Il risotto alla milanese
da Leggende e storie milanesi di Laura Maragnani e Franco Fava
Era il Settembre del 1574. Da quasi duecento anni, ormai, erano in corso i lavori per la fabbrica del Duomo, alle cui spalle si era formata una vera e propria città di baracche e porticati in cui alloggiavano marmisti, falegnami, scultori, carpentieri venuti da ogni parte d’Europa. In una specie di cascina di quella babele multilingue, viveva una piccola comunità di belgi: Valerio di Fiandra, maestro vetraio, incaricato di portare a termine alcune vetrate con gli episodi della vita di Sant’Elena, s’era infatti portato a Milano i più bravi dei suoi discepoli. Uno, in particolare, spiccava tra gli altri per la sua straordinaria abilità nel dosare i colori, ottenendo effetti a dir poco sorprendenti. Il suo segreto? Un pizzico di zafferano, aggiunto con maestria all’impasto già pronto. E proprio per questa sua abitudine, era stato soprannominato “Zafferano”… Maestro Valerio, gli ripeteva che andando avanti così avrebbe finito per infilare lo zafferano anche nel risotto. Fu così che, dopo tanti anni di canzonature, il giovane decise di giocare un tiro mancino al maestro: il giorno della Madonna si sarebbe sposata la figlia di Valerio, e quale migliore occasione per spruzzare davvero un po’ di polverina gialla nel risotto per il pranzo di nozze? Era nato il risotto alla milanese.
Siamo nel bel mezzo del sedicesimo secolo! Il riso era già approdato nelle terre d’occidente e con successo.
E lo zafferano? Parafrasando, potremmo rispondere: è anche un fiore, il crocus sativus, originario dell’Asia minore.
Dagli stimmi essiccati si ottiene infatti una polvere d’oro che vale tanto quanto.
Ma la cosa sensazionale è che due piante d’origine orientale, si incontrano e si sposano felicemente in occidente, a Milano, durante l’opera del Duomo, nel lontano 1574.
Una curiosità: per ottenere un chilo di zafferano si devono raccogliere circa 100.000 stimmi di fiori !
I consigli di Marta
Per un buon risotto allo zafferano è meglio usare gli stimmi interi e non la polvere. L’oro rosso, per il colore rosso aranciato dei suoi pistilli essiccati, può infatti essere adulterato; il Cartamo e la Curcuma possono essere spacciati per zafferano.
E’ prodotto in Toscana nella zona di Siena e di San Gimignano da millenni, ma esiste anche lo zafferano aretino; famoso è quello di Cascia, in Umbria e quello dell’Aquila in Abruzzo. La Sardegna vanta quello di San Gavino Monreale.
Le bustine di pochissimi grammi di pistilli essiccati ne contengono abbastanza per ottenere un brodo utile per un risotto per 4-6 persone.
Il profumo è impareggiabile e il sapore stuzzicante.
Mi piace questa pausa d’Autore; è un racconto nel racconto della cucina che lo rende giocoso, ricco di informazioni e curiose curiosità; seguo con interesse, spero continui.