“Un incontro inatteso”
Era una tranquilla notte di mezza primavera a Firenze City quando Facundo Mostarda, in costume e vestaglietta, uscì trafelato dall’ospedale e si mise a trotterellare sulla carreggiata in direzione di piazza Dalmazia con le ciabatte da piscina ai piedi e un sorriso ebete stampigliato in faccia perché aveva appena deciso che sarebbe diventato un supereroe del bene, e tutti quelli che se lo trovavano di fronte dovevano sterzare all’ultimo secondo per non investirlo e dicevano tra sé “Guarda questo deficiente che cammina in mezzo alla strada di notte, ma che cazzo c’avrà da ridere?” e anche se le auto e gli scooter gli facevano gli sfrisini sgommando e inchiodando, Facundo continuava imperterrito a camminare sulla strada perso tra i suoi pensieri da supereroe, e rimuginava su ciò che l’aspettava, sulla lotta contro il male e i doveri morali nei confronti dell’umanità, sul fatto che avrebbe dovuto vegliare ogni notte sulla città, che non avrebbe più potuto poltrire davanti alla tv perché doveva lottare contro i supercattivi, insomma si doveva fare un gran mazzo, e allora il sorriso ebete si spense lasciando spazio a una smorfia idiota, però dopo Facundo pensò che essere un supereroe aveva anche degli aspetti positivi, tipo che qualcuna finalmente gliel’avrebbe data, perché nelle sue avventure avrebbe salvato la vita anche a un mucchio di ragazze, e con un po’ di fortuna in questo mucchio ci poteva capitare anche la nazionale femminile di pallavolo olandese, e a quel pensiero gli tornò il sorriso ebete, e poi Facundo pensò anche che forse avrebbe trovato il coraggio di rivolgere la parola alla sua amata Geronima Pepper, la ragazza che lavorava nel negozio di fiori all’angolo, e il sorriso ebete sulla faccia si allargò sempre più, e solo allora Facundo Mostarda si accorse che un’Ape Cross sfrecciava a tutta velocità verso di lui e che l’avrebbe colpito in pochi istanti e allora pensò che a bordo di quel veicolo dovesse esserci un supercattivo che voleva farlo fuori, perché tutti i supereroi hanno alle calcagna dei pazzi megalomani che vogliono ucciderli, e lui era stato uno sciocco ad abbassare la guardia e adesso avrebbe pagato quella disattenzione con la vita, e il sorriso ebete sparì ancora, e già la ruotina anteriore dell’Ape Cross gli puntellava l’unghia dell’alluce, quando una mano l’afferrò repentina per un braccio e lo trascinò via, e Facundo si ritrovò sull’asfalto mentre l’Ape Cross sbandò continuando la sua corsa, e alzando lo sguardo vide accanto a sé un ragazzo con un pizzo bruno sul volto e un camice bianco che gli scendeva fino alle ginocchia, e l’intuito da supereroe gli suggerì che il suo salvatore non fosse né un fornaio né un dentista, ma prima che Facundo potesse aprire bocca, quello strinse il pugno e guardando l’Ape Cross che si allontanava esclamò “Maledizione a te, Brutus Dexter! Questa dev’essere opera tua!” e poi gli disse di chiamarsi Adalberto Nabucco, genio informatico, e che loro due dovevano parlare, e allora Facundo un po’ disorientato lo seguì in un bar di fronte frequentato da camionisti, troie, fattoni, filosofi da strada e chitarristi elettrici, e solo allora si accorse di essersi fatto una corsettina di qualche chilometro e di trovarsi vicino al casello autostradale di Firenze City Certosa, e quando i due misero i gomiti sul bancone gli si parò di fronte un barista a torso nudo alto quanto un armadio con un tatuaggio di Thor sul petto che s’inculava una specie di renna, e quello li squadrò con disprezzo e chiese cosa cazzo volessero e che se cercavano rogna erano nel posto giusto perché avrebbero fatto la fine della renna tatuata e tra l’altro quella sera era anche particolarmente incazzato, poi sputò in terra un catarro verdognolo e allora nel locale calò il silenzio e tutti si avvicinarono e fissarono Facundo e Adalberto in cagnesco e qualcuno tirò fuori un coltello a serramanico, uno spaccò una bottiglia di gin e stracciò una tovaglia per farsi una molotov, un altro fracassò una sedia sul muro per procurarsi un bastone, uno prese a testate la slot machine per avere una barra di metallo, un altro ancora prese a calci la porta del bagno per costruirsi una lancia appuntita, finché il barista disse a tutti di smetterla ché avevano rotto il cazzo perché così gli stavano distruggendo il locale, e Facundo disse ad Adalberto “Ma dove cazzo m’hai portato?” ché là dentro sembravano tutti matti e tra l’altro c’era anche una grande umidità e lui sotto la vestaglietta in cotone aveva solo un costumino, allora Adalberto sorrise, e a quel sorriso il barista s’incazzò ancora di più, mentre Facundo sussurrò ad Adalberto di smetterla perché non c’era un cazzo da ridere perché li avrebbero inculati e fatti a polpette, ma fu allora che il genio informatico disse che l’aveva portato in quel bar per mettere alla prova la forza dei suoi superpoteri e Facundo a quelle parole trasecolò e chiese come facesse a sapere tutte quelle cose, ma Adalberto gli disse che lo stava seguendo da qualche ora grazie a uno speciale strumento cerca-eroi inventato da lui e che terribili malvagità e supercattivi avevano messo in pericolo la popolazione di Firenze City, e loro non potevano quindi perdere tempo, dovevano entrare subito in azione, e Facundo disse “Ok” anche se non c’aveva capito un granché, ma Adalberto rispose sorridendo di non preoccuparsi, che gli avrebbe spiegato tutto quella sera, e a quel sorriso il barista s’incazzò ancora di più, e Facundo con un filo di voce chiese come sarebbero usciti da quella terribile situazione visto che l’unico superpotere che aveva scoperto di possedere era il supermegayellow di cui però, a meno che non avessero dovuto cercare un pulcino nella notte, non avrebbe saputo cosa fare.
つづく