I lettori potranno inserire le recensioni delle letture preferite o stimate interessanti o da non perdere, siano esse in formato cartaceo o in ebook; le recensioni maggiormente condivise tratterranno il libro recensito per maggior tempo “in vetrina” non solo con la copertina, ma con alcune pagine in anteprima scelte dai lettori che lo hanno proposto. Lettori protagonisti quindi che potrebbero incontrare “virtualmente” sulle pagine della rubrica i loro beniamini.
Lo stesso dicasi per gli scrittori che potranno presentare la propria opera sia essa anche e solo la prima, in formato cartaceo o in ebook. Le auto presentazioni che riscuoteranno maggior successo oltre a restare “in vetrina” più a lungo potranno aggiungere un link per un’anteprima più ampia.
Ritengo che questa pagina mancasse: soprattutto lo scrittore esordiente manca di spazio per farsi conoscere o emergere nel grande mare degli store… Il nostro intento resta sempre quello di potenziare gli incontri e gli scambi tra le due figure portanti del mondo della lettura.
A presto
Salvina Pizzuoli
Per l’invio di testi scrivete a: redazione@prosaepoesia.net
Indice
Presentazioni
Alessandro Pagani – Io mi libro
Daniela Alibrandi – Il vaso di Bemberly
Alessandro Oliviero – SENZA TITOLO n.5
Francesca Rossini – L’Autrice si presenta / A proposito di “Phoenix”
Presentazione: Alessandro Pagani – “Perché non cento?”
Presentazione: Alessandro Oliviero – “Mi uccido appena”
Flavia Cantini – “Esiliato sulla terra”
Lorenzo Puccinelli Sannini – “Antiope. Una storia d’amore”
Clara Cerri – “Dodici posti dove non volevo andare”
Daniela Alibrandi – “Nessun segno sulla neve”
Recensioni
Daniela Alibrandi – Quelle strane ragazze
Alibrandi – Una morte sola non basta
Tuzzi – “Zaff&rano e altre spezie”
Tuzzi – “Il trio dell’Arciduca”
Pacioni/Di Prima – “Fiabacadabra”
Voltan – “Il dottor Franco Cerri. Morti sospette in nosocomio”
Fabiano – “Chiodi e farfalle”
Tuzzi – “La figlia più bella”
Alibrandi – “Nessun segno sulla neve”
Commenti
Luisa Gianassi su “Hans Fontana” di Borchi e “Storie di città” di Pizzuoli
Daniela Alibrandi “Quelle strane ragazze” ( già “La fontana delle rane”), youcanprint 2018, euro 14,00
Splendida e misteriosa nello stesso tempo l’ambientazione che Daniela Alibrandi riserva a questo suo romanzo, già editato e vincitore del Premio Perseide del 2014, ma che viene dato nuovamente alle stampe nella sua veste completa e ampliata, libera dai vincoli delle regole concorsuali che lo volevano più snello.
Sullo sfondo Roma, la sua città, e in particolare un quartiere che sa di magico e favolistico, quello che ha preso il nome dall’architetto Coppedè che lo realizzò nel primo trentennio del secolo scorso. E ritroviamo i luoghi dove si svolge la vicenda che la scrittrice ci presenta con dovizia di particolari e ce li fa “vedere”, palcoscenico scenografico ad una storia incalzante, indecifrabile come un codice segreto, e inattesa, come le facciate dei palazzi che vi albergano: il Villino delle Fate, l’arco d’ingresso con il suo monumentale lampadario in ferro battuto, e soprattutto la fontana, la fontana delle rane che gorgoglia e canta le sue melodie d’acqua. Se pensiamo che lo stesso Dario Argento l’aveva scelto per alcune scene dei suoi film, capiamo perfettamente la preferenza che al luogo viene accordata dalla narratrice: dietro questa facciata da favola il quartiere cela segreti, vi si tessono architetture come tele di ragno in un periodo storico, i primi anni Novanta, dai contesti inquieti della fine della guerra fredda con le sue nuove forme di intelligence, che emerge e “spiega” molti dei disegni e mosaici su cui si muovono quattro donne alcune ignare, altre consapevoli, impiegate in una organizzazione internazionale cui fa capo un’anziana segretaria e un direttore.
E poi, mistero nel mistero, un altro personaggio che come gli altri si svela lentamente, quello che apre, con le sue angosce e i suoi desideri di morte, il romanzo.
Ma chi è, cosa cerca? Davvero solo la morte o prendersi beffe di lei?
E, come in tutti i romanzi della brava narratrice che è Daniela Alibrandi, tanti colpi di scena, tanti sussulti, tante scene di vita, all’apparenza normali, che si svelano pian piano con centellinata sapienza.
Mi piace leggere i romanzi di Daniela Alibrandi, e ormai li ho letti quasi tutti, perché colpisce la costruzione della trama, il filo del raccontato mai banale, le suggestioni che sa creare che colpiscono e che nel tempo restano vivide nel ricordo del lettore, anche il più frettoloso, quello che non vede l’ora di finire per sapere “come va a finire”. Colpisce lo svolgersi della narrazione che, come un rotolo che si apre piano piano, svela e rivela, dietro le facciate, vite e intrecci imprevedibili.
E come va a finire? Come ormai ci ha abituato la nostra scrittrice: in modo sorprendente.
Non resta che leggerlo!
Io mi libro – Alessandro Pagani, 96, Rue De La Fontaine
Disegno di copertina a cura di Massimiliano Zatini – Foto interne a cura di Lorena Di Gregorio – Stampa digitale – Formato: 14 x 21 – Carta interno: Palatina avorio 85 gr. – Pagine totali: 78 – Carta copertina: patinata opaca 300 grammi – Rilegatura: brossura fresata – http://www.ruedelafontaineedizioni.com/negozio/alessandro-pagani-io-mi-libro/
“Io mi libro” è una raccolta di 500 frasi umoristiche tra giochi di parole, doppi sensi e freddure, rivolta a far emergere in chiave goliardica le leggerezze dell’animo umano.
Ogni nostra azione, atteggiamento o comportamento si presta a diverse sfaccettature emblematiche. Nel contesto di quest’opera, l’autore ha voluto cogliere gli aspetti più imbarazzanti e comici che gli individui si trovano ad affrontare quotidianamente durante il loro lavoro, nel tempo libero, attraverso i vari momenti della storia, e più in generale durante le varie situazioni paradossali nelle quali ognuno di noi si è imbattuto, spesso a propria insaputa, generate dal teatro dell’assurdo o da ‘presunte’ coincidenze.
Rifacendosi a maestri dell’umorismo quali Marcello Marchesi, Achille Campanile e Giovanni Guareschi, “Io mi libro” non è soltanto un caleidoscopio di lettere che si scambiano e si combinano tra di loro, ma anche un piacevole riflettersi dentro una prospettiva meno cupa, all’interno di un puzzle di significati allegorici, che aiutano a stemperare l’eccessiva serietà con cui l’uomo ha vincolato la proprio esistenza, a dispetto del lato più ‘brioso’ ed ottimista che inevitabilmente ognuno di noi porta dentro.
A chiusura del libro, un racconto dell’autore dedicato al sogno.
Alessandro Pagani è nato nel 1964 a Firenze, dove vive e lavora presso l’Azienda Sanitaria. Appassionato di poesia e letteratura da sempre, ha fatto parte negli anni ’80 del movimento artistico underground fiorentino “Pat Pat Recorder”. Nel 1988 inizia un percorso come musicista con svariati gruppi tra i quali gli Stropharia Merdaria, Parce Qu’Il Est Triste, Hypersonics, (con cui ha partecipato ad Arezzo Wave), Subterraneans, Malastrana e successivamente con i Valvola, assieme ai quali fonda nel 1997 l’etichetta discografica Shado Records, attiva fino al 2007. Attualmente è batterista del gruppo rock Stolen Apple, con il quale ha fatto uscire l’album di debutto “Trenches” a Settembre 2016. E’ anche componente della giura del concorso di poesie “Daniela Pagani e Manuela Masi” patrocinato dal Calcit Chianti Fiorentino, ed un assiduo volontario del Canile Del Termine di Sesto Fiorentino (Fi).
“Io mi libro” edito dalla casa editrice 96, Rue De La Fontaine di Torino (una frase del libro apparirà anche sull’agenda Comix 2019), è la sua seconda pubblicazione, dopo il libro “Perché non cento?” stampato da Alter Ego/Augh di Viterbo (Aprile 2016), ed il libretto autoprodotto del 2015 “Le Domande Improponibili”.
Il vaso di Bemberly di Daniela Alibrandi, L’erudita Edizioni, 16,00 euro
Un piccolo paese, un piccolo nucleo familiare, nonna Adele e i suoi due nipoti Rosy e Mirko, una piccola comunità pettegola ma che sa essere anche attenta ai bisogni dei suoi componenti, e un vaso: questi gli ingredienti della vicenda, ma è attorno a quest’ultimo che ruota il nucleo narrativo, protagonista egli stesso non solo all’interno della famigliola, ma anche fuori campo dove partecipa e aleggia sul narrato con la sua misteriosa presenza e il valore portante di cui è stato investito, e affettivo e materiale:
“Fatto sta che quando Adele ne parlava le si illuminava il volto e le si inumidiva lo sguardo.”
“Pensò di andare a liberare il vaso di Bemberly dal telo che vi poneva tutti i giorni […] Quando si trovò davanti quell’opera nuda, riuscì a godere ancora una volta dei suoi colori […] che da un lato le ricordavano la trasparenza del mare e dall’altro il verde dei prati nei quali era stata abituata a correre.”
