“Quid est Veritas?”, racconta un ipotetico ma plausibile, futuro del mondo in chiave escatologica, miscelando le storie dei protagonisti che si muovono come pedine di una scacchiera i cui giocatori sono da una parte il bene e dall’altra l’autore del male: il demonio.
Il tentativo di instaurare un NWO (New World Order) di Orwelliana memoria, rivisto in chiave attuale tra crisi economica e di valori, è rappresentato da una serie di avvenimenti e contro avvenimenti che intrecciandosi tra loro interagiscono per arrivare, attraverso risvolti catastrofici di livello mondiale ad un finale di speranza e rinascita.
Il ritrovamento di una pergamena scritta da Ponzio Pilato è l’incipit sul quale si snodano questa serie di avvenimenti costruiti seguendo un serrato ritmo cronologico, che porteranno all’epilogo, senz’altro originale anche perché completamente controcorrente rispetto alla letteratura religioso-thriller, figlia del Codice da Vinci e dei suoi epigoni.
I contenuti di carattere religioso e spirituale vengono presentati in un modo semplice, per consentire a tutti i lettori di comprenderli e sono espressi dai personaggi, nello svilupparsi delle varie situazioni, con una alternanza di “buoni” e “cattivi” per mettere in risalto la dualità dell’animo umano, diviso tra bene e male.
Infatti il romanzo più che al solo intrattenimento è anche destinato a far riflettere il lettore su alcuni temi di carattere spirituale che riguardano la vita dell’uomo, coinvolgendolo attraverso l’esperienza vissuta, di volta in volta, dai personaggi.
Questi temi sono quelli della Dottrina Cattolica, in particolare riguardo alla realtà dell’azione del “maligno” nella vita degli uomini.
PREMESSA DELL’AUTORE
Tempo fa restai molto colpito da una frase, una battuta, di un film: La sottile linea rossa che affronta il tema del conflitto tra bene e male e il sottile confine che esiste tra queste due facce della stessa medaglia, le due facce dell’animo umano.
Il film, che consiglio a tutti di vedere, tratto da un libro, credo autobiografico e realizzato da un regista visionario, Terrence Malick, si svolge nell’isola di Guadalcanal durante la II Guerra Mondiale, dove Americani e Giapponesi si sono letteralmente massacrati, per conquistare un lembo di terra minuscolo, insignificante.
E’ un film intimista, nulla a che vedere con i soliti film di guerra iper-spettacolari, nel quale sono rappresentati tutti i proto-tipi umani, dal soldato codardo, all’eroe che offre la vita per salvare gli amici.
Tra questi ultimi c’è il protagonista che, nel corso del film, parlando con se stesso, cerca di capire ciò che vede e a un certo punto, dopo l’ennesima carneficina, guardando negli occhi un soldato giapponese morente accatastato su un cumulo enorme di cadaveri di soldati uccisi, si domanda: “…da dove viene tutto questo male?”
Questa domanda, in quella situazione di tragedia e sofferenza è sicuramente appropriata, viste le vicende descritte nel film, però vi chiedo: la stessa domanda non è appropriata anche per il mondo di oggi, per la nostra rispettabile, laica fino all’ateismo e pseudo democratica società globale?
E’ sufficiente leggere un qualsiasi giornale o seguire un qualsiasi telegiornale, per capire che abisso di dolore c’è nel mondo e questo dolore non è forse causato dal male compiuto dagli uomini?
Che giustificazione possiamo dare di madri che uccidono figli, di uomini che cercano i bambini per abusarne, di milioni di persone che soffrono la fame a causa dell’ingordigia di altri milioni di persone?
Il nostro mondo è una Guadalcanal senza soluzione di continuità, e soprattutto senza un vero e proprio motivo che possa giustificare il nostro comportamento; durante quella guerra almeno una parvenza di motivazione c’era, oggi il male causato dalle nostre azioni è fine a se stesso, indirizzato solo a male.
Non è sufficiente e non può essere una giustificazione appellarsi ai nostri istinti primordiali o alla così detta: natura dell’uomo; gli animali uccidono per necessità per sfamarsi, difendono il territorio e ne cercano di nuovo sempre per sfamarsi, per necessità, combattono tra loro per l’istinto alla procreazione, per necessità.
L’uomo no, l’uomo compie tutte queste azioni animalesche, come molte altre che provocano
male, per soddisfare un bisogno del suo animo o meglio della parte corrotta del suo animo.
Noi uccidiamo per ira e per orgoglio, non per necessità, noi cerchiamo nuove conquiste territoriali, di potere e di denaro, per avidità, noi ci affrontiamo per rubarci le donne, per soddisfare i nostri appetiti sessuali, per pura lussuria e non per procreare e potenzialmente siamo tutti capaci di questi obbrobri.
I problemi della nostra società sono la conseguenza, non la causa, come vuole farci credere la psicologia, di questi comportamenti, non è l’ambiente che ci circonda che ci condiziona, siamo noi con i nostri atti che condizioniamo e determiniamo l’ambiente che ci circonda.
Non è difficile capire, anche un bambino ci può arrivare, che c’è una parte sostanziale e invadente di noi che vogliamo ignorare, governata da istinti o forse è meglio chiamarle seduzioni, tentazioni, che non hanno nulla a che vedere con la nostra vera natura di esseri umani.
