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Un secchio di parole

Per un’immagine distorta
qualcuno disse non stai bene
ho solo fatto a botte con la sorte
e cosa importa
se un po’ si vede
Se sono andato un po’ sfocato
su questa vita ci son nato
e la mia strada è sempre stata
un poco storta
quasi sbendata.

E la ragione è sempre un torto
basta svoltarsi un poco indietro
non siamo fatti per guidarci
e andare a letto presto
per non guardarci.

E accontentarsi è solo un vizio
poco meno di uno sfizio
così parlarsi su due piedi
e raccontarsi che va bene
se ci si vede.

Tu però non ascoltarmi
è solo un secchio di parole
incroci sfatti per distrarci
da questa musica che piove
e piove.

E se ancora ci scriviamo
è solo dopo questa pioggia
che si tuffa da così lontano
e come musica non è male
è quasi mare.

Ed io no, non sono io
che ho fatto in tempo a dirti che ti amo
amore mio:
è solo un secchio di parole.

 

Aldo Villa

L’ascensore (2/2)

Lei si avvicina e siamo un unico suono: se fosse amore la musica, sarebbe così facile amarsi. Vorrei amarti, sembra dirmi tra le note che vanno, vorrei amarti anch’io e anzi t’amo già, amore mio.

“Occhi di miele
dammi quel bacio
l’ho visto passare
mi ha mancato per poco.
Sarà che forse l’ho perso
inciampando in un verso
così incerto è il confine
tra il perdere e avere.

Occhi di miele
porta indietro le ore
ho sognato un tramonto
ripensarci e tornare.
Sarò certo più attento
a quel bacio e altri cento
così incerto è il confine
tra il sognare e l’amare.

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L’ascensore (1/2)

Mi hanno preso, porca puzzola! Immerso nei miei pensieri, inseguivo mille nuvole plananti verso il mare. Che bello il mare visto da quassù, sembra essere uno specchio del cielo e invece forse è solo un altro mistero.  Non li ho visti arrivare, è come se si fossero materializzati all’improvviso. Quattro colossi tutti interi ed una bocca enorme che urlava:
«Tutti fuori, all’Ascensore!»
Non riuscivo a credere che fosse vero, siamo sempre un po’ ottimisti quando tutto appare tragico. Ed anche adesso, in cammino verso l’Ascensore, sorrido dentro e non ci credo, sarà quest’anima nostra che rende tutto così comico. Oppure la mente che lascia il corpo a se stesso e si sente diversa, migliore della misera materia, della carne che in fondo disprezza, così mutevole e tanto deperibile. La mente, sostanza che non muta.
Sapevo però che mi avrebbero trovato, quassù non ci si può nascondere a lungo e laggiù, prima o poi, si torna sempre.
Siamo in tanti, c’è una piccola e dolcissima ragazza che mi guarda, due occhi grandi color del miele, chissà dove l’ho già vista. Magari l’ho incontrata Leonessa in qualche zoo: quanti ne ho girati, tanti, troppi e tutti così tristi e uguali.
Non l’ho detto? Ero Leone nell’ultima vita, accidenti a me e alla mia scelta infelice. L’idea era quella di vivere libero, in cima alla catena alimentare, senza temere nulla e nessuno. Se avessi solo immaginato o se qualcuno quassù mi avesse avvisato, non l’avrei certo scelto. E così arrivato al mondo in cattività, ho passato tutta la vita dietro le sbarre e addio sogni di libertà: non c’è più giustizia nemmeno quassù, porca puzzola!
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