“Rosy e Mirko volsero lo sguardo, come calamitati, verso il vaso che troneggiava nella parete opposta. Lorella seguì il loro sguardo e anche lei notò, forse per la prima volta, il bell’oggetto di fronte. Ancora silenzio e respiri veloci. Poi fu Mirko a parlare:“ Non te lo permetterò mai nonna, non potrei guardarmi allo specchio la mattina, sapendo che hai sacrificato forse la cosa più preziosa, comunque quella che ti è più cara, per me. Non se ne parla proprio.”
Non solo un vaso, ma un mondo di cui nonna Adele è custode, cui è affidata, come ultima ancora di salvezza, la felicità della famiglia:“C’è sempre il vaso di Bemberly”, ripeteva a se stessa, quasi a rincuorarsi, nonna Adele.
Il vaso di Bemberly come la vita è fonte di gioia ma altresì di dolori, è speranza ma anche delusione, è stupore e pure sopruso.
La storia, a lieto fine, racconta il piccolo nucleo domestico, del quale il lettore scoprirà pian piano le traversie, in un momento ulteriormente difficile della sua esistenza, durante il quale l’amore, la tenacia e la tensione per superare le controversie sono ancora messi a dura prova, ma custoditi all’ombra del vaso di Bemberly.
È una storia bella, che fa piacere leggere, perché sa di antico, di valori spenti nel frenetico vorticare del vivere odierno in cui velocità e consumo di beni e di sentimenti dominano, invasivi. Non a caso è ambientato in un mondo dal sapore magico e favolistico, un mondo lontano e dimenticato ma che fa piacere incontrare trascorrendoci dentro anche se solo tra le righe di questa storia semplice, come le cose vere della vita, quelle da riconquistare.
Salvina Pizzuoli
Alessandro Oliviero – SENZA TITOLO n.5
Con piacere proponiamo all’attenzione dei nostri lettori una nuova raccolta di poesie di Alessandro Oliviero. I cinque testi che la compongono sono stati tratti da “Sintesi della tempesta” un’opera ancora inedita. Sia lo stile che le tematiche trattate si differenziano molto dalle poesie precedenti (su questa stessa pagina potete trovate la presentazione che l’Autore fa di se stesso e sulla home di prosaepoesia.net alcune delle composizioni tratte da “Mi uccido appena”) anche perché scritte dieci anni più tardi. Pubblicata in ebook da Poesia2.0 con l’intestazione di “Senza titolo5”, la trovate a questo link, scaricabile gratuitamente: http://www.poesia2punto0.com/2017/01/15/senza-titolo-n-5-alessandro-oliviero/.
Daniela Alibrandi – Una morte sola non basta
Un incontro casuale, due esistenze, due mondi, uno popolare e l’altro borghese, nella Roma dell’immediato dopoguerra, s’incrociano su di una panchina di spalle alla pineta del Forlanini, il sanatorio, fuori dal nosocomio dove una nuova vita ha visto la luce e un’altra che vi è appena entrata è già segnata dal dolore e dall’assenza degli affetti fondanti; così il lettore, come lo spettatore di un film neorealista, viene introdotto nelle esistenze dei protagonisti: in un caso ai limiti dell’indigenza, ma dove nonostante tutto riesce a fiorire l’amore, come un fiore tra le miserie umane scaturite dall’ignoranza e dall’essere ai margini, malvissuti e derelitti, dentro quello spazio dell’anima in cui rancore e amore fanno rima; nell’altro anche chi gode di un certo benessere non per questo è immune da indigenze, sebbene affettive.
L’Autrice, la cui scrittura scorre piana e lineare lungo le pieghe del raccontato, sa avvicinare il mondo dell’Italia del dopoguerra al lettore cui diviene familiare perché sa punteggiarla di canzoni, di luoghi, di abbigliamenti, di abitudini di vita che come pietre miliari ne segnano il tempo, trascorrendo tra le deprivate realtà dei protagonisti: tre cucchiaini d’olio sono uno spreco ma l’egoistica esecuzione di qualcuno che ha la sola colpa di turbare un equilibrio di egocentrismi, lo rendono necessario; e nel rovescio della medaglia anche i meno sguarniti, i più agiati, quelli che possono permettersi di andare a Ostia e vedere il mare e che posseggono una loro automobile privata, ma anche quelli che ci si ammazzano andando a tutta velocità, non sono esenti da miserie anch’esse umane, umanissime, di solitudini e carenze affettive.
Le due storie corrono parallele in un primo momento l’una sbilanciata rispetto all’altra camuffata dentro un alone amoroso ma che lascia intuire al lettore le fasi del procedere: il dramma è nelle righe della storia che l’Autrice tratteggia sullo sfondo di quella del periodo che la inquadra e dove Roma rivive alla luce di quei ricordi che il tempo accumulato e trascorso spinge a riassaporare: pagine che la scrittrice sa dedicare alla sua città.
Nello scenario dell’Urbe che si trasforma dal dopoguerra al boom economico le due giovani protagoniste sono diventate due ragazze, infelici e sole nella realtà della propria esistenza, l’una con i suoi spettrali ricordi l’altra subendo ancora, vittime ancora: mentre all’inizio le loro giovani vite si muovevano tra l’amore e l’egoismo ed erano bersagli innocenti di menti turbate da ignoranza e presunzione di sapienza, o in un panorama che sordidamente le costringeva e stritolava, nella realtà nuova s’incontrano e si sostengono, riconoscendosi entrambe sole e bersaglio della sorte e di quegli esseri umani che per viltà avevano agito, taciuto, approfittato all’ombra di una “fede” con i suoi riti e le sue promesse.
L’autrice disegna il mondo interiore di tutti i protagonisti: tra ambiguità e grettezza emotiva le psicologie adulte, nel dibattersi di ali ferite quelle delle giovani, con le proprie risposte, di chi subisce violenze e psicologiche e corporali. Oltre ad una spiccata sensibilità il lettore attento può cogliere la ricerca e la documentazione che sono state necessarie all’Autrice per poter descrivere i moti dell’animo di chi ha sofferto tali tragedie.
Una storia cruda, dal finale imprevedibile che da una parte soddisfa nel lettore un senso di giustizia e dall’altra lascia amare e aperte considerazioni; una storia che scorre piana per una scrittura senza fronzoli e costruzioni, quasi a rispecchiare e sottolineare un procedere ineluttabile.
Interessanti le pagine che costituiscono l’Epilogo: alcuni articoli di giornale del periodo e alcune note di approfondimento: quale il nesso tra la storia narrata e il contenuto delle cronache da Il Messaggero del 6 Luglio 1973? Riportano notizie reali o un messaggio dell’Autrice?
Le note di approfondimento incuriosiscono sia chi non riesce a trovare traccia nella sua memoria di personaggi allora famosi, di locali alla moda e frequentati, di leggi che hanno segnato un punto fermo sulla tela del tempo, sia chi quel periodo lo ha vissuto: è l’incontro con vecchi amici e la possibilità di valutare avvenimenti alla luce delle conseguenze successive. “Una morte sola non basta” è infatti un romanzo che sa lasciare il segno non solo per le vicende crude che racconta ma anche perché offre la possibilità di raffrontare ieri con oggi impossessandosi di quella chiave che solo la storia e la microstoria possono e sanno comunicare: comprendere e imparare dalle esperienze degli altri, quelli venuti dal passato.
E nell’ultima pagina una foto a corollario: via Cristoforo Colombo, all’epoca una grande strada “vuota”, con tre giovani in primo piano e il palazzo della civiltà dell’Eur sullo sfondo.
Buona lettura!
Daniela Alibrandi – Una morte sola non basta – Del Vecchio editore, Roma 2016
Euro 19,00
S. Pizzuoli
Presentazione: Alessandro Pagani – “Perché non cento?”
Poesia in movimento: “Perché non cento”? è il primo libro di Alessandro Pagani, edito da Alter Ego / Augh di Viterbo ed uscito il 31 Marzo 2016. Un libro che gioca con il caleidoscopico mondo delle parole tra combinazioni e scambi di lettere, calembours, rime, sonetti, anagrammi ed assonanze fonetiche, in un puzzle originale composto da 99 poesie atipiche che sorprendono. Risultato di una ricerca libera che punta ad un nuovo modo di scrivere nella reinterpretazione del linguaggio per combinare originalità, estro e sperimentazione: frutto di un’arte highbrow o lowbrow? In realtà niente di tutto questo, la poesia di Pagani è uno schietto e istintivo inno alla vita e alle sue infinite sfaccettature, contenente vena umoristica, gusto genuino per la parodia, svolte imprevedibili delle emozioni, in un susseguirsi di celebrazioni ritmiche ed intuizioni iperboliche, come nella poesia “Ah, lì c’è Alice”:
Io mi dico maledico ma le dico:
“Lei mi celia, mia Alice,
lei mi modica e lo dice”!
Poi mi cala il di lei calice,
in quel dì di lode a Cadice:
io mi dico: “Lì c’è il docile”!
Rimettendo a posto il focile.
Ma lì c’era Lucio il trucio,
che mi fece un gran bel bucio,
e di dolo dolsi a fuga,
sul gran lido dell’acciuga.
E mi brucio per la lei.
Sarda: alice degli Dei.
L’autore non teme la grande tradizione letteraria, né la cultura popolare, come nei richiami danteschi “nel mezzo del camin di nostra baita / mi ritrovai una merla poco scura”, o il verso rifatto dalla Canzona di Bacco “perciò ricorda la gioia è una scelta / come passante che prende la via / questa la somma del sommo volere: / chi vuol esser lieto / che lieto ne sia” o come nei proverbi ristrutturati: “rosso di sera / comunista al tramonto / che succede se fai / prima dell’oste il conto”. Senza dimenticare versi brillanti quali: “aprite i limoni / e troverete sole amaro”, oppure musicali come: “e nota bene sopra no / leggi tra i vibrati / me lo dia il suo no / se ci siamo accordati”…..Tutti richiami ad uno studio sul mero significato della parola poesia, che non deve essere per forza legata ad uno schema testuale ormai stereotipato basato su esperienze ovvie ed eccessi culturali: la poesia è istinto, emozione cosciente che diventa incosciente, la parola messa al posto giusto in un luogo incomprensibile, il semplice e misterioso intreccio alchemico tra fantasia e logica: lì dove ogni pensiero lascia la mediocrità, e diventa sogno.
