Quei quattro minuti… 2/2

─ Sono tutti concordi nel dire che era una gran brava persona ma che, rimasto senza lavoro, aveva avuto un forte esaurimento nervoso. Si era dimagrito e spesso sentivano delle liti provenire dall’appartamento. La moglie alla fine l’ha lasciato, tornando dai suoi e portandosi via i due figli, due maschietti, che però erano con il padre ogni quindici giorni. Raccontano che lui pian piano ha svenduto tutto ciò che possedeva e ultimamente si vergognava a far venire i bambini in casa. Quindi quando erano con lui li portava al cinema e a mangiare una pizza e poi li riconsegnava alla madre.

La vicina proprio ieri gli aveva richiesto i cento euro che gli aveva prestato quindici giorni fa, per portare i bambini al circo. La poveretta non si dà pace, dice che non glieli avrebbe mai richiesti se non avesse avuto necessità di fare lei stessa degli accertamenti clinici, per i quali anche il ticket era costoso ─ Il commissario continuava a guardare quell’uomo, ora riusciva a non abbassare il suo sguardo.
─ Vai avanti…─ disse all’agente.
─ L’inquilino del piano di sotto aveva notato la vendita dei mobili, perfino del televisore a colori e gli aveva prestato una vecchia televisione in bianco e nero, ma poi si era lamentato con lui perché di sera teneva il volume troppo alto e l’apparecchio gracchiava con un suono metallico ─ Pensandoci bene non era stato neanche il resoconto dell’agente ad avergli fatto provare quel disagio che stava sentendo ora, appena sveglio.
─ Chi ha trovato il corpo? ─
─ Sembra che l’ex moglie dopo avergli telefonato più volte per sapere quando lasciargli i bambini, non avendo ricevuto risposta, abbia chiamato il dirimpettaio, chiedendogli di suonare alla porta. Il vicino però ha trovato l’uscio socchiuso ed è entrato per vedere cosa fosse accaduto.

Il telefono, il commissario ricordò di aver fatto caso all’apparecchio telefonico poggiato in terra in un angolo della sala da pranzo. Nel frattempo era entrato il medico legale. Il suicidio doveva essere avvenuto attorno alle nove di quella mattina, minuto più, minuto meno. Mentre gli operatori della scientifica facevano i loro rilievi, il commissario si era avvicinato al telefono, dove lampeggiava il numero tre. Tre messaggi. Aveva premuto il tasto. Le prime due erano chiamate mute, probabilmente quelle della ex moglie. La terza era quella interessante, ed era stata fatta alle 9.04: Buongiorno, le telefono dall’ufficio del personale della Ditta F. dove ha inviato il suo curriculum due mesi fa.

Vorremmo convocarla per domani mattina alle otto, per valutare una proposta di lavoro, vista la sua esperienza nel settore. Se non potrà venire o se sta già lavorando, la preghiamo di avvertirci, grazie e buona giornata. Ecco ciò che il commissario aveva avvertito come un fastidio fisico, uno schiaffo ricevuto in pieno viso o un colpo di coltello inferto in profondità.
─ È morto sul colpo? ─ chiese al medico legale.
─ Purtroppo temo che abbia avuto qualche minuto per rendersi conto che stava morendo. Il cappio non era fatto a regola d’arte. Sa com’è, non ci insegna nessuno il modo migliore per impiccarsi!

Allora lui aveva immaginato l’uomo, il suo travaglio nel decidere, la sua disperazione nel sentire le chiamate della moglie, la vergogna nel dover ammettere che non aveva nulla più da offrire ai figlioletti. Lo vide lasciare la porta socchiusa per agevolare chi l’avrebbe rinvenuto, salire su quella sedia e poi, mentre agonizzava, ascoltare il messaggio che avrebbe potuto salvare la sua vita, forse addirittura il suo matrimonio. Vide gli occhi dell’uomo iniettati di sangue guardare attorno disperati, immaginando che forse quelle mura avrebbero ancora potuto continuare a vivere. Nuovi mobili, le grida dei bambini che si rincorrevano per la casa, un futuro.

Le sue gambe tese dovevano aver cercato di raggiungere la sedia, pochi centimetri per risalirci sopra e liberarsi della corda, per ricominciare. Una distanza insormontabile. Anche il commissario aveva provato un forte senso di colpa, proprio come chi aveva visto e non aveva fatto nulla. Era dovuto uscire in fretta da quella realtà, si era sentito mancare l’aria. Solo ora capiva il perché non aveva dormito bene e si era svegliato prima dell’alba. La chiave di tutto era “fare presto”. Lui stesso avrebbe dovuto iniziare le sue giornate prima, tutto si sarebbe dovuto mettere in moto prima che fosse troppo tardi. Il mondo non doveva più perdere tempo, non si poteva permettere che una telefonata, quella telefonata, arrivasse ancora una volta quattro minuti troppo tardi.

Quei quattro minuti… 2/2 ultima modifica: 2015-11-10T08:46:28+01:00 da Daniela Alibrandi

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