Aurora era confusa, non capiva assolutamente più nulla, volse il suo sguardo verso Mike ma vedendo il suo viso contratto dal dolore provò una tale pena da avvicinare la poltroncina al letto e stringergli forte la mano e chiamò l’infermiera: ora Mike aveva bisogno di calmanti per il dolore non di parlare .
Con il farmaco lui si assopì e lei andò nella sala d’aspetto per telefonare a Charlie: voleva avere notizie di Len e di come stavano andando le cose a Baltimora.
Lui rispose al secondo squillo:”Aurora, allora si può sapere cosa è successo?Mike è una bravissima persona, lo conosco ormai da cinque anni, lavora un po’ qua e un po’ là, ma è onesto, te lo assicuro, lo sai che faccio fatica a fidarmi di chiunque, ma su di lui scommetterei qualsiasi cosa” Lo fece parlare senza avere il coraggio di interromperlo , era un fiume irruente di parole e di ansia. Lo calmò:” Tranquillo Charlie, non so ancora bene perché sia venuto fin qui a farsi curare, ma appena me lo dirà sarai informato. Comunque non so se si chiami veramente Mike, ma qui lo chiamano Dottore” – “Cosa?Ma sei sicura?” Charlie stava letteralmente cadendo dalle nuvole! –“ Sì, l’infermiera l’ha chiamato Dottore, e con un notevole rispetto, anche se lo ha redarguito per la poca tolleranza che lui ha manifestato durante le cure. Da quello che ho capito lui è riuscito a fermare l’emorragia alla gamba grazie alle sue conoscenze mediche. Ora dorme, il sedativo lo terrà tranquillo almeno tre o quattro ore. Ma volevo sapere di Len e di Kimi. “ –“ Per ora hanno fatto vari prelievi di sangue al piccolo, lo usano come deposito per l’intervento. Se tutto va come deve andare fra due giorni lo opereranno. Kimi è ora più tranquilla, ha visto che l’ambiente è veramente professionale e tutti si danno da fare per farla sentire più serena. Il Dottor Depth è una persona meravigliosa: riesce ad infonderti sicurezza, non esce mai dalla sua bocca la parola “forse”, e questa sua certezza negli esiti dell’intervento ci fa sentire bene. Ora vado, Kimi non deve star sola, ci sentiamo domani. Ti bacio Doc” .
Sorridendo e contraccambiando i baci destinandone anche a Kimi e a Len, Aurora chiuse la comunicazione e sbirciando nella camera di Mike decise di tornare a casa, tanto lui avrebbe dormito ancora un bel po’ di tempo.Le era venuta la tentazione di curiosare fra i suoi abiti, per cercare i documenti, per sapere chi era quell’uomo, ma non era abituata ad agire furtivamente, era meglio aspettare, e poi sorridendo ricordò che ultimamente aspettare per avere delle risposte era diventata una abitudine.
Pensandoci, lo conosceva da poco più di 24 ore, ma sentiva che era una persona positiva, oramai negli anni aveva imparato ad ascoltare il suo intuito, e se come diceva Tata Amy il cuore e la ragione non sempre camminano insieme in quel momento, capì che stranamente erano in simbiosi.
Quella notte dormì profondamente, di un sonno ristoratore ritrovato, finalmente!
Dopo aver fatto tutti gli interventi presso i vari allevamenti (che aveva lasciato in sospeso)mangiò un boccone veloce preparato da Tata Amy, baciò Liseli e di corsa si trovò di fianco al letto di Mike, già ripreso e rinvigorito, pronto ad alzarsi e sul punto di far impazzire tutto lo staff delle infermiere del reparto.
In mezzo a tutta la confusione da lui provocata lei nemmeno riusciva a parlare né a connettere, urlavano tutti, ma nessuno ascoltava veramente, quando come dal nulla sulla porta della camera apparve una figura imponente: era alto almeno un metro e novanta, ma non era la sua altezza che spaventava,ma ciò che emanava: una personalità forte, decisa, come i guerrieri del medioevo , con cavallo ,lancia e spada. Aveva uno sguardo magnetico e arcigno, e al momento era più che arrabbiato:” Se non la smetti di protestare, brontolare e di fare tutto quello che stai facendo, alla faccia del Giuramento di Ippocrate, ti rompo anche l’altra gamba!” Mike rimase basito, poi come un bambino si ammutolì, lanciandole uno sguardo triste che le fece stringere il cuore.
Poi il Dottore continuò :” Starai lì buono e a cuccia per almeno sette giorni, che tu voglia o no, e se firmi per essere dimesso anzi tempo, straccerò i fogli dove hai firmato! Si qui da meno di due giorni e già hai fatto impazzire tutti. Essere un Dottore non ti da il diritto di essere un despota deficiente. Qui ti curo io, almeno la gamba, per il tuo cervello ti metto nelle mani di Dio. Ci siamo chiariti spero. “ E notando Aurora solo in quel momento, le si avvicinò presentandosi: “ Mi scusi, sono il Dottor Holden e questa peste bubbonica è mio nipote, disgraziatamente !!!!” E senza altre spiegazioni uscì dalla stanza, seguito dalle infermiere .
