Riso per sushi
(di casa nostra)
800 gr riso
1 litro circa di acqua
1 pezzo di alga Kombu
2 cucchiai di saké o mirin
1,2 dl di aceto di riso o di mele
2 cucchiaini di zucchero
1 cucchiaio di sale
Cuocere il riso secondo i tempi e le regole di Marta.
Mentre il riso si raffredda, in un pentolino si mette parte dell’aceto, lo zucchero e il sale e il mirin ; si scalda il tutto a fuoco moderato, non deve mai bollire; quando lo zucchero ed il sale si sono sciolti, si unisce il Kombu e si lascia raffreddare. Solo a questo punto si versa l’aceto rimanente.
In un recipiente preferibilmente di legno, si versa quindi il riso cotto e ancora caldo; si aggiunge la soluzione preparata con l’aceto, lo zucchero e il sale mescolando più volte e contemporaneamente con un ventaglio si raffredda il riso; conviene svolgere le diverse fasi della preparazione in più persone.
Il riso aromatizzato all’aceto che abbiamo ottenuto può essere arrotolato nell’alga nori per farne degli involtini, oppure composto in ciotole. Si associa a pesce crudo o marinato, alle verdure, ai crostacei e alle frittate. Si accompagna con salse come il wasabi, la salsa di soia e con il daikon, radice dal gusto piccante.
Le parole del Sushi
Konbu:( Kelp) è una laminaria, si presenta di colore bruno e rigida. Nella preparazione del sushi invece la si usa in piccole dosi, giusto per aromatizzare il riso mentre cuoce
Mirin: salsa dolce fermentata di sake. Ottenuto dalla lavorazione di diversi tipi di riso glutinoso; è un vino adatto alla cucina e non alla tavola, va usato come aggiunta al condimento del riso per sushi, se non lo si trova è possibile utilizzare del saké zuccherato o dello sherry leggero ma secco
Sake: vino di riso (se non si trova, è possibile utilizzare lo sherry secco)
Nori: alga di colore verde bruno; si compera in fogli già lavorata e tostata; si utilizza per avvolgere il riso ed ottenere degli involtini
Laminariali
È l’ordine vegetale a cui appartengono quattro famiglie di alghe brune, caratterizzate da lunghe e ampie fronde. Crescono soprattutto nelle gelide acque dei mari del Nord e delle regioni artiche e antartiche. Le laminarie sono diffuse quasi esclusivamente nelle acque settentrionali dell’oceano Pacifico.
Sono ricche di vitamine e di sali minerali e per questo sono molto valorizzate dalla cucina giapponese.
Per accompagnare il sushi:
Daikon: rapa bianca giapponese (è possibile sostituirlo con un rafano o dei ravanelli non troppo piccanti); si usa affettato sottilmente
Wasabi: ottenuta dal rafano verde giapponese, viene usata per arricchire il sapore del sushi, grazie anche al suo sapore pungente e stuzzicante. La possiamo trovare in polvere, da reidratare o in pasta in tubetti. Non può essere sostituita con nessun altro alimento, questa radice esalta particolarmente i bocconcini di sushi.
Salsa di soia: viene prodotta mediante la fermentazione della soia e del frumento, dell’orzo e del riso, cotti in precedenza in acqua e con aggiunta di sale. La soia è una pianta erbacea proveniente dalla Cina e dal Giappone, molto diffusa e coltivata per il foraggio e per l’estrazione dell’olio. Ha un elevato contenuto proteico e lipidico; si usa per cucinare o per intingere i cibi
Diario del 29 settembre ( continua…)
Ho ingannato l’attesa nel migliore dei modi possibili; ora so molto sul riso e saprò apprezzarlo meglio per le sue caratteristiche, la sua storia, gli usi che ne sono stati fatti, le qualità nutrizionali, la cottura migliore per farlo rendere al meglio.
Ora so che solo nel XVII secolo si cominciò ad aggiungere l’aceto di riso per favorirne la fermentazione, mentre solo nel XIX si iniziò ad associarlo al pesce crudo, precedentemente veniva infatti cotto o marinato.
Il riso per il sushi è pronto; ora occorre lavorare il pesce per il sashimi.
Avrei sicuramente visto bene in questa veste l’accurata ed essenziale Giulia che con la sua precisione lascia tutte noi spesso molto sgomente e con la convinzione di essere delle cialtrone; ma, sorpresa delle sorprese, l’amabile Marta, l’ombra, la tenera e riservata, è proprio lei all’opera: la sua maestria ricorda quella dei maestri vasai al tornio o quella dei vecchi arrotini alla mola o quella dei fabbri forgiatori .
Rapida, sicura, maneggia ed utilizza tutti gli strumenti necessari senza un gesto di troppo; le lame affilatissime si muovono veloci sul pesce riducendo la sua polpa in poco tempo in velatissimi lembi. Giulia si dedica esclusivamente al riso e Lucia alla parte decorativa. Questo non mi stupisce, la poeta esprime la sua creatività nelle forme e nell’associazione dei colori.
I ruoli che mi sembravano a prima vista poco adatti, a pensarci meglio, sono ben attribuiti: la precisione quasi esasperata di Giulia è fondamentale per la cottura del riso, l’ingrediente basilare nella preparazione di questo piatto, mentre l’innata eleganza di Lucia troverà spazio nella decorazione finale del piatto. La sapiente maestria di Marta ha invece trasformato la polpa del pesce in un merletto sottile e trasparente, quasi appetibile.
Ciascuna ha svolto il proprio ruolo interpretandolo al meglio.
E io?
Ho cercato, letto, scritto con somma accuratezza; attendo trepidante il risultato di tante cure.
Ci siamo: ora che l’opera è giunta a compimento posso senza ombra di dubbio definirla magistrale!
Su di un vassoio di porcellana bianca finissima, con bordi rosa pallido, le polpettine di riso si alternano a filetti quasi trasparenti di pesce che ben si accordano con le tinte tenui del rosa della porcellana; le ciotole a piccolissimi decori rosa, contengono le salse e sono sistemate in modo da conferire all’insieme, sobrio ed equilibrato, un tocco di colore.
Gustare tanta delicatezza con gli occhi mi sarà sufficiente; l’idea del pesce crudo continua infatti a darmi ancora i brividi quindi mi fermerò al godimento puramente estetico; e poi, ritengo che tanta bellezza e accuratezza non possono essere sciupate consumandole in pochi minuti!
Mi pento amaramente di non avere con me una macchina fotografica digitale.
Tanta fatica resterà documentata solo con le parole che spesso non sono sufficienti, anche per l’inadeguatezza del narratore.
Fin dall’inizio ho trovato originale la scelta dell’argomento da trattare ed anche delle protagoniste:le ho ” viste” nella cucina di Giulia e credo che, come me, molte donne si siano riconosciute in questo “cenacolo” culinario. Decisamente stimolante anche l’idea d’incastrare nel racconto la storia del riso. Attendo, con impazienza, di leggere il seguito.