Anche considerando esatta la teoria dell’evoluzione da animali-primati a uomini, teoria che io considero fuorviante, così com’è formulata, non è possibile giustificare questo scempio che non si è mai fermato nel corso dei millenni, dall’apparizione dell’homo sapiens sulla faccia della terra.
Infatti, se così fosse, se noi fossimo solo animali evoluti, essendoci evoluti in un modo enormemente positivo sotto l’aspetto intellettuale, avremmo dovuto migliorare anche il nostro aspetto istintuale che invece è peggiorato in maniera esponenziale.
I nostri comportamenti animaleschi si sono evoluti in peggio, superando in aggressività e barbarie gli animali dai quali dovremmo discendere e questo non è spiegabile con la teoria di Darwin, perché in effetti si tratterebbe di una involuzione.
C’è una parte di noi, di tutti noi, che non ci appartiene ed è governata dalla corruzione, s’impadronisce dei nostri pensieri, delle nostre azioni, della nostra volontà, non siamo più noi a decidere, ma quella parte di noi contaminata che ci porta a compiere azioni che definire allucinanti è riduttivo.
Non voglio entrare, anche perché non ne sono all’altezza, nel merito della teologia Cristiana che ha dato una spiegazione chiara e plausibile, di questa corruzione e della conseguente tendenza dell’animo umano a compiere azioni che provocano il male.
Vorrei, però, che ognuno di voi si facesse, con la propria logica razionale, la stessa domanda che si è fatto quel soldato nel film: da dove viene tutto questo male? E’ possibile che dentro di me ci sia la capacità di compiere tutto questo male? La risposta che vi darete, se siete onesti con voi stessi, è sicuramente: sì.
Tutti noi abbiamo potenzialmente questa capacità, basti pensare a quante volte siamo rimasti delusi da persone della nostra cerchia di conoscenze o anche dai nostri stessi familiari, che hanno compiuto azioni o gesti che hanno provocato del male, non necessariamente a noi, gesti che non avreste mai pensato quelle persone capaci di compiere, chissà quante volte vi è capitato.
Ognuno di noi ha fatto e fa, qualcosa che provoca male a qualcun altro, forse nel momento preciso nel quale provochiamo quel male o quella sofferenza, non siamo completamente consapevoli di quello che facciamo, però, se scavate nella memoria, sicuramente troverete rimorsi relativi al passato.
Non mi riferisco solo a quello che poteva essere e non è stato, ma a persone che hanno attraversato la nostra vita e alle quali ora vorremmo chiedere scusa per un nostro comportamento.
Ripeto, voglio restare nella logica laica di questa disquisizione, però mi corre l’obbligo di citare la famosa frase di Gesù: “Scagli la prima pietra”, per invitare tutti a non sentirsi esenti da questo esame di coscienza.
L’alternativa all’essere governati da questa tendenza al male, è il combattimento, dipende dalla
posizione che ognuno vuole prendere rispetto a quella sottile linea rossa, che è dentro di noi.
Se scegliamo di combattere e attraversiamo quel sottile confine, andiamo in antitesi a quella parte corrotta della nostra anima, nascosta nelle pieghe della nostra umanità, perché coperta dalle burrasche quotidiane dei nostri sentimenti e giustificata dalla sensazione di temporaneo, di precario, con il quale siamo chiamati a convivere in questa vita, consapevoli di dover morire.
Sensazione di precario che è riassunta nella famosa sentenza di Orazio: carpe diem (nda: vivi il presente), che nella versione completa finisce con: quam minimum credula postero (nda: confidando il meno possibile nel domani).
Questa visione della vita è quella che giustifica tutto, anche i mezzi con i quali si raggiunge il fine: se è il piacere, è giustificabile qualsiasi stupro, se è il potere, è giustificabile qualsiasi genocidio, se è la soddisfazione economica, è giustificabile qualsiasi furto.
Il combattimento che siamo chiamati a sostenere è contro questa tendenza, contro la nostra stessa corruzione, insomma, in poche parole dobbiamo sconfiggere il nostro io, quell’io che rifiuta Dio.
Siamo scintille di luce che si sono corrotte all’ingresso nel palcoscenico della vita e dobbiamo ritrovare qui la nostra integrità luminosa, per portare il nostro contributo di luce alla penombra nella quale siamo chiamati a passare.
Il palcoscenico, la vita, serve proprio a questo, nel nostro rifiuto a compiere il male, nel nostro combattimento contro il male e nel nostro si a Dio, nella nostra libera volontà di scegliere Lui, c’è la forza redentrice, diciamo il detersivo, che può reintegrarci nella luminosità perfetta dalla quale proveniamo.
Questa pulizia serve al mondo e a noi, se al nostro passaggio invece di accumulare e ridistribuire sporcizia con i nostri comportamenti negativi, ritorniamo scintille di luce.
Il combattimento contro le tenebre che tentano di oscurarci è quello che ci permette di ricongiungerci alla Luce che ci ha generato e che ha generato tutto l’universo: “E Dio disse
«Sia luce!» e luce fu” (Genesi 1, 3).
Nicola Peirce