Aurora guardò Mike, e lui capì che era ora di spiegare e raccontare chi era veramente, di rispondere a tutte le sue domande.
“Il mio nome intero è Michelangelo Holden (mia madre era una pittrice),mio padre e mio zio (che hai appena conosciuto) medici chirurghi, ed io fin da piccolo ho coltivato sia la passione per i pennelli che per i bisturi. Avevo anche una sorellina, più piccola, e quando mi sono laureato a 25 anni lei ne aveva appena 12. Poi un pomeriggio mentre mi stavo rilassando sul bordo della nostra piscina,orgoglioso e tronfio della mia laurea e del mio tirocinio presso l’Ospedale, mia madre venne chiamarmi trafelata perché Beatrice era caduta da cavallo . Corsi con lei da mia sorella e a causa della mia ignoranza e incapacità detti rassicurazioni a tutti vedendo la piccola in piedi, dicendo che non era nulla, imponendo quasi la mia volontà a non portarla in Ospedale, come se lo avessero fatto sarebbe stato per me un torto. Beatrice il giorno dopo fu ricoverata, ma morì causa mia, se la avessi fatta visitare da qualcun altro subito, se mi fossi messo in discussione ora sarebbe viva. Non me lo perdonerò mai, potrei vivere cento anni.Anche se mi hanno detto tutti che era impossibile prevedere una cosa del genere e che tutti si sarebbero comportati così,ancora oggi vorrei essere morto io al suo posto. Era talmente giovane e bella, ed io l’ho lasciata morire!”
E fra le lacrime che ormai scorrevano copiose sulle sue guance”Ora sai perché i miei capelli sono bianchi e perché mi chiamano dottore, ma io non ho più svolto la professione, vado bene solo e a fatica ad accudire degli animali. Basta che non siano gatti,fu un gatto a far imbizzarrire il cavallo che disarcionò Beatrice”.
Nell’ascoltarlo Aurora sentiva il cuore stringersi intorno ad una lama di coltello nel petto,capiva e sentiva la sua sofferenza .
Mike continuò:” Ecco perché sono venuto qui, in altri ospedali mi avrebbero additato come quello che ha lasciato morire sua sorella, avrebbero sussurrato alle mie spalle,invece qui se non altro mio zio mi dice faccia a faccia quello che pensa , senza ricamarci intorno, e lo preferisco. Me lo merito e basta. E forse speravo che il tragitto più lungo diventasse per me fatale, sono stanco di ricordi.”
Aurora rammentò in quel momento un articolo sul Norfolk Day, il quotidiano del paese, che aveva letto senza troppa attenzione(detestava sia i Telegiornali che i Giornali) su un promettente Medico Pediatra che per negligenza aveva lasciato morire la sorella. Dopo aver capito dall’articolo in neretto la sostanza dell’accaduto aveva abbandonato la lettura, la cronaca le dava solo stati d’ansia e niente altro. Era successo quasi trenta anni prima e lei stava iniziando la sua nuova vita, quindi ragione di più per non voler conoscere a fondo notizie così deprimenti .
Guardò Mike con profondo affetto e comprensione, poi senza dirgli nulla e senza riflettere troppo su quello che stava facendo, si alzò e si diresse con fiero cipiglio nello studio del Dottor Holden.
Appena bussato alla porta una voce autoritaria la invitò ad entrare e in seguito, dopo averla vista, con gentilezza ad accomodarsi aspettando di sapere il motivo della sua visita.
Quando sorrideva quell’omone era identico al nipote, stessi occhi azzurri, stesso sguardo limpido,una empatia immediata.
Guardandola negli occhi l’uomo capì subito: “ Posso darti del tu? Potresti essere mia figlia, anche se non ho mai avuto la gioia di essere padre, amo Michelangelo come se fosse mio figlio e non di mio fratello, buon anima. Dopo la tragedia di Beatrice , la sua piccoletta, il suo cuore si è frantumato e ci ha lasciato. “ Aurora fece un assenso con il capo, deglutendo a fatica, aveva la gola e la bocca riarse e lui le porse un bicchiere colmo di acqua fresca. Ma era un Dottore o un mago? Senza darle tempo, continuò: “Mio nipote pervaso dai sensi di colpa non è nemmeno intervenuto ai funerali della sorella e del padre, è semplicemente sparito, nel nulla.Credo che il dolore lo avesse fatto quasi impazzire! Mia cognata ed io lo abbiamo cercato dovunque, ma senza risultati. Abbiamo ingaggiato anche investigatori privati, ma nessuno è mai riuscito a scovare dove si fosse nascosto. Poi l’altra sera me lo sono visto arrivare in quelle condizioni, non sapevo nemmeno che fosse in Nebraska. Quando l’ho visto ho provato una gioia infinita e una paura maledetta per la ferita che aveva.”
