Metempsicosis – A morte (01)

Jack si sentì strattonare, come un figlio che non vuole sentire la sveglia in un giorno di scuola. Mormorava, biascicava, a un certo punto gli parve di tirarsi le coperte sulla testa.
Era semicosciente a causa del sonno e dai trapassi avuti, quasi pensò che fosse stato tutto un sogno: la macchina, il delitto, l’erba, le visioni. Si sentiva quasi alleggerito e tornato alla “realtà”.
Gli strattoni persistettero sempre più forti, poi le grida e infine una botta forte.
Con gli occhi socchiusi Jack alzò lo sguardo e, nel sentirsi riavere di essere tornato essere umano, ebbe un sussulto di gioia. Finché, dopo quei cinque secondi in cui realizzi di esserti svegliato, si rese conto di essere in una cella e di avere davanti a sé due secondini, uno in cella e un altro appena fuori.
Stewart Peddingson, lo chiamavano i secondini. Gli dissero che era giunta la sua ora, che dovevano accompagnarlo alla sedia elettrica e si meravigliarono della sua sorpresa, che interpretarono come una forma di difesa psicologica all’inevitabile.
“Se questo è il mio destino” pensò Jack “come posso evitarlo?”
L’inevitabilità era sempre il sentimento di fondo, lo spavento dell’irrinunciabile, di ciò che si svela. La sua paura più grossa ora era il dolore che avrebbe provato durante l’esecuzione.
Il panico prese il sopravvento sulla razionalità, cominciò a scalpitare, a reagire, i secondini lo tenevano stretto nonostante le catene ai piedi e alle mani.
Jack passò davanti al vetro di una cella e si vide; ciò che vide lo bloccò in un attimo.
La memoria cominciò a setacciare seguendo quella sensazione che si ha davanti a un viso che si pensa conosciuto. Scava e riscava, un brivido gli salì lungo la schiena.
Stewart Peddingson, lo strangolatore, aveva ucciso venticinque donne; stuprate, ammazzate e sotterrate nel giardino di casa. Una belva, un caso che aveva riempito pagine di giornali per mesi e, inevitabilmente, quella faccia non si poteva certo scordare.
Pelato, grosso come un lottatore di sumo giapponese ma sporco. Non nel senso di “non lavato”: aveva la pelle che sembra verniciata male, a spruzzo, con macchie marroni qua e là e una cicatrice sulla guancia sinistra.
Proprio quella cicatrice ne aveva certificato la colpevolezza quando una ragazza era sfuggita a una delle sue aggressioni, lo aveva denunciato ed erano risaliti a lui tramite il DNA trovato nei frammenti di pelle sotto le unghie; lo aveva graffiato in modo profondo e i precedenti penali di Stewart fecero il resto.
Jack si era reincarnato nello strangolatore, poteva sentire il suo stato di coscienza, percepire il vuoto dell’anima e cominciò ad ascoltare attentamente, quasi a volersi distinguere da lui, quasi a cercare un’espiazione per il suo peccato più “giustificabile”.
Cominciò ad approfondire la conoscenza di Stewart ma ciò che capì lo sconvolse così tanto che da lì a poco sarebbe impazzito del tutto. La follia era dietro l’angolo ma la ricerca era l’unica strada da percorrere, e in fondo era ciò che aveva sempre fatto anche sulla Terra, cercare se stesso, perso chissà dove.
Non era facile sentire l’anima dello strangolatore. Già la mente di Jack oscillava tra la propria percezione e quella di Stewart, una scissione psicologica che cominciò a farsi cosciente. Quando si sentiva più Stewart avvertiva una solitudine che non aveva una dimensione profonda, era un malessere più superficiale. La sensazione era quella di una minore intelligenza, di un’incapacità di cogliere l’insieme e di una moralità che appartiene più a cosa vuole la società rispetto a ciò che la persona crede veramente.
Jack lo aveva sempre sostenuto; o perlomeno aveva riflettuto molto su cosa distingue un criminale da una persona “per bene”. Sentiva la bontà dello strangolatore, vedeva i suoi ricordi e non riusciva a capirci molto. C’erano un padre e una madre ma lontani nelle sue sensazioni, come un piccolo quadro di fondo a un’immane sofferenza.
Non voleva certo giustificarlo ma Jack capiva, capiva come l’uomo si perda facilmente se non crede nell’altro e nella vita; sembrava tutto chiaro ma la cosa a cui ancora non aveva pensato era il fatto che anche lui aveva ucciso e ricominciò a essere tormentato da una violenta ansia.

Metempsicosis – A morte (01) ultima modifica: 2013-12-10T09:00:37+01:00 da Michele Ermini

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