Archivio per Autore: Jadi Rana

Ho vissuto una vita di ombre

Ho vissuto una vita di ombre,
Un volto riflesso nello specchio
Spaccato da una linea di luce;
Piangevo le camere sgombre
Del mio cuore, il fondo di un secchio
Che gocciola, un singhiozzo che produce
Un rivo.
S’agitava in me un male sovversivo.

Mossi i primi passi, nell’arte dell’untore
Sacra E Antica,
Nel Riempire Le 4 stanze
Che rimbalzano incessanti nel petto,
con poche lievi fanciulle, nel fiore
Del sesso, muovendo molli danze
Limitate da mancanze d’intelletto
Sul sedurre.
Come intralciato avanzavo e mi facevo condurre.

Quando fui solo e solo per mia scelta,
Come ogni volta, mossi a compiacere
Nuovi passi, a captare le sottili
Finestre femminili, la cerimonia divelta
Dagli usi culturali, ne scrutai le Macchie nere.
Coltivai un mio giardino, prati di vili
Steli,
Chiuso in me, tra i germogli fedeli.

Poi tu, Tako, crescesti rigogliosa
Come quercia forte cresce,
Oscurando l’altre, soffocandone la luce:
tuo è il mio giardino, ed ogni cosa
Suona melodiosa, ed ogni pesce
Del laghetto prega il frutto che produci.
La tua mano
Ha reso tempio il giardino di un ortolano.

Ode a Valerio (perchè proprio a lui?)

Ricordo il nostro primo incontro
il tuo volto scontroso e torvo,
sospetto e dal naso rostrato:
ricordo quando t’ho conosciuto.

In quella discoteca allogena
movevi con me dolce dama.
E noi, soli, muovevamo l’onor d’italiani amanti.
E fuori, da amici, parlavamo dell’amor tenuto.

E insolite sere avremmo trascorso
di prato parlando e similando su gradini
abbandonati al fiume di pensieri in corso.
Oggi ritorna il ricordo, mentre chiudo la valigia.

Poiché nulla s’abbandona in amicizia,
ma si cede, cercando di magliette
di maglietta smeralda ricordo il pegno
d’azzardo pagato a te: teco speravo che vincessi.

E tutta la poesia dei cipressi,
l’impegno dell’ape, del meriggio la pigrizia
forse mia varrà, Valé, nel cuore
il soleggiante albore, che da Nettuno mi colse

Sonetto sull’America notturna

Avverto il battito della vita
solamente ora, che sorvolo mille
luci notturne. Delle tue scintille,
America, la terra arde infinita

ed il tuo placido baluginare
soffoca la chiassosa notte oscura:
Sorgendo rischiare ogni paura
dell’inquietante e scuro buio mare.

Se questi versi vedranno mai luce
possano il chiarore portare in eterno
che la tua luce vespera ispirò:

Fuoco notturno ch’animo ricuce
che riscalda il più rigido inverno
sempre arderai in chi ti mirò.

Pennacchi di fumo alla sera

Pennacchi di fumo alla sera
e sono assuefatto al fastidio:
dolce, piccola ciminiera
ti guardo con odio e ti invidio

di come il corrusco moncone
acumini in mucchi di cenere,
di come la tua combustione
glorifichi il nome di Venere.

Invece io guardo il silenzio,
e vigilo attonito e spento:
i fiumi di fumo e d’assenzio
mi rendono forse più lento?

Ma poi rinsavisco e ripudio
ma imparo da te, sigaretta,
che l’uomo è un oggetto di studio
che il trauma è una forza perfetta.

Scivolano lente

Scivolano lente
le nuvole
sotto il cielo ascoso
dal vento brinoso
sospinte,e spingendo
nella vacuità le tue parole.

I cieli si infiammano e
tu
sei bella, come lo spazio
che intercorre alla stella
come queste nuvole in fiamme
tanto lontana
quanto è vana
la forza dei nostri sentimenti