Le mani

Ah, gli scrittori. Nessuno sa abbandonarsi all’estasi del momento come loro.

Vi è mai capitato di venire assorbiti da un’occupazione piacevole al punto da perdere totalmente la percezione della realtà? Ebbene, qualsiasi vostra esperienza del genere non raggiunge un millesimo del livello di estraniamento a cui uno scrittore può arrivare durante l’atto creativo. Per aiutarvi a comprendere l’entità della cosa vi invito, appena avrete finito di leggere queste brevi righe, a cercare uno scrittore e pestargli un piede mentre è all’opera: dieci a zero che prima concluderà ciò che stava scrivendo, magari arricchendolo di nuove sfumature emotive ispirate dal dolore inconsciamente percepito, e forse poi si accorgerà della violenza perpetratagli.

Nel caso non aveste la fortuna di avere uno scrittore a portata di mano o vi mancasse la voglia di sentire le sue rimostranze a seguito dell’esperimento, cercherò di darvi ugualmente un’idea di ciò che intendo raccontandovi una storia che mi ha sempre fatto sorridere.

“Scrivania, schermo, tastiera” scrisse il ragazzo battendo rapidamente sui tasti del portatile. Com’era sua abitudine, aveva incominciato a scrivere senza alcuna idea di partenza, lasciando semplicemente che le parole scorressero così come l’estro gliele suggeriva. “La luce della lampada ritaglia nella penombra della stanza un soffuso cono di luce, bianco riflettore che proietta sulle mie mani un cerchio brillante entro cui esse eseguono la frenetica danza della scrittura: con grazia e agilità calcano quel palcoscenico fatto di lettere, numeri e interpunzioni in un turbinio di dita flessuose. ”

Si fermò un attimo, rapito da quanto aveva scritto. Rileggendo, si rese conto che non aveva mai notato quanto le sue mani fossero belle nell’atto di scrivere. Un entusiasmo del tutto nuovo lo pervase, e riprese più eccitato che mai.

“Scrivo per il puro piacere di vederle danzare per me. Nulla al mondo mi farebbe perdere il loro spettacolo; se anche la natura non ci avesse legati indissolubilmente a livello fisico, scalerei le montagne pur di assistere alle meraviglie che ogni giorno offrono all’occhio di chi le sa guardare.”

Si interruppe per la seconda volta. Un pensiero gli percorse la mente, e in un lampo l’eccitazione si trasformò in rabbia.

“Non noi, le mani sono le vere autrici di ogni singolo prodotto umano” continuò il ragazzo con foga crescente, “ma quante sono le volte in cui ci soffermiamo a contemplare la bellezza del loro atto creativo? Siamo talmente annebbiati dalla visione del prodotto finito e così intenti ad arrogarcene tutti i meriti da non prestare minimamente attenzione alla meraviglia estetica del plasmare. A questo punto vi domando: cos’è a valere di più, l’opera compiuta o il processo di lenta trasformazione che la porta al suo splendore finale? Io la mia risposta l’ho data; ragion per cui continuo a scrivere. Non vorrei mai che le mie mani interrompessero la loro danza per colpa dell’insofferenza del pubblico.”

“Scrivere, scrivere, scrivere.” Il ragazzo batté queste parole con trasporto sempre maggiore. Via via che proseguiva, la sua esaltazione aumentava a dismisura. “Non mi importa cosa e come, purché non vi fermiate. E’ così bello e sensuale, il vostro volteggiare fine a se stesso: mi scuote le membra fino al cuore come il tuono di una saetta divina scagliata sulla terra. Mi sembra quasi di udirlo, il suo cupo rombo. Voglio sentirlo ancora,
continuate, continuate! Oh, voi non siete soltanto uno strumento… e se anche lo foste, agirei col solo scopo di vedervi disegnare quelle curve perfette e sinuose mentre toccate, accarezzate, date forma alla materia. Al diavolo il fine ultimo! Cos’è in confronto al fugace splendore che attimo dopo attimo voi sapete donare?”

A questo punto il ragazzo aveva raggiunto uno stato di febbricitante frenesia. Gli occhi sbarrati sembravano incapaci di distogliersi dalle mani, e un sorriso inquietante gli si era aperto lentamente in volto.

“Non smetterò mai di scrivere, mai i miei occhi si distoglieranno da voi.

Scrivere. SCRIVERE. ScRiVeRe.

Ah, quante sublimi varianti, quante impareggiabili sfumature sapete dare al medesimo passo di danza!

Oh, come godo all’ammirarvi! Il fiato si accorcia. Mi sento soffocare da tanta beltà. Intorno a me tutto si fa indistinto, la casa, la famiglia, la società… la vita. La mia indifferenza, in forma di fumo denso e impenetrabile, le cela ai miei occhi stanchi di vederle. Il fuoco di passione che mi accarezza la pelle niente illumina se non voi, mani, splendide danzatrici.

Voi mi avete mostrato la vera felicità: essa è la bellezza pura che continuamente, disinteressatamente, plasmate per me.

