Si alzò in volo, uscì dalla penombra della giungla di fili d’erba e salì altissimo finché, abbassando lo sguardo, vide un immenso prato verde, maestoso, magnifico, battuto da un forte vento che ne simulava il mare.
Un sole terso e limpido, alto nel cielo e riflesso nel mare vicino alla scogliera sottostante, un’ondata di ossigeno riecheggiò nello spirito di Jack. Due lacrime, adesso di commozione, sfilarono nel cuore, e si rese conto che qualcosa era cambiato nelle sue consapevolezze. Ora sapeva benissimo, era interiorizzato, era morto.
Ma non era in un’altra dimensione, almeno apparentemente pareva d’essere in Irlanda, su una di quelle scogliere a strapiombo sul mare dove il prato e la terra sembrano crollati poco tempo prima di aver girato lo sguardo a rimirarle.
Non esisteva ciò che aveva fatto nell’altra vita, il peccato non si concettualizzava nella sua coscienza; davanti alla Verità tutto scorre, ma è quando ce ne allontaniamo che dobbiamo risalire attraverso il dolore e la sofferenza, danneggiando involontariamente gli altri.
Questo pensava Jack. E mentre lo faceva la coscienza si spense di nuovo.
Si risvegliò nel filo d’erba, ancora muto, sordo e cieco, ancora al freddo. Quegli sbalzi di temperatura erano il succedersi dei giorni, delle albe e dei tramonti. Quella affluenza di liquidi percepita all’inizio era la linfa vitale al sopravvivere della Natura. Era un filo d’erba, la presa di coscienza era ultimata ma ora sorgeva una domanda: per quanto ancora sarebbe stato lì?
Quanto avrebbe potuto continuare a resistere? Cosa sarebbe successo se non avesse resistito?
Domande senza risposta. Era ancora sulla Terra però, reincarnato in un filo d’erba, o perlomeno su un pianeta simile al nostro, uno di quei milioni che si sospetta esistano nei sistemi solari della nostra galassia e negli altri miliardi di galassie presenti nel nostro universo. E c’è chi dice che il nostro universo faccia parte di un multi-verso!
Quanto lo appassionava questo argomento… Era come entrare in un’altra dimensione. E forse è proprio così: quando ci perdiamo in qualcosa il tempo svanisce e l’unica percezione è il nostro essere.
Quello che lo sorprendeva davvero era la tranquillità di fondo che comunque sentiva. Era morto, aveva la piena coscienza di ciò; era davvero arrivato dove nessuno sa, dove la Verità si manifesta e basta, dove non ci si turba nel cercare di comprenderla. Si ascolta, si sente, ci si libera di tutto, anche dei peggiori delitti. E’ appagante.
Ma Jack sentiva la transitorietà del momento, sentiva che era una cosa buona essere passato di lì ma non si rendeva conto del perché. Avrebbe capito di lì a poco che ciò che lo aspettava era un viaggio ancora lungo e pieno di consapevolezze da acquisire.
Sarebbe stata dura e cominciò a rendersene conto.
D’un tratto una serie di bombe d’acqua si scagliarono sul prato e il filo-Jack si piegò e ondeggiò sempre più forte. La terra cominciò a tremare, un terremoto che aumentava gradualmente, uno sconquassamento generale. Era un fuoristrada e lo schiacciò.
Completamente bagnato di linfa sul corpo spiaccicato, come un cartone di latte schiacciato per terra, Jack sentiva la vita scivolare di nuovo via, quel fremito già percepito nell’ultimo tuffo al volante della macchina.
Rientrò nello stallo, nel luogo del prima e del dopo, l’anticamera di qualcosa a cui ancora non poteva ambire.