Essere poeti è la cosa peggiore che può capitarti da quando sei nato. L’handicap numero uno.
Non ci sono posti macchina speciali per i poeti, strisce gialle, permessi in graduatoria o pensioni statali.
Dimenticatevi gli agi dell’invalidità.
AVVISO AI GENITORI CHE STANNO LEGGENDO QUESTO ARTICOLO:
È necessario porre rimedio quando si è bambini.
Riconoscete i sintomi nei vostri figli prima che sia troppo tardi.
Contrariamente alla credenza popolare
se scrivi poesie non sei automaticamente un poeta.
Questo falso sintomo è spesso riconducibile ad altri disturbi più gravi e incurabili come la cretinaggine, un’infezione batterica sessualmente trasmissibile che trae origine dalla promiscuità nelle pollicolture.
Le poesie non si scrivono.
Vengono commesse in alcune ore del giorno e della notte.
Non si premeditano.
La loro genesi è incontrollabile.
Mi Uccido Appena
è pura efferatezza giovanile senza aggravante della premeditazione.
Manifesta incapacità di intendere e di volere.
Si invoca l’assoluzione totale.
Kammeredizioni 2016
http://www.amazon.it/uccido-appena-Nuove-Plaquette-Vol-ebook/dp/B01BC47QR2/
Commenti e recensioni a “Nessun segno sulla neve” – di Daniela Alibrandi
Che siano positivi o evidenzino impostazioni o scelte errate, i commenti e le recensioni sono fondamentali per lo scrittore perché lo aiutano a correggere il tiro o comunque a rifletterci sopra e sono indicative anche per il lettore.
ALCUNE RECENSIONI
DOMENICO DI BASILIO, per il Recensore Libri
Ci sono due correnti di pensiero per quel che riguarda quel periodo storico che tutti noi conosciamo come il ’68.
Chi c’era lo ricorda come un periodo dalle mille contraddizioni. Rinnovamento, rivoluzione sociale, emancipazione e tutte quelle novità intellettuali che poi diventeranno la norma, più o meno, negli anni a venire. Chi non c’era li rivive nelle storie, nei racconti che per quanto oggettivi sono sempre di parte negli occhi di chi li ha vissuti. E proprio da questa contrapposizione che inizia il libro e ci catapulta subito in questa visione. Un padre che ritrova una vecchia fiamma mai dimenticata su facebook galeotto anche questa volta come non mai. Un padre che si ritrova a vivere in un’epoca dove si sente un po’ estraneo e solo con l’aiuto del figlio riesce a districarsi…ma non è soltanto questo.
È un episodio ancora irrisolto successo proprio negli anni di piombo, dove i ragazzi oltre ad essere considerati ‘rivoluzionari’ si divertivano, si amavano e cercavano di cambiare le cose. Proprio da quell’episodio rimasto sopito da allora il nostro protagonista rivive con nostalgia il passato e tutto quello che ne consegue insieme al suo vecchio amore riscoperta donna e che rientra prepotentemente nella sua vita. Il ritmo in alcuni momenti cambia così repentinamente da lasciare senza fiato…calmo, riflessivo per poi diventare incalzante. Perché si c’è uno spaccato di vita vissuta come trama principale che tira le fila della narrazione, ma mai troppo nascosto c’è questo alone di thriller che rende la scrittura e fortunatamente per noi, la lettura davvero appassionante il tutto condito da colonna sonora perfetta per quel periodo.
La cosa che colpisce, e che apprezzo sempre in qualsiasi scritto, è la capacita di immergere e di far immaginare uno sfondo, un paesaggio e un momento narrato come se fosse la scena di un film. Lo dico con tutta la stima possibile, credo che questo libro possa benissimo essere messo in atto come un giallo all’italiana, un giallo intrigante che ha tutti gli elementi per tenere incollati allo schermo gli spettatori, dopo aver fatto lo stesso con i lettori.
Mi sento davvero di consigliarlo perché di libri buoni ce ne sono molti per fortuna, ma di libri buoni che si ricordano è più difficile trovarne..e questo non si dimenticherà facilmente.
ANDREA BENEI per Booky Booky
Alcune storie meritano di essere raccontate. Alcune di queste perché ritraggono alcuni profili di uomini e di donne le cui azioni ben rappresentano il mondo dentro al quale ci muoviamo tutti, e da cosa questo mondo ha ereditato i suoi tratti somatici. È indubbio, per l’Occidente, che uno di questi mondi sia stato il decennio dei ’60.
Scendere in quegli anni, oggi, è possibile per lo più attraverso i documenti e le opere che quegli anni hanno generato, e che abbiamo ereditato, conosciuto, e sui quali si basa oggi un vivace revival dell’energia vitale che i Sessanta possedevano ed esprimevano senza difficoltà. Il nostro approccio alla preparazione culturale, alla società civile, e la moda, e addirittura uno tra i più seguiti serial televisivi sono adesso frutto di elaborazioni sgorgate in quel tempo lontano ormai mezzo secolo.
La storia di Daniela Alibrandi, esordiente, regala un’esperienza più viva di tutte queste. Nessun segno sulla neve è una discesa nella vita quotidiana di quegli anni, attraverso una prima persona sorprendente per un’autrice: un uomo.
Un uomo del nostro tempo, degli anni duemila, che avvicinandosi ad un altro burrone, i social network, compie quasi inconsapevolmente un’operazione affettiva ovvia: cercare i protagonisti del suo passato, quello emotivo, quello dell’adolescenza. E spalancando così nuovi contatti recisi dal tempo, quest’uomo riscopre, e con lui noi, il bel ’68.
Facce, persone, personaggi, avventure, sensazioni fisiche e tumulti del pensiero e del cuore risorgono come appena vissuti, e il medium del suo ricordo offre al lettore l’impressione sublime di percorrerli come potessero essere i propri.
Roma. L’eterna, silenziosa, la testimone perfetta dei moti dell’umanità, quelli grandi e quelli non visti, sfuggiti. Il ruggito del ’68 qui non è una registrazione in bianco e nero, o una ricordanza documentale, è una visita di persona in una quotidianità sconvolta dalla passione di quel periodo, chiusa nelle aule di una scuola, nelle pareti di una casa di quartiere, strillata per vie dove il rosso e il nero si spezzavano all’uscita dai licei, per fronteggiarsi e per risolversi nella società italiana di oggi.
Partecipare alla politica del corteo e soffrire l’invadente presenza di genitori per la prima volta non temuti, non presi più ad esempio, semplicemente svelati in tutta la loro antichità di costumi, di costrutti, di valori. Organizzare scherzi e baruffe, conoscere ambulanti e professori, innamorarsi e lottare fisicamente per un futuro che sia, dopo le brutture dei padri in guerra, finalmente a misura d’uomo.
Molte ragazze oggi prendono ad esempio l’aggressivo femminismo delle sessantottine, ed ormai quest’immagine stantia è diventata anacronistica, pop, conosciuta per capi sommi e imprecisi. Daniela Alibrandi, come se non ci sorprendesse già con l’inquietante precisione con cui si è calata nei panni di un uomo, propone una protagonista femminile magica, slacciata da ogni cliché abusato del ’68. Milena, di una bellezza virale, dagli occhi non azzurri, non verdi: trasparenti. Associazione mentale: cosa contenga il vuoto, è una delle domande che portò Yves Klein a lanciarsi da un palazzo. E in quello sguardo limpido come un volo verso il basso troveremo uno dei più realistici esempi della sofferenza e del costo che l’emancipazione di sé può chiedere a una donna.
Milena è una chiave prodigiosa per capire quel periodo, per riflettere se quel periodo si sia effettivamente risolto come si auguravano i ragazzi che corrono e vivono tra le righe di Nessun segno sulla neve.
Questa bella prima prova svapora in un fumo di thriller, alcune pagine di diario fin dall’inizio fanno sbandare il lettore verso un climax drammatico che si svela piano, ma a intervalli sempre più corti. Inizierete a leggere questo romanzo per vedere Roma nel ’68, o per respirare l’aria delle manifestazioni che hanno permesso i successi e i fallimenti della nostra società, oppure per scoprire cosa pensino gli uomini, e vi troverete stretti in una storia convulsa e romantica che, come il ’68 ci ha insegnato, non può esimersi dal sanguinare per trovare finalmente la propria soluzione.
MASSIMILIANO BALDACCI per L’Opinione di Civitavecchia e Alto Lazio. Alcuni stralci dalla lunghissima recensione
…….. la narrazione della Alibrandi ha la capacità di saltellare con naturalezza sui due grandi temi che emergono dallo sfondo dell’opera. Da un lato l’afflato romantico e rivoluzionario di una voglia di emancipazione dalla società borghese contro cui si scagliarono i ragazzi del 68 e dall’altra le misteriose dinamiche individuali che ci parlano di amore e gioia piuttosto che di dolore e sofferenza. Con una sgradita ospite che fa irruzione in modo prepotente e che non abbandonerà mai più la scena, la violenza, declinata nel privato piuttosto che nel collettivo.
… Alla lettura, il romanzo scorre con ritmi decisamente coinvolgenti, probabilmente la scelta dell’io narrante inframmezzato da scorci tratti da ricordi e di appunti da diario, genera nel lettore una maggiore identificazione con il protagonista.
