Vecchio re
voglio respirare il profumo del tuo giardino
Vecchio re
Lascia il tuo trono ai servi dei paesi delle nebbie
Sicuri incatenati nelle menti
I pensieri fermi da sempre
Sembrano immagini senza senso
mentre un fiore si chiama così
Nato dal nulla
Senza il suono delle trombe
i muri sono caduti già
Impazziti gli angeli
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Vecchio re (I più votati di Prosa e Poesia)
QLS – ISLEMIND (I più votati di Prosa e Poesia)
Isolamente
Nell’ultimo cassetto
Tengo le cose a parer mio
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Il Re di Maggio (17)
Non ho mai capito, se la notte sia antica quanto il giorno. Forse prima vi era la notte, poi la luce dopo violenta battaglia s’impossessò del creato. La vittoria non fu completa, solamente una parte dell’infinito può godere di quell’immenso bagliore. Come sembra strano, questo camminare in silenzio, senza parlare, senza sentire, senza guardare, sicuri avanziamo ignari sui nostri passi. Le ombre che ci accompagnano, sembrano fuggite dalla tela. Questa luna splendente, può averle liberate, guardandoci come per dire, non vi svegliate continuate pure a sognare. Tabhoté è splendida sotto questo chiarore e non posso fare a meno di guardarla. Sembra che qualcosa ci leghi, forse è solo questo un sogno o una mia impressione. Lei mi guarda come se mi avesse sentito, con la mano tesa al cielo, quasi con fastidio, segue il volo di un elicottero che rompe il silenzio della notte. Un rumore inquietante. Il momento giusto per attaccare bottone con una scusa qualsiasi.
Il Re di Maggio (16)
Uscendo riprendiamo il nostro abito. Salutiamo Ninà, passando avanti al guardiano che con un gesto ci saluta, come per dire, ci vediamo più tardi. Usciamo da dove siamo entrati. Mi sembra, che l’abito sia quello giusto per questa splendida serata. Fuori dall’Officina, il silenzio della notte ci sorprende, solo i nostri passi echeggiando ritmano l’incanto. La Luna è un enorme specchio senza colpe, rubando più di qualche sguardo malinconico.
Il Re di Maggio (15)
Al suo ritorno, Tabhoté sembra contenta, ha un sorriso che pare tutto un programma, da’ un’occhiata a Jules, come per dire, andiamo, mentre si dirigono verso il mio tavolo. “Ciao Jules”. “Ciao, senti noi andiamo da Giuliano e Cornelio vieni anche tu?”
“Non saprei, non è molto tardi, ma domani dovrei andare a lavorare e non voglio far notte”. “Anch’io dovrò andare a lavorare, ma è arrivato Servidio te l’ho già detto prima, penso che almeno un salutino possiamo darglielo”. “Si ha ragione Tabhoté, non è mica tardi, anche Servidio sarà un po’ stanco non credo si farà poi cosi notte fonda”. “Ok, però andiamo subito”. “Noi stiamo già andando”, rispondono unisoni pagando il conto alla Marzia.