“Ma allora voi non lo odiate per quello che è successo?” sussurrò Aurora. “No, assolutamente no, anzi. Lui è scomparso il giorno stesso, cioè quando è morta Beatrice. Non sa che dalla autopsia è emerso che la piccola aveva un aneurisma al cervello e che nulla a quei tempi l’avrebbe salvata. Ed è per questo che lo cercavamo disperatamente, sapevamo quanto soffrisse, ma la chirurgia di oggi forse potrebbe salvarla, ma trenta anni fa non c’erano speranze, specie su un fatto congenito. Era nata così, anche uno starnuto le sarebbe potuto essere fatale. La colpa non è stata sua, la piccola non si era ferita né aveva battuto a terra zone vitali. Era atterrata senza danni, solo una grande paura. Ma forse la paura che si era presa, forse il flusso sanguigno più veloce ha provocato l’inevitabile.
Solo che è da ieri cerco di parlare con lui, ma a parte l’ultima mia visita nella sua camera, forse perché c’eri tu si è trattenuto, non vuole parlare con me, non mi vuole nemmeno vedere, ed è per questo che vuole essere dimesso.E’ sulla difensiva e mi sta facendo arrabbiare, ma non posso mica dargli un pugno sul naso per farmi ascoltare!”
A quel punto Aurora decise che era ora di prendere il toro per le corna, quindi prendendo per mano lo zio di Mike lo trascinò nella stanza del nipote che appena lo vide si irrigidì sbiancando. Lei gli si parò davanti e ordinò :” Ora taci fino a quando lui non ha finito di parlare, e se non lo fai……” con fare minaccioso gli mostrò il pugno serrato davanti al naso e velocemente uscì dalla stanza. Nel corridoio riaccese il cellulare e trovò un sms di Charlie: Len era entrato in sala operatoria da due ore, avevano anticipato l’intervento causa qualche complicazione,appena ci fossero state notizie l’avrebbe chiamata. Sentì i brividi di freddo correrle su è giù per la schiena, basta era troppo, non ce la faceva più, e un pianto liberatorio la investì come un fiume in piena. Così la trovò zio Holden, seduta sulla panca, con la testa fra le mani, piegata su se stessa , sussultante per i singhiozzi. Sedendosi vicino, la avvolse in un caldo abbraccio :”Piccola grande donna, è ora che smetti di fare la Giovanna D’Arco, prova anche a pensare a te. Ora vai di là , vicino all’uomo del quale ti sei innamorata……………e non dirmi che non è vero perché ti sculaccio, e vuoti il sacco. Ora anche lui può ricominciare una vita vera, e credo che le sue intenzioni siano quelle di trascorrerla con te. Rausch, fila, andale, non farmi arrabbiare, corri!”
Aurora ubbidì e si catapultò nella stanza e poi fra le braccia di Mike esternando tutta la sua angoscia, ma anche il suo amore chiaramente corrisposto.
Quella fu l’unica sera di tutta la sua vita in cui rientrare a casa si rivelò un sacrificio. Avrebbe voluto restare lì con Mike , ma vista l’impossibilità a capo chino guidò la sua auto fino a casa. Trovò Tata Amy ancora sveglia che l’aspettava, non sapeva nulla di Len a Baltimora, ma il suo grande cuore aveva svegliato il suo sesto senso. Unite nell’attesa si addormentarono sul divano, abbracciate, con il telefono e i cellulari vicini, pronte a rispondere in zero attimi.
Ma il telefono e il cellulare restarono muti.
Alle cinque del mattino si svegliarono contemporaneamente e si scambiarono uno sguardo d’angoscia, la stessa sensazione che le opprimeva e che toglievano loro il coraggio di usare il telefono.
La vera paura era affrontare altro dolore.
Aurora senza chiedere né dire nulla a Tata Amy, con il suo indomabile coraggio, decise di telefonare allo zio di Mike, che prontamente chiamò l’Ospedale di Baltimora, lei non aveva la forza di farlo.
Le due donne si sedettero una di fronte all’altra in cucina, con una inutile tazza di caffè bollente davanti, non riuscivano nemmeno a parlare, nuovamente in attesa di uno squillo di telefono.
