I ragazzi se ne tornarono a casa, provando forse per la prima volta una strana sensazione, molto simile al rimorso. Giorgio andò verso il secchio dell’immondizia per gettare quegli strani sassolini, poi ricordò che, dimenticato in un angolo del balcone, c’era un vaso con un po’ di terra. Vi gettò i semi.
Qualche giorno dopo furono gli operai del comune a divellere la rigogliosa coltivazione della “matta”. Vi gettarono una colata di cemento e vi eressero un alto ripetitore per i cellulari. Uno scempio che avrebbe rovinato il panorama e, a sentire alcuni esperti, anche la salute. La donna non tornò più a coltivare la terra di nessuno. Passarono i mesi e una mattina d’estate Giorgio notò che dal vaso sul balcone spuntava qualcosa. Era una piantina, sulla quale stava germogliando un frutto verde, forse un pomodoro. Senza aver ricevuto alcuna attenzione o cura, addirittura senza amore, battendosi contro le intemperie, quella pianta stava dando un frutto, un regalo generoso che la natura faceva alla sua mente arida. Giorgio sentì che in quel vaso ora pulsava una vita, come nel corpo di una mamma il cuore di un bimbo. Con quella stessa forza stava nascendo un frutto e solo allora lui capì che la natura è veramente poderosa e fantastica. Tutte le realtà virtuali che era abituato a vivere al computer venivano spazzate via da quel piccolo frutto verde, che sarebbe maturato davanti ai suoi occhi increduli. Si affacciò e guardò oltre gli edifici, i lampioni e il cemento, fino a scorgere una sottile striscia verde all’orizzonte. L’avrebbe cercata laggiù, con la fermezza e la sensibilità necessarie, fino a trovarla un’altra terra di nessuno da rispettare e amare.