… L’autrice però con spiccato senso tattico risolve il suo romanzo facendolo divenire un thriller dai toni noir, non banale e assolutamente sorprendente. Il gioco dei ruoli è particolarmente interessante e le figure che appaiono al principio passive risolvono il romanzo in modo decisamente inaspettato…
LETTERE DAI LETTORI
“Cara Daniela, sono stata a lungo combattuta se scriverti una recensione o una lettera. Ho poi deciso per quest’ultima perché non è della trama del romanzo o della costruzione dei personaggi che ti voglio parlare, ma delle mie emozioni, quelle che il tuo libro mi ha suscitato. Come iniziare? Forse da quella sensazione che mi ha legato e imprigionato davanti alle pagine, da quel profondo senso di autenticità che ho percepito fin dalle prime righe. Il tuo modo di scrivere non è artificioso, la “mano dell’autore” (per questo ancor più magistrale) è talmente eclissata che si è immersi nell’animo dell’uomo che non racconta da narratore, ma che vive la sua vita. Ho apprezzato moltissimo il continuo intreccio dei molteplici tempi del racconto: l’adesso presente, i ricordi passati, i ricordi recenti, l’adesso del passato delle pagine di diario. Il tocco superlativo è quando finalmente tutti questi tempi indipendenti si incontrano e si fondono in uno, nell’ultima pagina.”
“Grazie alle tue descrizioni spontanee e semplici, inteso come essenziali e limpide, mi si sono materializzate davanti agli occhi le storie che narri, e non importava se fossi seduta in treno o in piedi sulla metro o ad aspettare l’arrivo del professore in aula (sfruttando ogni secondo per andare avanti nell’affascinante lettura), ovunque fossi riuscivo a sentire l’aria umida del Tevere, i caldi raggi del sole, il profumo del mare. Non ti scriverei cose per convenzione o che non sento col cuore: ho provato con i tuoi personaggi tutte le loro emozioni: l’amicizia, l’amore, la gioia, la passione, il senso di inadeguatezza, la sconfitta, il fallimento, i loro brividi e la loro malinconia. Se c’è un’emozione che sei riuscita a trasmettere di più, forse è proprio questa: la malinconia, che siamo sempre meno capaci di percepire in mezzo alla nostra fretta quotidiana.”
“Nelle presentazioni del tuo libro viene posto molto l’accento sul tema del‘68 e delle lotte dei giovani di quegli anni, che tanta parte hanno nel romanzo. Io su quegli anni sapevo quel poco che si studia sui libri di scuola, con quell’attenzione che puoi dedicarvi a fine anno, a fine programma e a fine liceo, e quei pochi commenti, spesso luoghi comuni, che si sentono in giro. Leggo molto, soprattutto romanzi storici, generalmente ambientati nell’epoca dell’antichità classica che è la mia passione, non sono un critico e non so quale sia il discrimine tecnico per definire un libro “romanzo storico”, ma da parte mia il tuo romanzo lo definirei tale. Mi ha fatto conoscere un periodo della nostra storia a me sconosciuto, con gli occhi di chi lo ha vissuto e poi elaborato e descritto con uno sguardo critico e oggettivo, per quanto un’interpretazione storica lo possa essere, che è difficile trovare persino nei testi scolastici. Sguardo critico che bisognerebbe adottare proprio in questi giorni che vedono tante manifestazioni e molti di noi studenti, che forti della vostra esperienza dovremmo cercare di non cadere in quegli eccessi e quelle strumentalizzazioni (che invece ancora si verificano) per poter fare un passo in più verso la civiltà.”
“Ma credo che chiunque legga questo libro verrà colpito da un aspetto diverso che toccando le corde del suo animo susciterà una melodia nuova. Non è quello del‘68 il tema che più mi ha toccato, quanto piuttosto la vicenda intima dell’ uomo che realizza di non credere più in ciò che vive e per cui ha vissuto per molti anni, e arriva a rinnegarlo in nome di un’illusione che lo porta, invece, a perdere tutto. Mi ha colpito la tua capacità di lettura dell’ animo di questo padre. Sarà perché tutte queste emozioni mi avevano invaso così profondamente il cuore che per il finale non trovo altre parole che “sconvolgente”. Veramente, pur avendo letto gli ultimi due capitoli (che potrebbero costituire un racconto breve a sé) nel pomeriggio, solo la mattina seguente sono riuscita a liberami del turbamento da ciò che avevo visto accadere.” – Marta Geri
“Scusa se ti scrivo solo ora Daniela, il libro l’ho finito ormai da molto tempo, tant’è che l’ho già passato ad altri lettori che spero lo apprezzeranno quanto l’ho apprezzato io. Mi è piaciuto tantissimo, è molto coinvolgente e mai banale. Sei stata capace di creare una trama molto articolata che fino all’ultimo mi ha tenuto attaccato alle pagine che scorrevano senza noia, e soprattutto alla fine sei riuscita a stupirmi completamente,non sospettavo niente di quello che sarebbe successo. L’ambientazione che hai scelto rende tutto così autentico e lascia un atmosfera familiare a chi vive i luoghi del racconto tutti i giorni.” – Manuele Bazzichetto
Proponiamo con piacere a lettori e scrittori la presentazione di Daniela Alibrandi al suo primo libro (2011) editato nuovamente nel 2015 da Edizioni Universo in italiano e in inglese
IO E “NESSUN SEGNO SULLA NEVE”
La mia era la vita di una donna normale, sposata con un lavoro di responsabilità e due figli da crescere. Le mie giornate scandite dai ritmi legati alla casa, il marito, i figli, il lavoro. Così un giorno dopo l’altro, finché fui vittima di un infortunio, che mi costrinse a letto per quasi due mesi.
Improvvisamente il silenzio dentro casa, la solitudine di chi viene lasciato ad affrontare le proprie difficoltà, mentre scopre che l’ingranaggio di cui si sente unico motore sa muoversi anche in sua assenza. Io ero immobile, sola nella mia casa dalle cui finestre potevo vedere il mare. L’unica mano che potevo muovere era la sinistra. Solo allora nella mente presero forma le innumerevoli ispirazioni che negli anni passati avevano tentato di affiorare, ma che avevo dovuto seppellire nell’animo ancor prima di identificarle, schiacciata come ero dal ritmo concitato della mia vita.
Molti dicono che la mano sinistra è quella del cuore ed io, proprio con quella, iniziai a scrivere il mio primo libro “Nessun Segno sulla Neve”. Iniziai a buttare giù le prime parole che mi venivano in mente, senza sapere quale sarebbe stata la trama del romanzo e il suo finale. La storia iniziò a materializzarsi lentamente dentro di me, come un formidabile intreccio di ricordi, esperienze vissute e desideri mai realizzati. Un’osmosi di passioni e disperazioni che, mi resi conto, avevano caratterizzato la mia gioventù e ora premevano per venire fuori.
Ed è così che inizia “Nessun Segno sulla Neve”, in un pomeriggio perfetto, come lo definisce Francesco, il medico oncologo protagonista del romanzo, nel quale lui si concede delle ore di libertà insieme ad uno dei suoi quattro figli, Michele, quello più esperto a navigare in Internet. Guidato da lui, infatti, inizia a conoscere siti quali Youtube, dove riesce ad ascoltare le musiche di tanti anni prima e a gustare dei video d’epoca e, alla fine, scopre Facebook, il social network nel quale si possono ritrovare persone appartenute al proprio passato. Davanti agli occhi indagatori di Giulia, sua moglie, e di suo figlio, lui riconosce tra gli altri il profilo della ragazza che all’epoca del liceo era stata il suo grande amore, un sentimento da lei mai ricambiato. La riconosce ma di fronte ai suoi cari finge di non averla ritrovata.
Da qui nasce un viaggio interiore del protagonista nel quale, a situazioni del suo presente di stimato professionista e di padre e marito modello, si alternano i ricordi del passato, degli anni vissuti all’epoca del liceo, il 1968. Si apre così un fedele e nostalgico spaccato sulla vita e sugli avvenimenti di quegli anni, che hanno segnato tanto profondamente la storia del nostro Paese, eventi a cui ho cercato di dare una chiave di lettura del tutto nuova. E nel rincorrersi dei due spazi temporali matura la decisione di Francesco di contattare quella ragazza, Milena, ormai divenuta una donna matura.
Scrivendo il libro ho voluto che il lettore avesse la sensazione di vivere insieme a loro, ai ragazzi del ’68, scoprendo che, anche se senza mezzi globali, quei giovani furono in grado di dimostrare una coesione completa, una forza e un’unione che sono rimaste proprie di quell’epoca. Si comprende così che, con la stessa passione, quella generazione è stata capace di amare senza limiti e confini riuscendo a bere il primo e vero nettare della libertà. Tutto nella narrazione rivive, i contestatori, i capelloni, gli hippy, le femministe e l’amore libero, i Beatles di Abbey Road, Woodstock e la musica, la tanta musica che fa da colonna sonora a tutto il romanzo.
Nel racconto, che riporta a vivere nella Roma dell’epoca, meravigliosa nelle sue contraddizioni, ho cercato di descrivere anche l’altra faccia dei ragazzi del ’68, la parte di loro che voleva ridere e scherzare, “giocare” e che, anche per l’azione strumentale esercitata senza scrupoli su di loro, venne strappata alla spensieratezza e all’ilarità e infine alla vita stessa. Proprio in quegli anni, infatti, accadde un fatto criminoso a cui non venne dato un colpevole e che segnò per sempre la vita dei personaggi della storia. Si scivola così nel clima di un intrigato thriller, ricco di colpi di scena, che porterà a un finale mozzafiato.
Ci sono alcuni aspetti tecnici che sono meritevoli di attenzione. Ho scritto il romanzo in prima persona, così da far entrare immediatamente il lettore nella sensibilità del protagonista, che è un uomo. Infatti ho voluto immedesimarmi nella vita e nei pensieri di un uomo, tanto che l’editore era sicuro che ci fosse un errore nel nome dell’autore, non Daniela ma Daniele, tanto era chiaro che solo un uomo avrebbe potuto descrivere così bene il mondo maschile.
