Come sono io adesso? Come mi sento?
FERMO. Fermo mi sento. Cosa vuol dire? Sono immobile nella mia condizione, immobile nella mia visione delle cose, immobile nella mia anima.
Oggi ho realizzato la realtà che mi circonda ma, badate bene, è una mia visione, che può essere una piccola briciola nelle miriadi di dimensioni e interpretazioni possibili.
Un movimento quotidiano come lavare i piatti che si trascina di anno in anno, di giorno in giorno, di ora in ora per poi essere scandito dai secondi, come se da quel movimento uscisse fuori un mantra di sottofondo che ispira la riflessione, mi ha portato a vedere il perché sono ancora qua. Io sono morto dentro, manca in me quella scintilla che era alla base negli uomini primitivi, quella scintilla che ha portato all’evoluzione umana, che l’ha spinta a oltrepassare quei confini che si era autoimposto con la religione e non solo, ad andare ed esplorare delle terre che erano credute inesistenti, fino a posare il piede sulla luna, o a raggiungere con un sottomarino le zone più profonde del mare. Io mi sento come tra 4 mura, con un soffitto che mi mostra un cielo così misterioso ma che non posso toccare, che resta là solamente per osservarlo da lontano, portando dentro di me la triste consapevolezza che io non potrò mai innalzarmi alla condizione di uccello, per vederne i più misteriosi e sfumati meandri.
Cosa fare? Questa riflessione è come uno di quei fulmini a ciel sereno che squarciano il tuo mondo innalzando però la consapevolezza di sé, una fortuna o sfortuna che non colpisce tutti gli uomini, sono alcuni, a volte portandone vantaggi, altre la distruzione. Quale sono io? Quale sei tu? Non ci è dato saperlo.
Pensare a quelle persone che vivono una vita senza scintille, la cui unica preoccupazione è riuscire a pagare i debiti contratti per poter fare due settimane al mare, stando su uno sdraio, guardando altri nuotare e divertirsi, magari immaginando una seconda giovinezza che solo nei sogni potrà ritornare. Il mondo è così grande, com’è possibile che nessuno senta questa sensazione che sento io? Io che ho viaggiato, io che ho visto culture e paesi molto diversi tra loro non ho placato la mia sete, sete che si manifesta con quella frustrazione della propria immobilità, perché IO VOGLIO SPICCARE IL VOLO. Io voglio. Io assaporo l’amarezza, perché è proprio lei la chiave di tutto, la sorgente che permette alla mia mente arida di sopravvivere, finché non arriva la pioggia provvidenziale, una pioggia fatta di esperienze che mi immergono fino a quasi farmi soffocare, una pioggia che non sai mai quando potrà cadere.
Volete un esempio? Una chiamata, una piccola semplice chiamata di un tuo amico che scherzando ti propone un viaggio sulla strada, senza mete predefinite, senza dover seguire un itinerario, senza dover rimanere in posti dove non vuoi stare. Banale direte voi, ci sono libri, film, opere teatrali che hanno come tema questo tipo di viaggio. Ma la mia domanda è… l’avete mai fatto? Perché la mia esperienza tra i miei coetanei mi ha mostrato una mancanza di voglia da parte loro di buttarsi, di sacrificarsi per poter assaporare quel gustoso intenso sapore della tensione data dall’imprevedibilità di ogni attimo.
Dobbiamo spezzare l’abitudine, fare sì che non siano i soliti cervi ad attraversarti la strada mentre guidi, fare che siano alci, orsi o perché no, leoni. Stravolgersi e stravolgere, io non potrei vivere senza questo, perché il viaggio io non lo definirei solo come la voglia di conoscere nuovi posti, come direbbe la maggior parte della gente, è una fuga dalla banalità della vita, dalla monotonia della quotidianità, un modo di sentirsi liberi di andare dove si vuole, di poter affermare, come il famoso alpinista, di voler salire su quella montagna “perché è là”, di poter dire di voler attraversare un lago perché ho intravisto anche solo per un istante qualcosa di magico muoversi sull’altro versante, magari solo un gioco della luce con la foschia del luogo, ma non importa… tutto è lecito, tutto è interessante, è la nostra mente la responsabile, noi dobbiamo aprirne le finestre, far entrare la voce della novità ma attenzione, la tempesta è sempre in agguato. Il rischio comincia a diventare l’ossessione, vedere di esperienza in esperienza le proprie capacità migliorare, la propria flessibilità aiutarci nelle situazioni più complesse porta un altro tipo di sete, quella di vedere dove possiamo arrivare, di vedere i nostri limiti.
Alfredo Pulini Aram