Iniziò a essere una specie di gioco per lei, svegliarsi ogni giorno sempre prima per vedere se l’uomo fosse già sulla spiaggia. Si alzava quando era ancora buio, quando si sentiva l’oceano ruggire piano all’alba, fiero e carezzevole. Lui era sempre lì.
Si domandava cosa mangiasse, se usasse un bagno. Ma non voleva chiedergli cose così sciocche.
“É sposato?” domandò allora.
L’uomo la guardò e quel suo viso di carta sembrò vacillare sotto mille pensieri per una frazione di secondo.
“Sì” rispose laconico, ritornando a osservare il mare. Lei lo guardò, guardò i suoi capelli bianchi e le lentiggini sulle braccia. C’era una storia in lui, lo sentiva, proprio sotto quella pelle sottile e accartocciata. Non avrebbe voluto forzarlo a raccontare, ma non ce la fece.
“É questo che sta aspettando?” chiese. “Sua moglie?” Si pentì immediatamente della domanda, sperò che la lingua le si attorcigliasse in gola, ma era troppo tardi. Le parole galleggiavano proprio in mezzo a loro, impossibili da ignorare.
“A volte”, rispose lui con un mezzo sorriso triste. “Ma ora sto aspettando la tua storia.”
“Non ci sarà nessuna storia” disse lei e corse incontro alle onde, nuotò e nuotò, certa che così l’uomo e il suo sguardo profondo non avrebbero potuto raggiungerla.
Lo incontrò il giorno dopo, decisa su un’idea.
“Venga vicino all’acqua”, gli disse, “giusto sul bagnasciuga.” L’uomo scosse la testa, ma lei poteva vedere che i suoi muscoli pronti a farlo. “Solo sul bagnasciuga, niente di più.”
Mosse un passo. Lui era come un manichino coperto di sabbia e mal oliato, lei come una ninfa dell’acqua, una sirena che lo chiamava sulla melodia dell’oceano. Le si mise accanto, si lasciò bagnare le caviglie da quel mare salato.
“Sto affondando” disse, guardandosi i piedi sorpreso.
“Sì, le onde se ne vanno prendendo con sè la sabbia” gli disse.
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