E infine il titolo. Perché ho scelto “Nessun Segno sulla Neve”? Ho semplicemente immaginato la nostra vita come un’immensa distesa di neve vergine, che noi calpestiamo vivendo, sulla quale cadiamo nei momenti difficili. Cosa accadrebbe se, alla fine del percorso, ci accorgessimo di non aver lasciato alcun segno sulla neve?
Sito web dell’autrice: https://danielaalibrandi.wordpress.com
Pagina Facebook dell’autrice: https://www.facebook.com/Daniela-Alibrandi-Autore-108488582556510
Sito web dedicato al libro: http://danielaalibrandi.wix.com/nessunsegnosullaneve#!home/mainPage
Pagina Facebook dedicata al libro: https://www.facebook.com/NESSUN-SEGNO-SULLA-NEVE-504029679694675/?fref=ts
PREMI E RICONOSCIMENTI DEL LIBRO
Il libro è stato presentato alla Fiera del Libro di Modena nel 2011, scelto dal Comune di Roma per un evento culturale dell’Estate Romana 2012 e presentato presso i giardini di Castel Sant’Angelo. Nel 2013 ha vinto l’ambito Premio Letterario Nazionale Circe 2013 ed è stato successivamente presentato alla Fiera del Libro di Roma Piùlibripiùliberi 2013. Il romanzo è in catalogo all’ Italian & European Bookshop di Londra ed è distribuito in Inghilterra dalla Abebooks. Pubblicato nel 2010 da Laboratorio Gutenberg Editore e inserito nella collana editoriale “Oltre la Città”, è stato recentemente rieditato dalla Edizioni Universo, che lo ha inserito nella collana editoriale “Crimini Innocenti” e lo ha reso disponibile all’estero nell’edizione inglese di “No Steps On The Snow”, di cui recentemente si sono occupati numerosi blog letterari americani. Sia in Italia che all’estero il romanzo è contrassegnato da recensioni a cinque stelle.
Il libro è ora disponibile nell’ultima pubblicazione di Universo Edizioni presso i più grandi store online (IBS, Libreria Universitaria etc…) e, dalla fine di gennaio 2016, sarà ordinabile presso tutte le librerie del territorio nazionale (ISBN 978-88-909634-2-1). Sin da ora si può anche richiedere direttamente alla casa editrice al seguente indirizzo mail:
Hans Tuzzi “La figlia più bella”, Bollati Boringhieri collana Varianti, euro 14,90.
È l’ultimo Melis, in ordine di tempo, e non potevo mancare l’appuntamento con il mio scrittore preferito, non solo come giallista. Presento quindi ai gentili lettori di Prosa e Poesia una mia recensione e il consiglio di non perdere questo nuovo caso dal titolo sibillino.
È ambientato nella grassa campagna intorno ad Abbiategrasso il cui etimo ce lo dipinge come luogo d’acqua lungo la linea dei Fontanili, a pochi chilometri da Milano. Il delitto ha il suo prologo con il corpo di una giovane donna rinvenuto in una roggia con evidenti segni di strangolamento. L’indagine viene affidata a Melis solo in un secondo momento perché non procede ma giace arenata nonostante si sia investigato in varie direzioni.
Siamo nel giugno del 1986 e anche chi non ha vissuto quegli anni può riconoscerli nel romanzo di Tuzzi che guida sapientemente e accompagna il lettore nel contesto delle vicende e dell’ambientazione che diventa via via familiare: piccoli tocchi magistrali, tra cui non manca la lingua locale, o riferimenti sul filo del tempo, episodi che identificano il periodo, i personaggi e la mentalità di un borgo ancora rurale, ma dove i guasti della società urbana sono presenti se non addirittura più evidenti seppure celati nel trionfo dell’apparenza esemplare, tema quest’ultimo caro all’Autore che più volte lo ha sviluppato nei suoi romanzi. Dopo l’omicidio i malavitosi di provincia sentono il pericolo legato alla figura di quel commissario venuto da Milano e anche coloro che hanno vizi e vizietti da celare sono all’erta e tra questi non mancano ricchi imprenditori e rampolli incapaci e ottusi. Melis in questo trambusto, inconsapevolmente procurato, si muove cauto e in tutte le direzioni, estraneo all’ambiente che pertanto studia con distacco e competenza sebbene l’inchiesta rimanga senza una svolta e senza nemmeno un indiziato.
Solo nell’ultima pagina la soluzione, quanto mai inattesa e imprevista. Lo snodarsi della vicenda nella sua indolenza senza sbocchi permette all’autore di soffermarsi di più sui vari indizi, le figure sospettate o sospettabili, compreso il filone di sesso e droga. Magistrale l’impianto come sempre. Non sono Augias ma mi permetto di unirmi al suo giudizio: “Attualmente il miglior autore di gialli di qualità”.
Non perdetevelo! E buona lettura a tutti.
E la giovane si disvela con tutta la sua ingenuità e dubbi e incongruenze nelle pagine dell’amico diario che solo la rende felice perché, a differenza del mondo esterno, non la giudica. Un periodo buio storicamente quello dell’adolescenza della protagonista: Piazza Fontana, Pinelli, Valpreda, storie oscure che si intessono con altrettanto oscure pagine della sua giovane vita: violenze subite che libera, ma nello stesso tempo vela a se stessa, sul diario dove scrive
una spugna intrisa nell’olio bollente ha cancellato dalla mia mente quella storia […] che si confonde e aggroviglia. E poi mi lascia la mente oppressa come fasciata da una malattia senza nome. ( in corsivo nel testo)
Un’esperienza che minerà profondamente la vita della protagonista e che sentiamo presente eppure celata nei racconti al diario
[…] “Perché Freud ha ragione: il nostro inconscio comunque non cancella le cose, le fa tornare a galla, le fa vivere con forza nella parte oscura dell’essere, da dove spuntano tenacemente e fanno male, e fanno sentire dolore, e mordono e divorano e distruggono”.
E la seguiamo nel suo cammino verso la maturità negli anni della contestazione studentesca e delle rivolte femministe: cambiamenti nella società che si ripropongono anche nella sua vita con la nascita di una figlia; e scopriamo il cattivo rapporto con se stessa, con gli affetti e le figure familiari, soprattutto con la madre, e la rottura definitiva con la famiglia che comunque la stringe e la richiama al dovere di figlia, non sentito. Pagine amare di esperienze difficili, di amori impossibili, sbagliati o respinti nella fatica di diventare adulta sempre tra certezze e indecisioni e soprattutto nel desiderio di potersi accettare finalmente: compito assaì difficile per chi vuol essere accolto non solo come donna, ma essere amata e non tradita come persona
Clara Cerri “Dodici posti dove non volevo andare” Lettere Animate 2014
L’Autrice si presenta e racconta ai lettori di Prosa e poesia il suo recente romanzo.
Mi chiamo Clara Cerri: sono nata a Roma e non sono così vecchia da essere in pensione, ma abbastanza da smettere di pensare a quello che farò da grande. Ho studiato troppo e troppo a lungo (lingue, storia antica, religioni) e ho tentato vari mestieri, dall’insegnante precaria alla wedding planner, passando per l’Enciclopedia Treccani e la vendita di spazi pubblicitari. Amo tutto quello che riguarda le parole ma anche quelle arti che delle parole possono fare a meno e che sfuggono con tenacia ai nostri tentativi di descriverli con esse. Nel mio libro, “Dodici posti dove non volevo andare”, edito da Lettere Animate, ho cominciato col parlare di musica, di come possa consolare oppure ossessionare la mente dell’uomo, e sono partita dal personaggio di William Denver, un cantante americano degli anni ’60, depresso e deluso, che decide di partire per Roma per prendersi una pausa e dimenticare il peggiore fallimento della sua vita. Da qui parte una sorta di saga famigliare sopra le righe, che vede come protagonisti prima William e Pietro Cerri, suo fratello Claudio e i suoi amici, poi Clara e infine Roy, un giovane parente americano che rappresenta l’energia e i sogni delle nuove generazioni. Tutti i personaggi di questa storia hanno in comune il desiderio di resistere alle difficoltà della vita, ognuno con le armi che ha a disposizione: con l’umorismo, col desiderio, con l’amicizia, con la passione per la propria arte. Qualcuno ha un segreto, qualcuno vede cose che nessun altro vede, tutti cercano di conservare i propri ricordi, di trovare il senso di una vita che non è mai come la si voleva, che nessun miracolo potrebbe rimettere a posto, o almeno, nessuno che non sia il paziente riannodarsi degli affetti. Ognuna di queste storie tocca un nervo scoperto, in me che le ho scritte e, spero, in quelli che le leggeranno.
“Ciao zia, sono Roy, c’è Clara con quel signore americano. Io mi riprendo la bici nel portone e vado… sì, giovedì a pranzo va bene, ciao!”
Aprì il portone e ci fece entrare, guardò in terra e rimase sull’italiano, segno che aveva qualcosa da dire solo a me: “Volevo dare una cosa anche a te, prima che ci salutiamo”.
Tirò fuori l’album dalla sacca e mi mostrò uno schizzo.
Un grosso ramo di pino schiantato sotto il peso della neve dell’inverno scorso, caduto giù dal muro che contiene la collinetta di un parco. Cadendo ha sfondato la ringhiera e il moncone ha scavato una traccia curva nel muro, come il graffio di un artiglio morente, ed è rimasto col capo crollato e il fusto scheggiato verso l’alto, alla fine della sua zampata felina.
“È bello”
“Ho pensato che è una specie di ritratto tuo, allora te lo regalo”.
Ah, ecco, pensai. Tu sì che sai parlare alle donne, cuginetto per parte del cavolo. Però intanto l’avevo preso, l’avevo ringraziato e mi ero pure commossa.
