La cornetta della memoria

Al di là della stanza buia, seguendo un leggero scintillio di polvere di stelle, si va per il sentiero contornato dal profumo di more e grano, lasciandosi alle spalle la fedele dimora; un pergolato di pietra, una porta per la fuga. Sono sufficienti pochi passi, un caldo respiro. Ed oltre la siepe si apre la collina.

Si aggira su quei campi dorati, attraverso un’afa tristemente spagnola. Un ornino nero, con le braccia alzate, guarda in lontananza verso sud; un orologio batte un’ora terrena, un muro si abbozza sulle onde dell’aria estiva. Una chiave dimezzata ricorda ai visitatori il parziale senso del pudore, lasciandosi cullare dalla sua incompiutezza. Uno sguardo empirico, per oggetti liquefatti dalla persistenza della memoria.

Potrà vedere oltre, voltarsi a destra, poi a sinistra; all’interno di un piatto, un mezzo telefono con tre sardine alla griglia come contorno. In lontananza tre donne con la testa a forma di fiore trovano sulla spiaggia la pelle di un pianoforte a coda; alzano le braccia in segno di resa, ma è un istante ricoperto dall’ombra della notte che avanza. Sono piaceri illuminati alla sua vista, nature morte viventi.

Passando per la vecchiaia, l’adolescenza, l’infanzia, sotto l’uovo che racchiude la genesi dell’uomo nuovo, si raggiunge uno scoglio affiancato da una tavola in legno. Ed è su di essa che si posa il telefono, unico mezzo di fuga; parlare e non sentire, una mezza cornetta. Al suo fianco una donna coricata sembra crocifissa, immobile nel suo spasimo; ferma nel dolore, assiste alla profanazione dell’ostia, uno stupro angelico per la sfuggente Madonna di Port Lligat.

La mano della donna non sfiora il telefono, e la sua anima torna all’età di dieci anni, quando era una bambina-cavalletta. E la notte avanza sulle lancette disintegrate di un orologio che si lascia scivolare su un ramo secco, sul bordo di un solido senza dimensioni.

Lui, il nostro osservatore, rimane seduto sul dirupo in preda allo spettacolo surrealista come fosse una sfinge di zucchero; e attende… Attende… Drin, drin… Drin… attende ancora qualche istante, ha bisogno ancora di pochi attimi per osservare… Drin, drin…
E la cornetta mutilata dalla memoria continua a suonare, e squilla… Drin… Squilla…
Ed il sogno finisce…

Drin… Drin… E la mano allungata spense la sveglia.

Da quella mattina il signor Salvador Dalì cominciò a dipingere.

 

 

La cornetta della memoria ultima modifica: 2012-04-03T09:00:19+02:00 da Fabio Leocata

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