Sotto un cielo di re, vibrava la vita dei mortali. Calde gocce di pioggia versavano febbrili sogni non ancora nati, un canto silenzioso come il polline dorato che si spande nelle foreste arcane.
L’alba adorna le antiche creste di terra con ombre e spiriti, illumina le ricchezze opulente e la miseria della fame.
A lungo sono rimasto a guardare il flusso di questo rapimento primordiale, richiamato dal selvaggio. Ho dormito nella culla magica della natura, accarezzato dal vento e da lingue di fiamma.
Sogni e sognatori, li ho fatti richiamare in fretta e ho conficcato la mia spada nel cielo, ho donato l’eternità alle stelle.
Ho vagato attraverso stagioni leggendarie, la mia anima ho inciso nella nebbia del tempo. Sopra campi color pastello ho cercato ricordi sfuggenti, ho indossato vesti color della notte nella cerchia dei re. I miei occhi osservavano attraverso impalpabili maree.
Merlino mi ha trovato col suo sguardo infinito, tra le promesse dell’inaffidabile Luna. Tu sei celeste, rivestito dal velluto della luce stellare, mi ha sussurrato.
Tu sei fuggita sulle note delle sue parole e hai pianto quietamente, lasciando scivolare calde lacrime sulla Terra, scintillanti come una miriade di cristalli.
Ecco! il respiro dell’Inverno, l’abbandono della gloria ricercata. Ho inseguito le pagine della vita, immerso nello scorrere di un’alchimia soprannaturale. Mormoravo parole inconcepibili alla vastità delle costellazioni. É il tramonto di ossa stanche e sangue antico.
La tua essenza aleggia su fiumi di cenere e neve, si svela nell’etere; è il calice dell’eternità, bramata da tutti, amata da me.
Segreti sepolti e inchieste, mai più. Arriverà la fine del mondo sulle ali spiegate di un’ombra.
Nella mia anima eterna, le stelle non moriranno.