“Se mi faccio i capelli verdi mi somiglia”.
Scoppiò a ridere e rimise l’album nella sacca. “Devi appenderlo in un posto con poca luce. Non davanti alle finestre, cioè”
“Bene, neanch’io mi metto alla luce. Non è più il caso”.
Gli si spense il sorriso subito, da farmi sentire in colpa.
“Non lo dire nemmeno per scherzo”
“Ok”, sorrisi. “Non l’ho detto”
“Basta trovare la luce giusta, come per tutto”
“Se lo dice lei, Maestro…“
A quel punto mi abbracciò sul serio, mi inzaccherò di sudore e di cenere vulcanica e mi sussurrò all’orecchio: “Il tatuaggio sul culo è il rettangolo della sezione aurea…”, risvegliandomi a tradimento un lungo tratto di budella dimenticate.
“Vado, ho un sacco di lavoro da fare in studio. Clara, stasera ti mando il racconto, così lo guardi e lo inoltri a Victor. Victor, it was such a pleasure to meet you, I must be going“, si strinsero la mano, Roy portò la bicicletta in strada, la inforcò con un gesto di bye bye e partì.
Questi sono i link dove potete acquistare e scaricare il mio ebook:
Amazon: http://www.amazon.it/Dodici-posti-dove-volevo-andare-ebook/dp/B00JIMKLUK
Bookrepublic: https://www.bookrepublic.it/book/9788868821081-dodici-posti-dove-non-volevo-andare/
IBS: http://www.ibs.it/ebook/Cerri-Clara/Dodici-posti-dove/9788868821081.html
Google play: https://play.google.com/store/books/details/Clara_Cerri_Dodici_posti_dove_non_volevo_andare?id=FRRHAwAAQBAJ
Presto il mio libro sarà disponibile anche in cartaceo, mediante un servizio di print-on-demand.
Alcune recensioni:
http://www.liberarti.com/schede.cfm?id=4822&dodici_posti_dove_non_volevo_andare_di_clara_cerri
http://enricogiammarco.com/2014/07/15/clara-cerri-intervista/
Proponiamo volentieri ai nostri lettori la presentazione di Lorenzo Puccinelli Sannini del suo ultimo romanzo “Antiope. Una storia d’amore” Ibiskos Editrice Risolo, 2014
Forse sono uno scrittore un po’ atipico, se non altro perché ho iniziato a scrivere a 65 anni quando sono andato in pensione. Prima ho lavorato per più di 35 anni nell’ambito della industria farmaceutica internazionale. Ho iniziato grazie all’esortazione di mia moglie che, preoccupata di avermi sempre fra i piedi, dopo una vita in cui tornavo a casa solo i fine settimana e non sempre, mi disse: “perché non ti metti a scrivere? al liceo eri sempre il migliore in italiano”.
Alquanto scettico, ma consapevole che a una moglie non si può dire di no, mi sono messo a frequentare assiduamente biblioteche e archivi di stato e da queste ricerche è nato il mio primo libro, mezzo saggio e mezzo romanzo storico, intitolato “La Villa. Una famiglia toscana tra cronaca e storia”. Mi spiace che non lo possiate leggere poiché l’editore Maria Pacini Fazi di Lucca, dopo aver esaurito le prime 400 copie, si è rifiutata di effettuare una ristampa. Lo potrete trovare solo presso la Biblioteca Statale di Lucca e quelle di Pescia e Viareggio.
Con quest’opera arrivai fra i finalisti al premio “Carver” per la saggistica ed ebbero così inizio i miei modesti successi letterari: “Il primo bacio”, primo classificato al premio nazionale “Ibiskos”, “L’ultimo alunno”, terzo al premio nazionale Inediti per le Edizioni Stravagario, “Il paese degli arcobaleni”, nessun premio, ma secondo i lettori uno dei miei romanzi migliori, ed infine “Antiope.Una storia d’amore” che ha visto la luce nel settembre dell’anno scorso classificandosi fra i finalisti sempre del premio Ibiskos.
Di tutte queste pubblicazioni sono attualmente disponibili solo i romanzi: Il primo bacio e Antiope, reperibili, dietro ordinazione, in tutte le librerie nazionali e, forse più rapidamente, sulle librerie on-line (Amazon, Libreria Universitaria, IBS, Webster, Feltrinelli, Mondadori ecc.) inserendo il titolo oppure il mio nome e cognome.
Oltre allo scrivere, l’altra mia passione è la storia e sono socio dell’Istituto Storico Lucchese: chi fosse interessato troverà i miei tre saggi storici presso la Biblioteca Statale di Lucca e quella di Pescia.
Ma veniamo ora all’ultimo romanzo “Antiope. Una storia d’amore”.
Antiope, la protagonista, è una femmina di pastore tedesco, acquistata cucciola da una famiglia senese perché facesse compagnia al figlio più piccolo e anche, una volta cresciuta, da guardia all’abitazione.
Perché un cane come protagonista di un libro? La risposta è scontata: perché io ho sempre amato gli animali in genere ed i cani in particolare. Ho sempre avuto almeno un cane al mio fianco, fin da bambino, e credo di aver davvero imparato a conoscerli. È grazie a questa lunga consuetudine con coloro che sono definiti i migliori amici dell’uomo, che ho sentito il bisogno di scrivere la storia di Antiope. Ai cani la letteratura internazionale ha dedicato migliaia di pagine, credo però che il mio romanzo sia un po’ particolare. Innanzi tutto perché è scritto a 4 mani o forse sarebbe meglio dire a 2 mani e 2 zampe, visto che Antiope si racconta in prima persona, e poi perché, sempre Antiope ci comunica la sua grande scoperta: come poter fare per comprendere il pensiero degli esseri umani e così anticiparne le azioni.
Credetemi; questa capacità che hanno i nostri cani e che ho chiaramente esposto nel contesto della storia, non è una mia invenzione. Che loro, in particolare quando fra cane e padrone si instaura un rapporto di lunga durata e di profondo reciproco affetto, siano in grado di captare particolari vibrazioni emotive da noi emesse, è una realtà a cui credo fermamente e che forse un giorno verrà dimostrata scientificamente. Un esempio lampante lo potrete trovare nell’episodio, vero perché da me vissuto personalmente con uno dei miei cani, di Antiope cucciola che sta accoccolata sulle ginocchia del suo padre adottivo intento a guardare la televisione. Penso, tuttavia, che molti amanti dei cani, abbiano per lo meno intuito l’esistenza di questa connessione psichica che si instaura fra l’uomo e l’animale.
Per incoraggiarvi a leggere le circa 100 pagine di questo piccolo romanzo, ne riporto alcuni brevissimi stralci (Antiope ed i suoi amici cani scrivono in corsivo, l’io narrante e gli umani in stampatello).
“Chi è là!? Chi si nasconde nel varco della rete?”
Per un attimo rimasi interdetta: se vedeva il buco nella rete come mai io gli risultavo invisibile? Comunque risposi con il tono più cortese possibile:
“Sono la cagnetta dei tuoi vicini di casa. Non volevo disturbarti ma avendo visto il varco nella recinzione mi ha assalita un’improvvisa curiosità di vedere cosa ci fosse oltre la siepe: scusami ancora, me ne vado subito.”
“Ma neanche per idea;” disse il grosso cane “una volta tanto che trovo un mio simile disposto a fare una chiacchierata non me lo lascio certo sfuggire: con le galline non c’è proprio dialogo. Attraversa quindi il buco della rete e vieni ad accucciarti accanto a me che parliamo un po’.”
Ad un tratto Giacomo sollevò gli occhi dal libro e disse ad alta voce:
<<Non possiamo chiamare sempre la canina Antiope, è un nome troppo impegnativo, dobbiamo trovarle un soprannome.>> Madre e sorella lo guardarono perplesse, mentre Antiope che aveva capito subito che stavano parlando di lei, rizzò il muso.
<<Scommetto>> disse ironicamente Cristina <<che mentre stavi studiando con impegno ti è venuto improvvisamente in testa il soprannome adatto, o sbaglio?>>
<<No, no mamma, stavo studiando sul serio, però è anche vero che forse il nomignolo giusto l’avrei trovato, ci ho pensato per tutta la mattina a scuola.>>
<<Bravo! E pensare che io ero convinta che a scuola tu ci andassi per seguire le lezioni. Comunque sentiamo: quale sarebbe questo soprannome?>>
<<Avrei pensato a Tippy>> rispose speranzoso Giacomo.
Le due donne ci pensarono su un attimo e poi dissero quasi all’unisono:
<< Tippy? E perché no; suona bene.>>
Ma papà cosa stai cercando di dire con le tue vibrazioni. No, non devi pensare ciò che sento. Questi pensieri non possono essere i tuoi. A casa hai una famiglia che ti ama e sta aspettando il tuo ritorno. E poi ci sono io, lo so che sono solo un cane acquistato in un allevamento, ma so anche che mi sei affezionato e sai che io ti voglio bene come se tu fossi il mio vero papà e che probabilmente morirei senza di te.
No, papà, no, non lo fare, ti prego non lo fare!
Chiudo questa presentazione augurandovi buona lettura e colgo l’occasione per ricordarvi che ho ceduto totalmente i miei diritti d’autore alla Lega Nazionale per la Difesa del Cane per cui, acquistando il libro, fate anche una buona azione nei confronti dei nostri amici a quattro zampe.
Cordialmente.
