Istria 1998. Mia sorella ed io in giro.
Mia sorella, alla sera, puntava il dito sulla carta geografica, sul nome di un paesino, e la mattina dopo si partiva. A volte quel dito curioso mi faceva fare più di trecento chilometri in un giorno, ma i posti che vedevamo valevano sempre il pieno di benzina.
Un giorno siamo finiti in una valle che finiva in un fiordo. Lungo la strada non c’erano case, nulla, ma la strada, anche se era una strada di montagna, era larga e invitava a proseguire, quasi a promettere qualcosa di speciale. Ad un certo punto, dietro ad una curva, la strada ha cominciato a scendere verso il fondo della valle, verso il mare. In mezzo alla piana c’era una ciminiera altissima, dipinta a righe bianche e rosse; Tutto ciò che rimaneva di un vecchio insediamento industriale, forse un acciaieria.
Il resto delle costruzioni era stato abbattuto e la natura si stava riprendendo, paziente, il suo spazio, filo d’erba dopo filo d’erba. In fondo alla strada due case, un molo, un gatto e un breve tratto di ferrovia che dal molo portava alla fabbrica. Tutto era ruggine, anche il terreno intorno, quello ancora spoglio, era rossiccio.
Su per il fiordo non salivano più navi mercantili ma orate. Venivano a pranzo presso gli allevamenti di cozze, le orate, e ogni tanto finivano invitate a pranzo dagli abitanti delle due case del posto.
Il silenzio ritrovato di quella valle, di quel molo sgretolato, era pace.
La natura non urla mai le sue vittorie.
Giorgio Zigiotti