La notte a casa di Paolo

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Era circa l’una e mezza di notte, d’estate, ed io e Paolo stavamo seduti ognuno su un letto a guardarci la punta delle scarpe.

Eravamo a casa sua; lui mi aveva detto:
– Sono solo. Quelli di casa mia se ne sono andati al mare ed io son rimasto solo. Beh, lo so che mi dovrei vergognare a dirlo, ma ho paura a dormire da solo. –
Mi aveva chiesto di andare a dormire a casa sua ed io avevo accettato.
Stavamo lì, seduti ognuno sul proprio lettino e non avevamo voglia di niente, né di parlare, né di dormire.
Da poco tempo eravamo tornati ad essere amici.

Lui si era incazzato con me per una storia con una ragazza.
La ragazza si chiamava Valeria ed era fidanzata con un ragazzo di Cagliari, ma lei, a Firenze voleva qualcuno che le tenesse compagnia ed aveva scelto Paolo il quale, manco a dirlo, anziché limitarsi a scoparsela tranquillamente, se ne era innamorato e soffriva da impazzire quando il sardo veniva a Firenze e lui non poteva far altro che consentire a Valeria di andarsene per conto suo.

Una sera di qualche mese prima Valeria mi aveva detto che con Paolo aveva chiuso e mi fece capire che intanto, almeno per una volta, io lo potevo sostituire.
Valeria era soprannominata Barbara Bouchet perché somigliava a quella famosa attrice e questo può far capire quanto fosse attraente.
Accettai l’invito e andò a finire che Paolo lo venne a sapere. Forse fu lei stessa che glielo disse, chissà.
Paolo mi odiò a morte per qualche giorno, poi accettò le mie giustificazioni e facemmo la pace.

Ora eravamo lì, a casa sua, in silenzio, con le zanzare che ci massacravano e lui che pensava a Valeria che era andata in vacanza in Sardegna a far felice il fidanzato mentre lui era lì solo e aveva paura della casa vuota e del suo bisogno d’amore.

All’improvviso squillò il telefono.
Era Roberta, un’amica sua e anche mia.
Non potei far a meno di ascoltare la telefonata.
Roberta aveva dei guai.
Il mese prima aveva abortito ed ora si sentiva sola e depressa anche perché quello che l’aveva messa incinta si era ben guardato da prestarle assistenza psicologica e anzi aveva addirittura negato di poter essere il padre e l’aveva mandata a quel paese.
Roberta aveva abortito e ora stava male, non riusciva a dormire, non sapeva darsi pace e quindi aveva deciso di telefonare a Paolo che era tanto buono e dolce ed infine gli chiese di andare da lei, a casa sua, per parlare un po’ e magari dormire con lei. Paolo si schermì per un po’ ma Roberta non mollava e stettero per più di un’ora al telefono a fare tira e molla. Alla fine Paolo mi chiese con gli occhi cosa doveva fare ed io gli feci cenno di andare e di scoparsela anche se non era Valeria.
Paolo andò ed io mi addormentai nonostante il caldo e le zanzare.

Ad un’ora imprecisata della notte fui svegliato da una luce che mi trapanava gli occhi. Paolo era tornato e se ne stava seduto sulla sponda del letto come qualche ora prima e si continuava a guardare la punta delle scarpe.
-Come mai sei qui? Non dovevi dormire a casa di Roberta?-
-Stai zitto, stai zitto che mi girano le palle.-
-Che è successo?- domandai.
-Lascia stare, non mi va di parlare.-
Lo lasciai stare e stavo già per riaddormentarmi quando lo sentii bestemmiare sottovoce.
-Porcam***nnaputtanaschifa.-
Bestemmiava con calma e metodo. Poi prese a raccontare.

Quando mi ha aperto era in vestaglia, slacciata, e sotto aveva soltanto mutande e reggiseno. Ha cominciato a spaccarmi la testa con la sua storia, di quel tizio che la trombava proprio bene e che poi l’aveva lasciata e che noi uomini siamo tutti degli stronzi, tutti uguali, tutti mascalzoni. Va be’, andiamo avanti. Ha voluto cucinare gli spaghetti ed io le ho detto che non era l’ora giusta e che se avessi mangiato ad un’ora cos1 tarda della notte mi avrebbe fatto male allo stomaco. Lei manca poco si metteva a piangere. Mi ha supplicato di lasciarle fare gli spaghetti alla carrettiera, che lei li sapeva fare molto bene e bastava che ne mangiassi due fili. Si è messa ai fornelli e intanto continuava a raccontarmi le sue disgrazie descrivendomi tutte le fasi del suo aborto, di quanto sangue le era uscito. Poi mi ha parlato di suo padre che aveva un’amante e voleva andar via dalla famiglia, ma ci aveva ripensato perché lui era una persona importante nel sindacato e nei sindacati non veniva accettato il fatto che un uomo abbandonasse la famiglia perché anche tra di loro è importante dio, patria e famiglia. Insomma, alla fine mi ha messo davanti un enorme piatto di spaghetti e voleva che li mangiassi tutti e voleva rovesciarci dentro anche una mezza tazza di pepe macinato. Ero quasi riuscito a farla desistere e stavo cominciando a mangiare perché alla fine mi era venuto un po’ d’appetito, ma quella pazza mi è arrivata alle spalle quatta quatta come un pellerossa e ha rovesciato il pepe nel piatto.
Insomma, visto che si erano fatte le quattro, avevamo deciso di andare a dormire e lei ha voluto che si andasse nel letto matrimoniale dei suoi genitori. Ci siamo sdraiati e lei si è spogliata tutta, nuda come un baco. A me è venuto duro, eh che cazzo!, e mi sembrava che lei non aspettasse altro che io le saltassi addosso. Ho cercato di abbracciarla ma lei mi ha spostato le mani e mi ha detto di stare buono. Ho pensato che forse voleva solo fare la smorfiosa, che se la volesse tirare un po’, e son tornato alla carica. Oh, quella si è incazzata. Ha detto che non ero normale perché volevo approfittarmi di lei, che ero un maniaco sessuale se non riuscivo a stare calmo e che noi uomini siamo tutti dei pervertiti e non pensiamo altro che a scopare.
Beh, Marcello, mi sono incazzato anch’io e gliene ho dette quattro.
Le ho detto che le era sembrato normale telefonarmi alle due di notte, farmi andare da lei, fare gli spaghetti con un sacco di pepe, sdraiarsi nudi, completamente nudi sul
letto matrimoniale e, se mi si era rizzato l’uccello, non si doveva meravigliare e che quindi andasse a fare in culo lei, il suo ex, suo padre e la maiala della sua mamma.

Ed ora eccomi qui. Me ne sono andato e ora sono qui incazzato, ancora incazzatissimo! Non ne posso più di tutti questi pazzi che mi stanno intorno!­
L’avevo ascoltato in silenzio ed avevo visto spuntare le prime luci dell’alba attraverso le strisce della veneziana chiusa e m’era piombato addosso un gran sonno.

Dissi a Paolo che avrei dormito e mi coprii col lenzuolo.

 

La notte a casa di Paolo ultima modifica: 2012-01-09T00:49:52+01:00 da Marcello Parlagreco

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