L’Enigma – Atto primo – 3/4

“Ho la testa scombussolata, come se vivessi un sogno, mi sembra di guardarmi dall’esterno e mi vedo qui seduto su questa panchina verde con quest’energumeno che mi guarda dall’alto del suo piedistallo, truce. E io qui immobile in quest’aria immota a fissare il vuoto, il niente. Dipenderà da me questa situazione? Dal mio cervello che improvvisamente s’è guastato? Magari qui è tutto normale, c’è gente e luce e colori e rumori, sono io che in questo momento non riesco a registrarli… Mi si sono addormentati i sensi? Sto forse morendo o sono già morto? Un incidente con il taxi… Di sicuro e questa piazza è una specie di terra di nessuno, laggiù non c’è il mare ma l’Acheronte! E il nocchiere della livida palude forse già mi attende… Eppure il treno, già… Ho sentito il treno passare laggiù. All’inferno c’è il treno? Mai sentita questa cosa. Forse la mia bolla di sapone s’è rotta! O si sta rompendo adesso. Se non si è ancora rotta non sono ancora morto. E allora? Cosa mi accade? Se tutto ciò è reale allora ho perso il controllo del mio mondo, della mia bolla di sapone, la mia conoscenza mi sta tradendo. E la realtà? La mia realtà dov’è finita? Se solo tutto ciò fosse un sogno allora tutto potrebbe essere… No! Non è possibile. Se mi tocco mi sento…”

Prova a toccarsi gli avambracci e le cosce, dubbioso come se davvero non sentisse niente.

“Ho le membra pesanti e non riesco a muovermi come se avessi dei pesi legati ai piedi che mi tengono inchiodato su questa poltrona… Panchina… Macigno o che altro? Eppure poco fa o un secolo fa, un trenino sbuffante da laggiù, dal mare, è passato fischiando… Fio… Fio… Fiiii…”

Si gira lentissimamente verso il fondo, solo collo e testa e il braccio destro ad indicare il mare e la torre rossa, poi torna a guardare il pubblico, parla lentamente come può parlare un uomo nel sonno o sotto l’effetto di una qualche droga, oppure ubriaco fradicio e con la lingua impastata.

“Con le bandiere sulla torre che sventolano… E non c’è un filo d’aria… Non un rumore, nemmeno il batter d’ali d’un piccione. Se ascolto posso sentire solo il mio cuore battere come impazzito” – si mette la destra sul cuore- “ma non è per paura, non so perché, non so più nemmeno perché son qui in questa piazza, in questa città… Che ci sono venuto a fare? Eppure se ci sono venuto ci dev’essere un motivo… Cosa dovevo fare qui? Sono forse venuto a morire? Se son venuto dovevo avere una commissione da fare… Un compito… Forse, forse… Ma mi sento invece come se dovessi partire… Eppure sono stanchissimo… Una fiacca mortale, devo partire ma il mio corpo non si vuol muovere, anzi le mie membra chiedono che mi stenda un poco… Poi devo partire… Ma devo stendermi… Pochi minuti e…”

Borbottando frasi sconnesse si sdraia sulla panchina con la testa poggiata sulla sua sacca, intanto le luci si spengono e di nuovo l’atmosfera è quella di prima, dopo due tre minuti di melodiosi giri onirici di violino si rimette seduto di scatto e guarda quei biglietti che ancora tiene stretti in una mano, poi ne sceglie uno e lo fissa.

“Agenzia Fotografica AFA, Piazza Beccaria n. 66 — agente Albren Joshua. Ecco! Ricordo!” – battendosi con forza il palmo della mano sulla fronte – “Io sono un fotografo e devo consegnare un lavoro, ottime foto, sono un professionista molto apprezzato… Già, ci siamo incontrati a Roma e… Certo certo e qui nella borsa ho le foto. Sono venuto per consegnarle e per incassare il loro prezzo. Già definito, già tutto pattuito… Ricordo bene tutto adesso. Devo cercare il numero 66, non sarà difficile. Quando poi mi ha pagato me ne torno a casa e questa piazza strana, sì strana strana. Bisogna pur ammetterlo, diventerà solo un ricordo. Un ricordo come tanti altri: ne ho di ricordi, potrei scrivere due libri di memorie se sapessi scrivere! Comunque animo, via da questo sortilegio… Fuori da questa magia… In fuga da questo sogno. Per Dio. Via queste catene, queste pastoie. Quest’ammiraglio, sicuramente un negriero, era abituato a tenere gli schiavi in catene nelle stive puzzolenti delle sue navi, tra il vomito e la loro stessa cacca… Ne sono sicuro, e non ha ancora perso il vizio… Ma io…”

 

Fiorenzo Corsali

L’Enigma – Atto primo – 3/4 ultima modifica: 2012-01-20T09:45:07+01:00 da Fiorenzo Corsali

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