La vostra vista mi consuma.. Che meravigliosa sensazione! E’ come se il mio corpo si sciogliesse, la mia fisicità si assottigliasse sempre più sotto la forza violenta e turbinosa del godimento estetico. E tutto questo per merito vostro, della vostra sublime danza. Nulla mi distoglierà dal contemplarvi… Non smetterò mai, sarò sempre in prima fila a vedervi danzare. Fino alla morte.

Fino alla morte.

Fino a

“Dunque?” fece il procuratore. La domanda era rivolta a un uomo in piedi davanti a lui. Si trovavano in mezzo alle macerie di quello che una volta era un salotto. Il volto dell’uomo e la tuta fluorescente che indossava portavano ancora i segni della recente battaglia contro il fuoco. “Nulla che non abbiamo già visto” fu la sua risposta. Dopo qualche secondo di silenzio aggiunse, con esitazione: “Almeno per quanto riguarda la dinamica dell’incendio.”

Il procuratore lo guardò con perplessità. ” E con questo cosa vorrebbe dire?” gli domandò.

“Ecco… La valvola dei fornelli era difettosa, c’è stata una fuga di gas. Da quanto siamo riusciti a ricostruire, la signora è entrata in cucina con una sigaretta accesa, e quindi è avvenuta l’esplosione, che ha polverizzato la stanza. Da lì a venti minuti le fiamme avevano completamente avvolto la casa..”

“Insomma, niente di nuovo”, lo interruppe il procuratore. “Di incidenti simili ne capitano ogni giorno.”

“Ha pienamente ragione. Solo che.. l’altra vittima, il ragazzo.. ecco, lui in quel momento era in una camera, lontano dall’esplosione. Avrebbe avuto tutto il tempo di mettersi in salvo, la stanza ha una porta che dà sul giardino. E invece il corpo l’abbiamo trovato lì..” L’uomo deglutì, visibilmente turbato, e tacque. Il procuratore rimase stupefatto: quello era il capo dei vigili del fuoco, e prima ancora era un uomo dai nervi d’acciaio. Aveva affrontato a rischio della vita situazioni che avrebbero fatto indietreggiare qualunque altra persona. Era considerato un eroe. E ora a quello stesso uomo tremavano le ginocchia per l’equivalente di una caduta nella vasca da bagno.

“Un malore, lo shock… Ci sono un milione di motivi per cui una persona può perdere conoscenza in momenti simili.” disse concitato il procuratore. “Lei dovrebbe saperlo molto meglio di me, santo cielo.”

“Certo, certo.. Solo che.. ecco, è più una sensazione.. Sembra quasi che il ragazzo.. nonostante i rumori, il fumo.. abbia continuato a fare quello che stava facendo.. come se niente fosse, capisce? Non lo so.. sarà la posizione o non so che altro..sembra.. sì, sembra quasi che si sia lasciato raggiungere dalle fiamme.” Il capo dei vigili del fuoco concluse la frase in un soffio, con lo sguardo vuoto di chi ha visto gli orrori più impensabili.

“Ma le pare possibile? Diavolo, mi faccia entrare nella stanza!”

“Come desidera. Il corpo è ancora lì, come lo abbiamo trovato.. nessuno ha ancora avuto il coraggio di toccarlo.”

Il procuratore superò l’uomo con impazienza, per poi bloccarsi immobile sulla soglia, raggelato.

In fondo alla stanza, il corpo carbonizzato del giovane si trovava compostamente seduto davanti ai resti di una scrivania. Il teschio, ricoperto da un sottile strato di pelle scura e raggrinzita, era leggermente reclinato in avanti a fissare con le orbite vuote le mani, appoggiate simmetricamente sul piano di legno arso; solo le dita, contratte orribilmente dal calore infernale del fuoco, affioravano dalla plastica fusa del computer, simili alle zampe scheletriche di due ripugnanti ragni neri. Tale era la naturalezza della posizione che, non fosse stato per il corpo sfigurato e l’odore acre di carne bruciata che impregnava la stanza, l’insieme non sarebbe parso né più né meno di una tranquilla scena di vita quotidiana.

Ben presto l’inchiesta fu chiusa, i funerali celebrati e la faccenda dimenticata. Il procuratore, tuttavia, non poté mai smettere di pensare a quel ragazzo che, mentre sua madre moriva in un inferno di gas e le fiamme lo divoravano lentamente, era rimasto seduto, imperturbabile, alla propria scrivania.

“Cosa può spingere un essere umano a una tale atroce indifferenza?” si domandava di giorno in giorno il pover’uomo. Non trovò mai la risposta, per quanto ci pensasse senza sosta rodendosi l’anima. Noi invece la sappiamo molto bene, non è vero?

 

Ah, gli scrittori. Così meravigliosamente sbadati.

 

Edward Stopp

Le mani ultima modifica: 2012-05-14T09:57:45+02:00 da Inviati dai lettori

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