Ferrava i cavalli e i muli. Faceva il maniscalco.
La fucina era ancora in piedi, sul retro del Comune, quando sono arrivato a Vaglia. Inattiva da parecchi anni. Sarà venuto da questa sua attività il nome? Può darsi visto che di cognome, invece, faceva Adoni.
Aveva di sicuro anche un altro soprannome: il Feroce. Era il padrone e gestore del bar, ora detto “Il Cantuccio”.
Primi anni sessanta. Gli apparecchi televisivi a Vaglia erano rari come i can gialli. Uno troneggiava in alto sulla mensola nella parete dell’esercizio del nostro e attirava gran pubblico che si ammassava tutte le sere come al cinema. Si racconta che Il Feroce non tollerasse troppo gli schiamazzi. Così quando la confusione saliva troppo, vuoi per il tifo a favore di un partecipante di “Lascia e Raddoppia”, vuoi per inveire contro il ciclista avverso, il Feroce, senza agitarsi, muoveva verso lo scatolone animato e… girava la manopola di bachelite. Pluff…le immagini erano risucchiate al centro e lo schermo diventava buio…
”Tutti a casa!”. Sul più bello…ma nessuno rifiatava.
Io non l’ho conosciuto. Se ne era andato al cimitero prima che arrivassi. Ho trovato invece il figliolo, Berto, che aveva ereditato l’attività, che conduceva con la moglie Adriana e di rimbalzo con il figlio Filippo, detto, dal nonno, Nocciolino.
Primo mio impatto con la gestione. Esco dal portone del Comune, appena rivestito da guardia, divisa nera (mi sono guadagnato anche il nomignolo di Maresciallo Kesserling), stivali da moto, che per Vaglia era un esotismo, e mi dirigo in direzione del bar, che dista poche decine di metri. Accanto alla porta c’è una seggiolina di legno, di quelle pieghevoli, da bar appunto, su cui giace una bacinella di plastica. A guardarla meglio mi assomiglia tanto a una vaschetta di frigorifero un po’ sbeccata. Dentro due, tre filetti di baccalà a mollo. Già, oggi è venerdì. Mi precede un cane, uno dei tanti senza padrone che giravano per le strade. La bacinella è precisa all’altezza del suo muso. Annusa… quindi “linguate” sul baccalà, che gli sarà sembrato un tantino salato. Se non gli fossi arrivato addosso chissà quanto ancora avrebbe favorito. “Signora… un po’ di igiene!”
Caratteristica non proprio ad appannaggio della ditta. L’igiene per l’appunto.
Giudicate voi.
Altro ingresso nel salone del bar. L’Adriana passa il cencio con lo spazzolone. Più nero del pavimento. Il cencio. Poi lo va a strizzare nel lavello dove sciacqua le tazzine. E qui siamo nel range standard. Oggi però c’è un elemento nuovo. Un agnello.
Non so da dove sia piovuto questo quadrupede lanoso che invece di essere a pascolare nel prato, spisciazza a destra e sinistra. “Signora… l’igiene?!
Presto fatto, agguanta l’animale lo tuffa nel bidone nero dei rifiuti. Vuoto. “Ora va bene?”
Però quel giorno si è superata. Davanti a me c’era un avventore. “Un panino con la soprassata”. Con destrezza l’Adriana affetta l’insaccato e fa per tagliare due fette di pane e lo fa… con meno destrezza. Si taglia. Il sangue le cola e prima che riesca a ciucciarsi il dito…il panino si inzuppa. Disinvolta porge l’involto al cliente. Questi è esterrefatto e per un po’ non articola parola. Poi: ” Quant’è?” Paga e leggermente imbufalito, parlando con gli occhi di fuoco, getta platealmente il tutto nel solito bidone dei rifiuti e sbatacchia la porta.
Tutto quello che era in vendita nella bottega era immangiabile. Io, che lo sapevo, non vi facevo mai la spesa. “Oggi son rimasto senza. Dio bono è confezionata!” Niente da fare, arrivato a casa, al momento di aprire la confezione e buttare gli spaghetti nella pentola…Variante affumicata. Là dentro c’erano concentrate le ultime mille sigarette fumate al tavolino dello scopone. Scientifico…nel senso che era sicuro il cancro per fumo.
“Ma te che facevi il vigile com’è che non sei intervenuto?” Eh, avrei voluto vedere voi. Hai voglia a dare istruzioni, indicare regolamenti e fare verbali. Non puoi raddrizzare le banane.
Però un risultato sono riuscito a ottenerlo. Il gabinetto. Il bar era il più frequentato di Vaglia, soprattutto il pomeriggio e la sera. Tutti uomini, che giocavano a carte, fumavano come ciminiere e si facevano il gottino. Dopo il gottino…la pisciatina. E siccome niente latrina…Si andava nel cantuccio (oh non sarà derivato da qui il nuovo nome del bar?!) della piazzetta del Comune. E come tanti Benigni nel “Piccolo Diavolo”, soli o in compagnia, alimentavano la Carza.
C’è voluta la pazienza di Giobbe, ma finalmente anche a Vaglia è comparso un succedaneo dell’articolo intitolato al valoroso imperatore che mise la tassa sull’urina: Vespasiano.
“Oh Berto, bisognerebbe che a Filippo gli dicesse di andar un po’ più piano con la moto. Ha collezionato diverse contravvenzioni”. “Signora guardia (mi risponde nel suo tono effemminato con vena di sufficienza), lei gliele faccia ed io le pago”. “Contento lei”
Non so se era tanto contento quella volta che i’ Nocciolino sgassa e risgassa sulla manopola del suo Benelli 250, due tempi (Nuvola Bianca dal fumo che faceva), parte a razzo dal bar per far invidia ad un gruppetto di coetanei appiedati. Va verso la caserma dei carabinieri. Curva verso la stazione. Si indovina tutta la scena dal rombo del motore e dalle cambiate. Room…rooomm. Ponte sulla Carza. Prima curva a destra ed ancora “roooomm. Altra curva, questa è a sinistra. Ora c’è il tornante… Buuumm!
I’ Nocciolino s’è sdraiato.
Eh, l’era un asso per sfasciare i mezzi, prima a due ruote, poi, crescendo a quattro. Un giorno comprò, usata, una Porche-Audi. Ma sempre una Porche. Non passò molto tempo che vide bene di raddrizzare la curva dopo il distributore a Campomigliaio. Sei milioni di danni. La macchina stette un anno e più ferma dal carrozziere. Finché un giorno dette il via ai lavori e si presentò a pagare tutto il dovuto in contanti, con mazzette da cinquantamila lire.
Per alleggerire la cassa del bar, con nonchalance, un po’ di tempo ci vuole.
“Bucaccio, vai, vai dai tuoi amici…”. Era un po’ alterata l’Adriana mentre dall’altra parte della strada si rivolgeva al marito che aspettava la SITA per il suo rituale viaggetto del mercoledì (bar chiuso) a Firenze.
I’ Berto era un signore. Fumava la sigaretta con il bocchino, parlava volentieri con gli stranieri (i fiorentini ) ed era uno splendido con i soldi. Non se ne faceva un problema.
I suoi gusti sessuali, all’epoca erano poco politicall correct, ma comunque erano fatti suoi.
Intorno al bar, nelle case degli Adoni c’è girata da sempre, ma soprattutto in passato, una fauna che meriterebbe un romanzo di appendic..ite. Un giorno forse proverò a raccontarla.
Augh.
Ditta Ferroni & C
Ditta Ferroni & C
ultima modifica: 2015-03-06T08:48:00+01:00
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