“Buongiorno, mi sa mica indicare la strada per Prato Fantoni?”. Un attimo, lungo, di disorientamento. “Ah sì, guarda, prendi questa viottola, passi il torrente e poi vai dritto…Prato Fantoni, eh! Sì, sì…buona passeggiata”.
Non sarà stato perché erano le undici di mattina, che sarà mai?!Piuttosto di un giorno particolare, il primo dell’anno, sì.
Il ragazzo, si vedeva, aveva appena messo fuori il naso per respirare una boccata d’aria fresca per riprendersi dai bagordi notturni. Ad occhio e croce, aveva approfittato, per la festa d’addio all’anno vecchio con gli amici, della casa di campagna dei genitori.
Fatto sta che ci buttò fuori strada alla grande.
Fabiola aveva il fiatone: “Quanto manca?”. Duecento cinquanta metri di dislivello dalla parte opposta.
“Guarda lì! È quella!”. Dall’alto si vedevano, come puntini lontani, due tetti in lastre di pietra. Era la casa, con tanto di fienile, che ci aveva intrigrato quando la scoprimmo all’asta su internet.
Prezzo abbordabile, rustica quanto basta: senza acqua corrente, senza luce, per di più senza strada, perché franata dieci anni prima. Quindi isolata.
Tant’è, io cercavo un seccatoio in mezzo ai castagni. Questa in confronto era un castello!
Fu così che dopo aver ruzzolato per un erta, saltando tronchi abbattuti, e graffiandosi tra gli sterpi residui di un recente taglio di bosco, facemmo conoscenza della casa. Abbandonata, prima per la morte del proprietario, poi per la frana.
La porta era socchiusa. La casa completamente arredata, anche se poveramente, con l’armadio pieno dei vestiti dell’ultimo proprietario, Gosto, che l’aveva abitata.
“Senta, non è che a lei interessa? Non vogliamo passarle avanti”.
“A me?! No, no. Io ne ho una a Vallucciole che non mi riesce di vendere.”. “Se la prendete voi non mi pare i’ vero”.
Fu così che conoscemmo la Maria. Quella che poi diventò la nostra vicina, la nostra confinante. Aveva passato da tempo i sessanta anni ed abitava da sola, tutto l’anno, la casa di famiglia nel borghetto di Monte di Gianni. A pochi passi dalla casa del pischello molto gentile, ma poco edotto sulla toponomastica della zona.
Infatti la strada più diretta per la casa, che poi ci aggiudicammo spellandoci all’asta, passava proprio davanti alla Maria.
D’inverno con la neve, lasciavo la macchina al borgo e mi facevo a piedi quella mezz’ora di cammino fino a Prato Fantoni, seguito da Oder, l’amico e compagno a quattro zampe, predecessore di Bixio. “Ma poi tu vieni a prendere una minestra calda a pranzo da me?”. “Grazie Maria, certo che vengo”.
Se abbiamo preso quella casa molto lo dobbiamo a lei. L’atmosfera del luogo era accogliente, gli abitanti saltuari amichevoli, ma…soprattutto c’era lei, che non vedeva l’ora, quando rimaneva sola nei lunghi mesi invernali, di vedermi arrivare ed accogliermi con un sorriso.
E fu davanti al suo camino, che scoppiettava per il fuoco di castagno, che mi raccontò la sua storia.
“Avevo cinque anni. Era il lunedì di Pasqua del ’44. Fummo svegliati da delle esplosioni che venivano da Molin di Bucchio.
“Presto, presto, prendete le vaccine ed andate nel bosco, che vi raggiungo”.
Lo disse la mamma (il babbo non c’era, era soldato), pensando che i tedeschi venissero a saccheggiare le bestie.
Così una vecchia accompagnò me e mio fratello, di otto anni, nel fosso che guadi tu ora. Ci nascondemmo sotto un masso.
Ma il tempo passava e mia mamma non arrivava.
Allora mio fratello disse: Vado a vedere cosa fa la mamma. E ritornò indietro.
Quando lo hanno trovato era davanti alla porta di casa, con la testa appoggiata al tavolo. Sembrava che dormisse.
Invece a me, mi venne a prendere mio zio. A sera. Era buio. Quando arrivai a Vallucciole, le case bruciavano ancora e la mamma non c’era. Mi hanno ammazzato anche due cugini ed un altro zio. ”.
Sul tetto di quella casa, con le travi ancora abbruciacchiate da quel giorno, ci sono salito rischiando l’osso del collo, per recuperare le lastre di pietra che mi servivano per rifare il tetto alla mia casa. Stesso giorno, stessi soldati tedeschi, il battaglione contraereo della Goering, che fecero l’eccidio di Morlione a Vaglia. Qui picchiarono più duro. Cento otto persone uccise in tutta la zona. Quasi tutti bambini, vecchi, donne e qualche ragazzo, renitente alla leva fascista, sorpreso per la strada.
Quando le si rammentava quell’episodio la Maria rimaneva sospesa per un attimo. Quasi, a tanti anni di distanza, dovesse concedersi tempo per afferrare l’emozione che la prendeva. Era diventata adulta, vecchia, ma la sua vita era rimasta imbullettata a quel giorno di sole, di sangue e di terrore.
Questo non aveva impedito che la personalità di Maria trasudasse positività e calore; che tra le case ridossate di Monte di Gianni, un borgo tra i boschi ad un chilometro da Vallucciole, dove si era trasferita, risuonasse la sua risata allegra.
Saltava sulla sua Pandina 4×4 e si faceva mezz’ora di strada per andare al mercato a Stia a fare la spesa. La sua casa era la tappa obbligata per cacciatori e cercatori di funghi. Per tutti un caffè o un bicchiere di vino.
“Lo sai che quando vedo il lume da Prato Fantoni sono contenta!”. Le piaceva che ci fosse altra presenza umana all’intorno. Così la rincuorava quella candela del lanternino che appendevo alla porta di casa mia. Quel puntino luminoso, lontano, nella notte e nel bosco, la rinfrancava.
Ora potrei quasi vederlo io il lumino. Il suo.
Quando l’accompagnai al cimitero di Vallucciole, dove riposa accanto a suo marito, notai un particolare. Dal basso muro del cimitero, non si vede Vallucciole, né tanto meno Monte di Gianni che è un po’ più distante. Invece si vede bene, quando gli alberi perdono la foglia, casa mia, Prato Fantoni, anche se molto più lontana.
Qualche volta, ora, quando a notte, prima di coricarmi in quella che non ancora, e forse mai, riuscirò a restaurare come casa mia, mi siedo sulla soglia della porta e nel buio, mentre Bixio è disteso ai miei piedi, guardo nella direzione del cimitero di Vallucciole…e dentro di me auguro:
“Buonanotte Maria”.
Augh.
Leonardo
Maria di Monte di Gianni
Maria di Monte di Gianni
ultima modifica: 2015-11-20T08:53:59+01:00
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