Tom non voleva più fare quel lavoro e si ripromise che avrebbe smesso o comunque si sarebbe preso una pausa di riflessione. Aveva ancora da parte un paio di passaporti non americani, poteva tranquillamente trasferirsi per un po’ di tempo e, cosa ancora più importante, poteva girare il mondo senza essere se stesso. Lo avrebbe fatto. Caspita, questa era poco ma sicuro. Ormai aveva deciso, l’ultimo lavoretto da farsi il sabato successivo e poi ciao a tutti.
Non era così difficile quel lavoro, doveva semplicemente posizionarsi dietro la siepe, mirare al bersaglio e bum! Un semplice colpo, un piccolo shot che valeva quasi centomila dollari e almeno due mesi di anonimato. Il bersaglio era un rampollo di una ottima famiglia americana, i suoi trattavano la produzione di pesticidi per una multinazionale, tutta roba che finiva da Città del Messico in giù, tutta roba che arricchiva chi la faceva e qui finivano i meriti del prodotto. Il bel ragazzo, solo ventottenne ma già in carriera, aveva avuto qualche mese prima l’idea di aprire un nuovo ramo d’azienda e per così dire, sfruttare i frequenti viaggi di lavoro del padre in centro e sudamerica, per accompagnarlo e dare il via alla nuova attività. Il problema è che non solo lo stronzo decise di mettersi nel traffico di droga ma, cosa ancora più importante, non cercò appoggi, né in Messico né in altri paesi. Beccò un contatto, col quale iniziò a trasportare chili e chili di coca e crack. Così iniziò a rompere i coglioni ai cartelli messicani e poi, di conseguenza, a tutta la filiera americana. Risultato? Aveva tanto rotto i coglioni a tutto il continente che c’era la fila per farlo fuori. E primo della fila era diventato Tom. Un semplice telefonata, il sabato successivo lo stronzetto si sarebbe sposato e il party si sarebbe tenuto nel parco di una villa con piscina poco fuori Chicago. I mandanti avevano comunicato luogo, orario e, cosa più importante, che si erano comprati il silenzio del vicino con un discreto gruzzolo di soldi. Così, Tom si sarebbe comodamente seduto dietro la siepe nel parco del vecchio e da lì avrebbe fatto il suo dovere. Accettò, semplicemente con un “ok”. Gli sembrava proprio un lavoretto facile, praticamente impossibile sbagliare. Poco tempo, errori quasi impossibili da commettere e tanti soldi per pagare il mantenimento di James e scappare per un po’.
Il sabato successivo arrivò alla proprietà del vecchio Hurt. Lasciò l’auto poco dopo la tenuta e ritornò nei pressi del cancelletto laterale. Lo aprì, attraversò il giardino anteriore e si indirizzò verso il parco confinante con la villa del party. Si posizionò, appoggiò la borsa e ne estrasse l’Artic Warfare Magnum, un fucile precisissimo e di lunga gittata. Tom calcolò che il suo obiettivo sarebbe stato tra i 60 e gli 80 metri. Quindi quel fucile era l’ideale, anche se lo sposo si fosse spostato di qualche decina di metri non sarebbe stato un problema. Si sedette in un punto da dove poteva praticamente controllare tutto il party, la piscina, il prato e anche la collinetta a lato e aspettò gli invitati e poi gli sposi. L’attesa non fu così lunga. I primi invitati arrivarono di lì a poco. La festa era propria volgare, tipica dei rampolli americani con soldi. La musica era sparata a palla, un mix di rap moderno e vecchie hit di Madonna. Molti uomini era ubriachi e alternavano assurde bevute di qualsiasi alcolico con abbracci tanto fragorosi quanto goffi e finti. Avevano bisogno come gli animali di esprimere la loro felicità con il contatto, quasi a testimoniare che con loro l’evoluzione non era stata poi tanto equa. La donne facevano a gara a guardarsi. Piccoli capannelli di 3 o 4 si formavano di tanto in tanto per commentare quella o quell’altra. E duravano il tempo di una “troia” o una “zoccola”, per poi dividersi nuovamente verso altri insulti. Quasi nessuna beveva, troppo impegnate a reggere la borsa di D&G. Quando arrivarono i due sposi, il pubblico esplose in un fragoroso applauso. La musica del DJ non smise di suonare anzi, il ritmo aumentò e tutti iniziarono a ballare e saltare. Quasi come in un rave party, sembrò che nessuno sapesse cosa stesse succedendo. Lo sposo iniziò a ballare assieme alla sposa, creando attorno a loro un pubblico soddisfatto. Tom si stava spazientendo, voleva espletare il suo compito e tornarsene a casa. Un bel po’ di soldi fatti a venti miglia da casa non erano male. Ad un certo punto Tom decise che quello era il momento. Sembrò quasi tornare la calma tra gli astanti, i due sposi si erano divisi per andare ognuno a salutare propri invitati. Lo sposo, con un atteggiamento spocchioso e snob, si defilò e andò verso la collinetta che dominava la villa e lì iniziò a prendere baci e abbracci. Era ancora poco utile la sua posizione, ancora coperto da alcuni suoi amici che lo proteggevano formando un cerchio attorno a lui. Dopo qualche secondo, il cerchio miracolosamente si disfece ma lo sposo si abbassò per legarsi le scarpe. “Cazzo” pensò Tom, “non può andarmi male anche questa!” Ma Tom quel giorno era fortunato. Appena terminò di legarsi la scarpa, lo sposo si alzò lentamente, quasi da permettere a Tom di prendere la mira. Evidentemente si sentì chiamare, perché appena in piedi, si spostò lentamente verso il suo omicida. Ora Tom poteva quasi sparare, l’obiettivo si era sì spostato di una trentina di metri, ma il suo fucile gli permetteva di restare tranquillo. Prese la mira, respirò e non poteva credere ai suoi occhi. Tutto quello che successe, lo fece in pochi secondi. Tom decise che i colpi sarebbero stati due. Uno per lo sposo e l’altro per la persona che gli stava facendo i complimenti. Il suo lavoro prevedeva l’eliminazione di una persona, per l’altra Tom non voleva compensi. Respirò, premette il grilletto del suo Artic. Una, due volte. Cadde al suolo prima lo sposo, poi Kate.
Due colpi in fronte 2/2
Due colpi in fronte 2/2
ultima modifica: 2015-09-14T08:11:45+02:00
da