L’amico perfetto 2/3

Oppure avrebbe potuto affittare una escort per qualche ora. Quelle fanno tutto ciò che dici. Sarebbe stata l’ultima spiaggia, pensò.
Tornò a casa pensieroso. Aprì la porta, accese la luce e si rifugiò nel calore del suo appartamento a Manhattan. Una bella vista al settantaduesimo piano. Appoggiò il soprabito e si lasciò cadere sul divano, facendo andare la segreteria. Un messaggio della mamma in vacanza alle Haway con l’amante giovane di turno, euforica come sempre. Qualche comunicazione di lavoro della integerrima segretaria.

Poi una voce agitata di donna: «Ciao Charles quanto tempo. Ti ricordi della tua vecchia amica? Non ti sarai mica scordato delle nostre notti brave nei locali più in di Manhattan? Chiamami, sono in città e mi piacerebbe vederti.». Charles riconobbe subito la voce di Christine. E dire che aveva proprio pensato a lei poco prima. L’amica sposata e sparita da tempo, perlomeno da quando si era trasferita. Che coincidenza! Erano le 9:30 di sera. Forse avrebbe ancora potuto chiamare senza rischiare il linciaggio. Christine era sempre stata intransigente riguardo agli orari in cui poteva essere disturbata o no. Questo lo ricordava, ma non quale fosse il coprifuoco serale. Prese il telefono. Due squilli. Poi: «Pronto!», la voce di Christine. «Ciao Christine, sono Charles! Che piacere sentirti e saperti in città…». «Ciao Charles, ti stavo giusto pensando… Hai impegni stasera?» Charles sorrise: «Avevo dimenticato la tua irruenza. No, non ho impegni! Dammi solo il tempo di cambiarmi e latitudine e longitudine del luogo prescelto…». Si accordarono per un pub non lontano dopo un’oretta e mezzo circa.

Si incontrarono fuori. Christine non era cambiata: dei lunghi capelli neri setosi e curati incorniciavano un viso dolce e, allo stesso tempo, vissuto. Si era fatta una bella donna. Un fascino distinto e quasi impenetrabile dietro un sorriso audace ma cauto. Si baciarono e Charles prese un braccio di Christine e lo tenne stretto per accompagnarla da degna principessa all’interno del locale. Si sedettero in un tavolo d’angolo, lontani dalla confusione che un gruppo rock stava disseminando con canti e balli sul palco all’ingresso. La musica era altissima, ma i due riuscirono a comunicare, seppur con una certa difficoltà. «Sai con John siamo in rotta. A dire il vero, per me era finita già da tempo, quando scoprii che mi tradiva. Con una mia amica, capisci? Da allora non è stato più lo stesso. Mi son costruita una vita mia, parallela e adesso mi sento pronta ad abbandonare il mondo che non mi appartiene più: lui!

In realtà mi sono pure innamorata di un altro, ma i tempi non sono ancora pronti… E’ troppo presto… lui vive qui, ci siamo conosciuti in chat. Sono venuta a conoscerlo personalmente.», disse Christine tutto d’un fiato. Charles la guardò sorridente e le disse: «Se non sei felice mi sembra la decisione più giusta. Lo sai, io faccio sempre il tifo per te! E poi ti ho sempre detto che John non è l’uomo per te. Tu sei solare, luminosa, lui un perfettino e un po’ boriosetto. Quindi approvo in pieno!» Fece una pausa e, guardandosi attorno come a verificare di non essere spiato, abbassò il tono di voce e le disse: «Senti, cambiando argomento, ti dovrei chiedere un piccolo favore, ma non so se…». “Non dirmelo… non sarà mica una delle tue solite richieste impossibili per tirarti fuori dai guai? Ti temo!», replicò Christine. Una volta l’aveva convinta a chiamare la mamma per dirle che non sarebbe andato alla noiosissima cena di Natale perché colpito da una febbre africana rara ed estremamente contagiosa.

Peccato che la mamma, non solo si bevve la ridicola scusa e non chiese nemmeno come stesse il figlio, tutta presa com’era dall’importantissima cena i cui preparativi iniziavano il giorno dopo la befana dell’anno prima, ma invitò anche lei e riuscì a convincerla ad andarci. Christine tentò di rifiutare ma non ci fu verso. Oltretutto la madre sapeva che i suoi genitori erano fuori città e che sarebbe quindi stata sola per la vigilia. Fu così che passò il Natale più insipido ed impersonale della sua vita, fatto di ostentazione e sfarzo eccessivo, di apparenza e superficialità. Inoltre la madre in quel periodo se la faceva con un nano e l’atmosfera sembrava da circo dell’assurdo. «Vedrai sarà una cosina divertente e, per una sera, potrai evitare di pensare ai tuoi problemi.», disse Charles introducendo così la lunga storia a partire dal Campus fino all’incontro di quella mattina.

Christine ascoltò attenta e accettò la parte. Sarebbe stato divertente quel siparietto semi- improvvisato. E poi Charles lo meritava. Erano stati grandi amici un tempo, ma fra loro non era mai successo nulla di diverso. Come mai? si chiese Christine. Non se lo ricordava.
Il venerdì mattina Nick chiamò Charles che si trovava in ufficio. La segretaria gli passò la chiamata. «Ciao Nick! Allora non ti sei scordato…», disse Charles. «Mia moglie non me l’avrebbe mai permesso. Ah scusa a proposito: evitiamo battute sul mio passato sentimentale. È da quando ci siamo visti che si è trasformata in un detective agguerrito, dice che indagherà su questa mia presunta collezione…»
«Scusami non l’avevo proprio vista, era dietro di te! È ovvio che non rivelerò nulla neanche sotto tortura.» Nick fece una pausa, poi disse: «Va bene, ti perdono! Senti Charline vi invita a cena a casa nostra domenica sera.».

«Sento Christine e ti richiamo per darti conferma.». Charles riagganciò e chiamò Christine. Non la sentiva dal giorno del pub. Si erano scambiati solo pochi messaggi in cui lei diceva di avere conosciuto il suo amante virtuale e di essere piacevolmente occupata nell’attività di “conoscerlo meglio”. Era radiosa e giuliva quando rispose al telefono: «Si carissimo il mio Charles, domenica sono libera… Spero solo che gli ospiti di questa cena siano
più divertenti di quelli della cena di Natale di tua madre…» e scoppiò a ridere. Charles assecondò il suo buonumore e si accordarono per la serata: non solo orari, abbigliamento e altre questioni pratiche, ma anche per le versioni da dare, tipo dove si erano conosciuti, la data precisa, per merito di chi… Insomma i soliti discorsi di queste cene di coppia. Il gioco delle coppie… Una gara continua a chi si ama di più, a chi si coccola di più, insomma a chi somiglia di più alla coppia perfetta. E sottovoce anche a chi cornifica di più…

Charles odiava quelle situazioni e si sentì doppiamente coglione per essere cascato nella solita ed assurda trappola della sua vita, quella che si ripeteva ciclicamente. Non aveva mai saputo tenere la bocca chiusa. Nel momento in cui gli altri ancora stavano riflettendo e filtrando le risposte, lui aveva già dato la prima risposta che gli era venuta in mente. Senza riflettere, d’istinto. Questo suo comportamento gli aveva procurato tanti guai in passato, e anche adesso…

Comunque stavolta, con l’aiuto di Christine, se la sarebbe cavata con una cena.

 

Barbara Picci

L’amico perfetto 2/3 ultima modifica: 2013-06-04T09:00:14+02:00 da Barbara Picci

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