Jack allora cominciò a piangere come un vero neonato: prima un vagito, poi un altro, un crescendo di richieste d’attenzione e infine strillò con tutto il fiato che aveva in gola.
La donna allora si avvicinò. Anche la vista non era pronta al mondo e con il buio non ne distingueva i particolari. La donna si piegò su di lui, lo rassicurò con il palmo della mano sul ventre dondolandolo, gli dette un bacio sulla fronte e sussurrò le seguenti parole: “Dolce creatura, tuo padre non mi sopporta e stiamo di nuovo litigando. Cerca di stare tranquillo, tra un po’ ti preparo la pappa. Dormi Jack, dormi…”
Dormi Jack, dormi! Jack rimase gelato, immobile, pietrificato.
Quella che ormai era chiaramente una madre lo aveva chiamato Jack. Una coincidenza? Un ritorno all’inizio della vita? Pensò che non potesse essere sua madre, non l’aveva riconosciuta dalla voce ma era anche vero che da neonato non sentiva in modo compiuto e che sua madre sarebbe stata molto più giovane rispetto ai suoi ricordi.
Lei, vedendolo fermo e silente, si allontanò non potendo certo capire chi si trovasse in quella culla.
Tutto tornò silenzio, la tenda era stata richiusa e dietro le quinte di quel tormentato sipario Jack era ancora muto, fermo, agghiacciato.
Il neonato pensante si prese un po’ di tempo e provò a rimettere insieme le idee. Doveva trovare una strategia per capire cosa stesse accadendo. La vita è così: o domini le paure o sei preda del mondo e degli uomini. Il silenzio lo aiutava a calmarsi, la melodia era ripartita; cercò sostegno nel profondo della propria Anima. Ormai si era abituato e aveva capito che solo quando tutto è perduto si affronta la realtà e che se l’uomo l’affrontasse prima non dovrebbe arrivare allo stremo delle forze e alla violenza per sopravvivere.
Mentre ragionava la donna rientrò, si mise a sedere e cominciò a piangere disperata, dicendo a se stessa che non ne poteva più, che era sfinita. Poi si alzò e si avvicinò a Jack dicendo: “Dolce creatura, ancora non sai cosa è la vita. Ora chiedi amore come se fosse la cosa più naturale… Sei silenzioso anche tu adesso. Vieni che ti do la pappa…”.
Lo alzò, si mise a sedere, accese la luce. Era troppo accecante per vedere con chiarezza ma Jack intravide un enorme capezzolo oscillare davanti a sé e una forza sessuale ed erotica che spingeva la sua bocca a succhiare a più non posso. Pensò che se fosse stata davvero sua madre non avrebbe potuto provare simili sensazioni ma vi si abbandonò. Era un piacere denso, umido, caldo, un contatto simbiotico perfetto, la congiunzione tra corpo e Anima.
Sentì le feci scivolargli sotto, sentì un’armonia naturale, appagante e spensierata. In quel momento godeva, fremeva, si fermava e ripartiva a poppare. Poi la madre se lo mise sulla spalla e gli batté la schiena.
Da quella prospettiva vide la gonna scozzese della donna, la camicia rossa, la moquette verde e fu proprio quella che lo fece trasalire: era la moquette della sua stanza, non vi erano dubbi. Era la sua casa trentaquattro anni prima della sua morte.
Ma soprattutto quella donna che lo teneva in braccio era sua madre, il marito con cui litigava era suo padre, il suo vero padre, proprio colui che lo aveva abbandonato.
Jack pianse, il bambino Jack urlava, la madre lo mise innanzi a sé per tranquillizzarlo. Il neonato si ammutolì nell’ammirarne la bellezza: una donna giovanissima, pelle delicata, sguardo malinconico e disilluso, la sofferenza per le continue liti l’aveva prosciugata d’ogni energia, i sogni con il principe azzurro si erano infranti, lui era divenuto un ranocchio di fronte alle responsabilità, anche lui immaturo, inesperto e ignaro della vita reale.
La digestione di Jack cominciò ad assonnarlo; nonostante il trauma del momento, l’abbandono fisico al sonno fu più forte di lui e le palpebre cominciarono a calare al dolce dondolio nelle braccia della madre ritrovata.
Lei lo posò nel lettino e tornò in salotto dove suo marito l’attendeva, in quel silenzio di chi ancora non ha risolto un conflitto e attende di riprendere il filo da dove lo aveva lasciato.
Continuarono a litigare per ore urlando, strillando, squarciando ancora di più il loro legame, fin quando non ci fu più niente da ricucire.
Metempsicosis – Ciò che si è perso (02)
Metempsicosis – Ciò che si è perso (02)
ultima modifica: 2014-03-18T08:35:02+01:00
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