu e non rossa?
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Giochi di parole e di colori 2/3
Cominciamo da quando ero piccolo, si fa per dire, alto quanto un soldo di cacio, dicevano allora. Questa storia del soldo di cacio ci ho messo un po’ a capirla, ma i modi di dire sono così fanno perdere le loro tracce per dove e da dove sono cominciati. Insomma ero solo un soldo di cacio e pertanto tutto mi sovrastava.
Non è piacevole sentirsi sempre con tutto sopra la testa, almeno a me non faceva piacere, dovevo sempre guardare con il naso all’insù e avevo sempre paura di essere schiacciato.
I colori delle mie emozioni tingevano tutto a tinte fosche, ero già contento quando tendevano verso il grigio, grigio topo.
Se non siete mai stati sovrastati da qualcosa forse non potrete vedere questa mia emozione.
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Giochi di parole e di colori 1/3
Ho sempre guardato e forse a furia di farlo ho imparato.
Sembra facile, ma non lo è. Lo dico per esperienza. Spesso abbiamo l’impressione di aver visto, osservato, esaminato, considerato, scrutato, ispezionato, ma in realtà non abbiamo guardato veramente.
Sono gli occhi che mi permettono di guardare. Sono una finestra ed io mi affaccio.
Se do un’occhiata a qualcosa significa che la guardo di sfuggita, se faccio gli occhiacci a qualcuno vuol dire che non sono d’accordo, se sono occhiuto vuol dire che ho guardato con attenzione e sono stato cauto. Se poi ho l’occhio lungo vuol dire che riesco a vedere particolari che agli altri sono sfuggiti.
Oculato è chi sa guardare bene, ma così bene che tutto va poi per il meglio.
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