Lorenzo Puccinelli Sannini
Elio Voltan è un giallista. Con “Delitto alla Banca Nazionale del credito” ha vinto il premio della giuria al Concorso internazionale “Città di Salò” e “Con Riccardo Nassi e il caso Orlandi” il premio della giuria al Concorso Europeo di Arti Letterarie. Tra i più recenti “Tamara Rampanti. Per una vita da escort” e in ordine di tempo, nell’Ottobre 2014, “Il dottor Franco Cerri. Morti sospette in nosocomio” che presenta in questa pagina con la recensione tratta da Bottega Editoriale:
Elio Voltan “Il dottor Franco Cerri. Morti sospette in nosocomio“, Europa Edizioni (Roma)
“Un testo ‘Giallo’ dal doppio carattere, una storia dentro la storia. La vicenda iniziale è quella del romanzo di formazione, contrassegnata dalla vita e dal percorso evolutivo del protagonista. Nella seconda parte del testo si assiste al vero svilupparsi della vicenda, con una trama dai risvolti inaspettati e coinvolgenti. Il linguaggio è accurato, la lettura è scorrevole e il lettore è affascinato dal susseguirsi degli eventi.”
Il Dio denaro, la corruzione poi, la fanno ancora una volta da padrone.
Flavia Cantini presenta il suo romanzo “Esiliato sulla terra“, David and Matthaus Edizioni, 2014
Sono Flavia Cantini, classe 1987. Ho sempre avuto due grandi passioni: la scrittura e il mondo dell’audiovisivo. Che io ricordi, le prime favolette le scrivevo già al’età di sei anni e non ho mai lasciato passare troppo tempo senza scrivere qualcosa. Attualmente ho quattro romanzi pubblicati tra cui “Esiliato sulla Terra”, ultimo in ordine di pubblicazione. Coltivo in parallelo le mie due passioni: mi sono laureata al Dams Cinema, diplomata in Regia e sono operatore di ripresa e montatore video. Sono creativa, fantasiosa, con la testa tra le nuvole: quando mi rapisce l’ispirazione sento una profonda urgenza dentro di me, di scrivere, di dare vita a quella precisa situazione e a quei determinati personaggi che, altrimenti, non vedrebbero mai la luce. Il Fantasy è un genere che prediligo da lettrice e da spettatrice: amo fantasticare, vivere in un mio mondo, mi piace evadere dalla realtà e, sotto questo profilo, trovo che il fantasy sia il genere più adatto anche se ora mi sto cimentando nella scrittura di un romanzo drammatico.
Qui presento proprio il mio ultimo romanzo “Esiliato sulla Terra”, edito da David and Matthaus Edizioni nell’Aprile 2014; è un fantasy ma, come tengo a precisare, è atipico: non ci troviamo infatti dinanzi a un puro fantasy con tutti gli elementi specifici di questo particolare genere letterario ma, in questo caso, la cornice fantasy, il ragazzo venuto da un altro pianeta quasi fiabesco, la magia, servono a raccontare aspetti psicologici e sociali. Vado così, in 111 scorrevoli pagine, a indagare tematiche quali la solitudine, il senso di smarrimento, l’emarginazione, il “diverso”, problematiche sociali attuali quali lo sfruttamento del lavoro in nero, la violenza fisica e verbale, una società troppo di corsa e attaccata al denaro, la povertà. Possiamo vedere, attraverso gli occhi del protagonista venuto da un altro mondo, diametralmente opposto alla Terra, i mali che affliggono l’attuale società per giungere a sane riflessioni. Un difficile destino attende Aeron, l’elfico protagonista che vive su Crono, idilliaco pianeta “oltre le nebbie siderali”. Chiamato dai propri dei a essere Re, dovrà subire una prova alquanto temibile: l’esilio su un pianeta sconosciuto per un tempo imprecisato. Ed è qui che entra in gioco la Terra: sarà infatti scelta come luogo per l’esilio. E, allora, ecco che Aeron si scontrerà con la società terrestre. ”Esiliato sulla Terra” è un romanzo fantasy che unisce elementi fantastici a tematiche psicologiche ed emozionali, che porta in sé la metafora del “prima, durante e dopo”, una delle innumerevoli prove che la vita ci pone dinanzi ogni giorno (da un semplice esame all’università a prove ben più difficili e dolorose, come ad esempio una malattia), l’angoscia e il tormento del “prima”, la sofferenza del “durante” e il sollievo e il premio del “dopo”. Una parabola ascendente, un percorso di crescita attraverso l’umiliazione e l’annullamento di se stessi per arrivare a “occupare il proprio posto nel mondo”. Il lieto fine? Leggete il romanzo per saperlo!
È possibile seguirmi tramite il sito www.flaviacantini.it dove troverete tutti i miei contatti social. Segnalo la pagina Facebook: Flavia Cantini Filmaker e Scrittrice.
Presentiamo con piacere il thriller di Francesca Rossini
Phoenix –Operazione Parrot edito da Lettere Animate
attraverso le parole dell’Autrice
Sono Francesca Rossini, un’insegnante di 37 anni, che da sempre vive e convive con la grande passione per la lettura. Gestisco le rubriche ‘dalla bozza al romanzo’ ed ‘eserciziando’ sul blog ‘il momento di scrivere’. Volevo proporvi il mio thriller Phoenix Operazione Parrot edito da Lettere Animate.
1983. Un affascinante ed enigmatico agente dell’intelligence americana: Clay Nathan Hobbs, nome in codice Blue Shadow, coinvolge l’infermiera Leila Lane in una rocambolesca avventura in Europa sulle tracce di un agente del kgb, Egor Vinogradov, che ha un grosso conto in sospeso con lui. La comparsa in scena di una terza donna, l’agente segreto Rebecca Doyle, complicherà i rapporti tra i protagonisti. Il terzetto dovrà tenere a bada i sentimenti per sventare un complotto ideato dallo spionaggio sovietico e la minaccia di un conflitto atomico.
Un romanzo in cui l’azione fa da protagonista insieme ai sentimenti.
Sono a disposizione per qualsiasi domanda vorrete pormi al riguardo.
Qui troverete alcune recensioni
Su prosaepoesia.net la pagina Lettori e scrittori aggiorna e approfondisce, attraverso le parole dell’autrice Francesca Rossini, le notizie sul suo thriller Phoenix –Operazione Parrot edito da Lettere Animate
Come è nato Phoenix ? Quali strategie per l’ambientazione? E i protagonisti?
A proposito di Phoenix… Un romanzo sotto la lente d’ingrandimento.
Eccomi qui a raccontarvi del mio libro, non è mai facile spiegare quel che si prova a parlare dei personaggi che sono usciti in forma grezza dalla propria mente, si sono visti plasmare e crescere di giorno in giorno, man mano che le idee assumevano la forma scritta.
Oggi, in questo spazio concessomi, vorrei cercare di parlarvi un po’ più approfonditamente del mio lavoro.
Phoenix è nato in una condizione particolare, durante i mesi di una gravidanza costretta a letto. “E hai scritto un thriller?” Direte voi. Beh, sì, è un po’ atipico se raffrontato al periodo della gravidanza, chiamato ‘dolce attesa’, in cui si dovrebbe pensare a cose delicate, tranquille e dolci, ma che devo dirvi? è nato per caso e da subito è vissuto di vita propria. Spesso mi sentivo addirittura spettatrice più che creatrice, quando mi svegliavo nel cuore della notte con un’idea, quando nel bel mezzo di qualsiasi cosa correvo al mio taccuino a riportare stralci di dialoghi, che vedevo proiettati nella mia mente come in un film.
L’ambientazione è quella della guerra fredda, negli anni ottanta. Intrighi internazionali, complotti, armi sperimentali, sono le minacce cui i personaggi si trovano a combattere in questa avventura. I luoghi sono molteplici: si parte da Washington, sede centrale della CIA, per passare al gelo dei monti Appalachi, per poi volare in Svizzera, sulle tracce di un agente del Kgb e infine nella Germania est del regime, dritti nella prigione della Stasi. Tra torture psicologiche e fisiche, in un continuo muoversi delle scene, sempre alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. Ma senza tralasciare l’interazione tra i personaggi, vero nodo centrale della storia.
I dialoghi sono la cosa che mi ha divertito di più. I battibecchi e le liti tra i protagonisti, le incomprensioni, i pensieri intrecciati di come ognuno di loro vede la stessa realtà, è un qualcosa su cui ho lavorato molto, ma mi ha dato la maggiore soddisfazione in termini di riuscita.
Il periodo storico e l’ambientazione geografica mi hanno fatto invece veramente penare. Ho studiato e studiato, letto tutto quel che mi capitava a tiro, che fosse correlato: Per la parte geografica ho consultato mappe satellitari, guide turistiche e scocciato chiunque avesse visitato quei posti (soprattutto per la parte negli Stati Uniti). Per la prigione della Stasi ho letto ogni documento, ho studiato la piantina e letto ogni testimonianza di chi vi è stato imprigionato. Il risultato è abbastanza veritiero seppur intriso di elementi amplificati o creati da me, adatti ad una storia di fantasia. Ho infatti deciso di lasciare tutte le informazioni da sfondo. È un romanzo d’intrattenimento, non volevo rischiare di annoiare il lettore. L’azione e la storia in sé devono far da padroni, questo è stato il mio motto.
Ma veniamo a loro, i protagonisti, Clay Nathan Hobbs e Leila Lane. La loro personalità è al centro della storia, assieme all’azione, che senza sosta accompagna tutta la vicenda, che si svolge in un arco di tempo relativamente breve, un mese circa in tutto. Clay, nome in codice Blue shadow (e anche qui il doppio nome nasconde un significato che verrà svelato nel romanzo), è un agente del ramo segreto della CIA, affascinante ed enigmatico, non mostra agli altri la minima presenza di emozioni. Ma nasconde un passato doloroso, che lo tormenta nei sogni e viene fuori prepotentemente attraverso ossessioni e tic che lo caratterizzano. Come quello di mettere tutto in ordine, catalogato secondo un preciso criterio, che siano le matite in una scrivania o i bagnoschiuma nella mensola della doccia. È un uomo che vive per il suo lavoro, che usa le donne come divertimento, pur avendo una relazione fissa da nove anni, che non ha paura di mettere a rischio la propria vita, forse perché non ci tiene poi così tanto. È un uomo che inizialmente può suscitare antipatia, in cui non è semplice identificarsi, ma che piano, piano mostrerà sfaccettature impreviste del suo essere. Questo soprattutto grazie all’incontro- scontro con Leila, infermiera, mamma single, nonché informatrice per la Cia. Leila è una donna allegra, un po’ pasticciona, ma forte e con l’animo buono e altruista. Cresce suo figlio da sola e anche i due di sua sorella, che dopo l’ennesimo divorzio si è trasferita da lei, senza la minima capacità di contribuire alla buona riuscita dell’andamento familiare.
