“E’ un bambino ipersensibile” concluse netta la maestra.
“In che senso, signora?” chiede la madre con uno zac del collo.
“Nel senso che è… Particolare” ribadì l’insegnante con uno zac doppio, mano sinistra e destra, lasciando brandelli di aria a girovagare.
Una custode tutta macchiata di pomodoro entra seguita dal suono della campanella, tiene una scopa stretta al petto.
Gloria risale sull’auto e non riesce a metterla in moto. L’aggettivo particolare lei lo usa spesso, al telefono, con le sue compagne di shopping, per descrivere un bracciale, o un fard.
La scuola elementare le fa venire il mal di stomaco. E’ un luogo traditore, anche pagando la retta mensile più alta d’Italia sortisce sempre quell’odore di maccherone e di cera d’api e qualcuno sta sempre passando lo straccio facendo ballare il culo.
E’ per invidia che gli insegnanti paventano problemi, per strapparla alla sua tranquillità. Le parlavano senza rispetto, non le davano il tempo di pensare alle risposte. Quando suo figlio aveva disegnato uno squalo era successo il finimondo. Cosa ci fosse di strano lo sapevano solo loro. Sì, va bene, lo squalo non aveva nulla a che fare col tabellone “Merry Christmas”, ma insomma, che sciocchezze.
Quando nella classe di suo figlio era capitato un maestro lei si era sentita sollevata. Al colloquio lui fu molto gentile all’inizio, poi cominciò a parlare dell’idea del tempo. Lei disse che ne aveva sempre così poco! E lui rispose: “Non si trova mai tempo per nulla” e qui le aveva fatto l’occhietto “tranne che per invecchiare”. Poi disse che Germano era come se avesse sempre fretta, come se dovesse sempre fuggire da qualcosa, e che per un bambino così piccolo è una pena. Poi le aveva suggerito di accarezzarlo ogni sera per almeno mezz’ora. Gli parli dolcemente e lo accarezzi signora, diceva quell’uomo, lo farà riposare felice.
Gloria aveva avuto l’idea che quel signore fosse ambiguo, per non dire omosessuale, e aveva fatto variare la sezione.
Cosa c’entrasse la madre con la scuola, Gloria proprio non afferrava. La casa è la casa e la scuola è la scuola.
Un bambino che annaffia le piante del salone di nascosto, ogni mattina, trascinandosi secchielli d’acqua dal giardino, e che si offende se lo fa la colf. Aveva dovuto dirglielo che se n’erano accorti e che bagnava sempre il parquet e che non si poteva continuare così. Oppure aveva adottato tre rane e le teneva in una scatola. Una era morta e non si riusciva a spiegargli che dovevano buttarla nella spazzatura. Lei aveva perso la pazienza, è vero, ma succede a tutte le madri. Ormai non era più possibile neanche portarlo al mare, l’acqua salata, il sole, gli fanno venire dei tic. Esce dall’acqua e alle simpatiche domande della comitiva spalanca la bocca, fa uno sguardo obliquo e si tocca i genitali. E pensare che e’ pure bellino, un biondino apollineo, agile come un puma.
Il motore si mette in moto di nuovo, insieme all’autoradio e Gloria controlla il pervinca del suo foulard, proprio della stessa sfumatura dei suoi occhi da lemure. Si è fatta applicare delle ciglia finte castane, ma vere. Può volare da Massimo.
Massimo! L’aveva conosciuto l’anno prima. Le aveva offerto un cioccolatino al bar dell’albergo e pensare, riferì poi ad Olga, che di quel tipo, al gianduia, non le piacevano neanche! Eppure l’aveva accettato, pregando che i pezzettini non le si attaccassero alle gengive. Aveva ancora l’involucro nel portafogli. A lei piacevano i particolari, che so, un abito maschile impeccabile con i polsini sganciati e l’orologio che spunta.
Lui aveva imparato in fretta tutto della vita, e si accorsero anche che, per un caso eccezionale, lui e Rico, suo marito, si conoscevano! Come si era sentita allora! Menomale che si era tutto sistemato.
Non era successo nulla.