Leila è una donna caparbia, che se la prende facilmente, ma facilmente perdona. Ha un sogno improbabile: quello di diventare un agente, ha fatto domanda per il corso di addestramento, ma è stata rifiutata, così per ora si accontenta di fare l’informatrice. Si trova ad aiutare Clay per caso, ma subito coglie al volo l’occasione per vivere quell’avventura e lo segue in Europa, anche se non voluta.
Clay considera Leila un peso, è attratto dalla sua bellezza ma odia la sua ‘normalità’, inoltre considera il fatto che abbia un figlio un valico insuperabile persino per una flirt di breve durata. Leila invece pensa che Clay sia davvero pazzo e ne ha spesso paura, anche se a mano a mano imparerà a conoscerlo davvero, creando crepe sempre più profonde nel guscio che lui si è costruito.
A complicare le cose, l’arrivo di Rebecca, eterna compagna di Clay, agente anche lei, bellissima e sfacciata, accetta il rapporto libero con Hobbs, ma scoprirà presto cosa significa essere gelosi.
Credo di avervi detto a grandi linee come è stata costruita la mia storia, aspetto vostre domande. Cercherò di rispondere ad ogni vostra curiosità.
Pubblichiamo volentieri le recensioni che Patrizio Pacioni ci ha inviato relative al suo ultimo lavoro: Patrizio Pacioni – Dalia di Prima Fiabacadabra2, Melino Nerella Edizioni, 2014.
Patrizio Pacioni, blogger, drammaturgo, conosciuto e apprezzato narratore di storie drammatiche, spinto dal desiderio di mettersi in gioco nell’esplorazione di percorsi letterari per lui inconsueti, con l’ultima uscita si avventura nel mondo delle Fiabe.
Gli spunti proposti nel libro sono di difesa dei valori più autentici e di denuncia sociale: una vera e propria “discesa in campo” in favore della purezza dei sentimenti, della forza rivoluzionaria dell’amore e della solidarietà, dell’accettazione del diverso.
Un’autentica sfida in questa era digitale in cui bambini e ragazzi vengono catapultati dai media nella suggestione “successo facile”, ignorando a volte quale sia l’importanza dell’impegno e dell’applicazione per affrontare nel migliore dei modi l’arduo percorso del miglioramento personale e sociale.
La proposta didattica, fruibile anche a un pubblico di prima età scolare, risulta efficace sorgente di spunti di riflessione e approfondimento.
Fiabacadabra è una silloge narrativa articolata su tre corpose storie fantastiche, tessute per mezzo di una scrittura pensata per agevolare la lettura ad alta voce guidata da formatori,educatori,insegnati e genitori.; ma anche strutturata, nell’articolazione delle trame, in modo da appassionare lettori di ogni età.
Una fuga nel mondo fantastico delle fiabe senza perdere mai di vista squarci significativi e suggestivi della realtà di ogni giorno.
“FiAbacadabra2” di Patrizio Pacioni e Dalia Di Prima:
Una strana coppia tra musica e scrittura
Narratore di storie drammatiche e spesso oscure (con predilezione per le atmosfere giallo-noir), drammaturgo (con una pièce in cartellone nella stagione del Teatro Stabile di Brescia), nonché attivissimo divulgatore e blogger, Patrizio Pacioni, rilancia la sfida delle fiabe.
Dopo solo sei mesi dall’uscita di FiAbacadabra, presentata al Salone del Libro di Torino e confortata da un buon riscontro commerciale e di critica, ancora per le stampe di Melino Nerella Edizioni, è infatti stato presentato al Festival della cultura per i ragazzi VolaLibro che si è tenuto a Noto, l’arrivo di FiAbacadabra 2.
A firmare il nuovo lavoro, una raccolta di fiabe-filastrocche risultante dallo studio e dalla rivisitazione in chiave moderna delle tradizioni di genere dei cinque continenti, sarà il giovane talento della musica Dalia Di Prima, scoperta e fatta conoscere dal grande pubblico nazionale attraverso il talent show Mediaset “Io canto”.
Oltre a curare le illustrazioni del libro, la cantante nissena è anche autrice di una delle storie narrate.
I libri possono essere acquistati on line sul sito dell’editore:
http://www.melinonerella.it/shop/books/274/fiabacadabra/ per FiAbacadabra(14 €)
http://www.melinonerella.it/shop/books/407/fiabacadabra-2/ perFiAbacadabra2 (10€)
oppure ordinati (tempo di consegna circa una settimana) presso le librerie Feltrinelli.
Chi volesse rivolgere domande all’Autore può farlo scrivendo nell’apposito spazio inviando la propria richiesta alla Redazione.
Il Trio dell’arciduca
Su Panorama, la pagina online della cultura inserisce al secondo posto tra i primi 10 libri più belli del 2014, il recente giallo di Hans Tuzzi, “Il Trio dell’arciduca”.
Ecco la mia recensione:
Il nuovo giallo di Tuzzi “Il Trio dell’arciduca” è davvero entusiasmante e non è un Melis.
Non può essere definito nemmeno un giallo o un poliziesco, ma sarebbe preferibile collocarlo o etichettarlo (e non sempre è possibile con i romanzi del versatile autore) tra quelli di spionaggio mentre la vicenda, cui fa da sfondo una pagina di storia realmente accaduta, svela retroscena e accredita interpretazioni ascrivibili tra le più approfondite analisi sugli scenari che precedettero la grande guerra.
Gli affezionati dell’ispettore di polizia milanese non resteranno comunque delusi, anzi. troveranno un valido interprete in Neron Vukcic agente segreto giovanissimo, eccentrico nel vestire e buongustaio oltre che eccezionale mangiatore. Abbandonata la Milano degli anni ottanta Tuzzi ambienta in modo mirabile e raffinato la vicenda nel nuovo scenario, altrettanto brumoso ma impalpabile, della cosmopolita Trieste, porto commerciale dell’Impero austro ungarico dei primi anni del Novecento, alcuni mesi prima dello scoppio della grande guerra. ll lettore seguirà poi il giovane Neron nella vecchia Costantinopoli non ancora detta ufficialmente Istanbul muovendosi dentro percorsi che gli permetteranno di riviverne le mosse nei tempi, nei luoghi e nei mezzi utilizzati per gli spostamenti, tanto sono ben studiai e collocati nel tempo. Un testo di spionaggio storico ben congegnato e dalla perfetta architettura che aggiunge valore alla già raffinata abilità del nostro romanziere. Tuzzi ha saputo creare un nuovo personaggio che rivive e si muove nell’atmosfera del tempo riprodotta da una prosa sapiente e ben dosata che, come su un palcoscenico, propone lo spirito del periodo carico di tensioni, di intrighi, di lotte intestine dentro e fuori il fragile colosso dai piedi d’argilla che era l’impero austro ungarico e le lotte tra le etnie di quel crogiolo che da sempre sono stati i Balcani. Esce, quando si dice il caso, proprio in ricorrenza del centenario dello scoppio del conflitto e quando ancora una volta le rivalità etniche risuonano nuovamente in quell’area che ancora non pare abbia trovato una propria identità.
Grazie Tuzzi, mi auguro che sia solo l’inizio di una lunga serie.
Tuzzi ci sorprende ancora
Dopo il successo del recente spy-story “Il Trio dell’Arciduca” Tuzzi ritorna con Slow Food Editore, che nella Piccola biblioteca di cucina letteraria pubblica “zaff&rano e altre spezie” (costituito, come ogni altro titolo di questa raffinata collana, di tre parti: la prima, che dà il titolo all’opera, quindi “Lo zafferano” e “Ricette”). Sono sessanta pagine di sapori e ricordi riemersi dall’infanzia “che ritorna e ritorna, come un rimpianto, come un rimorso” in un fluire senza tempo, indistinto e miscelato a odori, sapori e a quel senso di rammarico e cruccio nel cuore perché “come possono, i bambini, sopravvivere alla loro infanzia?” Detto così potrebbe ingannare, ma Tuzzi sa sempre sorprenderci non solo con la sua scrittura elegante e raffinata, ma per la leggerezza e nello stesso momento per lo spessore coinvolgente e sotteso. E così spezie e ingredienti e personaggi e fantasie che quell’io bambino rifonde convinto di ricordare, si mescolano in una nuova pietanza condita dalla trappola della memoria “ che crede di inoltrarsi nel passato quando invece lo ricrea”. “Ricordare è mentire” aggiunge più avanti, come corollario ad un percorso sopraffino. Parole, immagini, profumi e sapori di un’altra infanzia, quella del lettore che beve dal calice dell’ambrosia perduta, vi si sovrappongono in un emozionante ritrovarsi, in un cerchio che si chiude nel lirico finale.
Nelle poche pagine più tecniche dedicate allo zafferano, se ne ripercorre la storia e si spiega che Slow Food è promotore di tre tutele, una nazionale e due internazionali, per il fiore di zafferano e contro le contraffazioni.
Non perdetevi questa chicca e non perdetevi le ricette!
Per saperne di più su Slow Food: http://www.slowfood.it/