Ad Aurora tremavano talmente le mani da non riuscire a bere la nera bevanda, desiderava avere delle notizie, ma ne era contempo terrorizzata. Quali complicazioni avevano fatto anticipare l’intervento? Non sapeva nulla, avrebbe voluto fuggire, alzarsi, ma riusciva solo a fissare il telefono. Quando squillò Tata Amy ci si avventò sopra, mentre lei era come paralizzata.”Pronto, sono Holden, Aurora?” Balbettando la povera donna rispose:” No, sono Amy, può dire a me ? la Dottoressa è qui di fianco” il Dottore allora continuò: “ Purtroppo l’insorgenza delle complicazioni hanno provocato una anamnesi postoperatoria cruciale. L’intervento è finito, ma il bambino è stato posto in coma farmacologico. Prima di pronunciarsi il Dottor Depth aspetterà le prossime 24 ore, ma non è ottimista, la sua paura è che i danni causati dalla crisi epilettica precedente all’intervento siano irreversibili. La tac di domani ci svelerà esattamente se l’emisfero del cervello rimasto è leso o no. Lui comunque non è particolarmente ottimista dalla Tac di oggi , spera che l’assestamento porti novità positive, ma non ci crede molto. “ Ed evitò di dire che il collega di Baltimora pensava che il bambino non sarebbe vissuto fino al momento della seconda Tac.
Tata Amy ringraziò e chiusa la comunicazione telefonica riportò ad Aurora le parole di Holden.
Il rientro a casa di Kimi, Charlie e della piccola bara bianca fu un qualcosa di talmente straziante che nessuno aveva mai vissuto.
Il piccolo era scivolato in un coma irreversibile dal quale non sarebbe mai uscito e Kimi dopo giorni e giorni di sofferenza inumana aveva scelto di farlo staccare dalle macchine e donare i piccoli organi del suo Len a qualche bambino sofferente. In questo modo una parte di lui sarebbe vissuta,non sarebbe morto del tutto. Lei sapeva che il suo cuore palpitava da qualche parte, che i suoi stupendi occhi neri vedevano ancora tante bellissime cose, che ogni dono del suo corpo avrebbe ridato gioia ad un cucciolo d’uomo come lui.
Anche Mike partecipò al funerale, assicurato su una barella e forse pianse quelle calde lacrime che si era negato per Beatrice. Quella sera fu Aurora a traslocare a casa di Kimi, con Jet al seguito. Il povero animale sembrava aver capito la tragedia che si era compiuta e non ci fu verso di staccarlo da Liseli, per giorni e giorni, anche di notte, dormiva sulla pedana ai piedi del suo lettino, e mangiava solo se lei lo faceva. Questo atteggiamento aiutò la piccola che lentamente ricominciò a sorridere, anche se mestamente, e il suo miglioramento spronò anche Kimi a fare altrettanto.
Erano intanto trascorsi venti giorni e Michelangelo Holden fu dimesso dallo zio il quale conoscendo il carico di lavoro e responsabilità di Aurora gli diede al seguito la migliore infermiera della clinica, una donna talmente tanto grossa da essere più facile saltarla che girarle intorno. Prese subito in mano le redini e come un Generale dava a Mike degli ordini precisi e concisi, senza lasciargli tregua. Alla sera quando Aurora rientrava a casa doveva regolarmente ascoltare i lamenti del povero malato, come lo chiamava lei ironicamente, strizzando l’occhio a Cesary, l’infermiera despota, ma super preparata e competente che aveva deciso che lui in tre mesi avrebbe ricominciato a camminare, in sei mesi a correre e in capo a otto mesi il reparto Pediatria Chirurgica aveva bisogno di un Dottore valido, quindi Il Dottor Michelangelo Holden non aveva scampo, era veramente ora di rinascere.
Ed è vero che il tempo è il miglior dottore che esista: dopo appena due mesi ricominciò a camminare, anche se con il bastone, ma intanto il gesso, la seggiola a rotelle e le stampelle erano solo un ricordo; la famiglia di Kimi aveva ritrovato un minimo di serenità, il dolore non era scomparso, ma diventava ogni giorno più tollerabile, la vita continuava , e pensando a Liseli era tornata la voglia di pensare al domani.
C’era comunque una particolare che turbava Kimi: non aveva avuto più notizie dei nuovi proprietari della fattoria e con tutto quello che era successo non aveva nemmeno più idea di dove fossero finiti gli incartamenti della compra-vendita , sapeva di doversene andare da quella casa,ma quando? E loro chi erano?Come mai non si erano più fatti sentire? Una mattina passò in rassegna tutti i posti in casa dove avrebbe potuto trovare i documenti,setacciò ogni angolo, ogni cassetto, ogni mobile ma non trovò nulla, Tata Amy non li aveva mai nemmeno visti, allora telefonò ad Aurora, che al tempo aveva diretto la transazione. L’amica le rispose che li aveva lei, in cassaforte e che la sera stessa l’avrebbe aspettata a casa a cena e glieli avrebbe consegnati.In quel momento sentì suonare alla porta ed era il postino che le consegnava una raccomandata:veniva da Baltimora, perché il Dottor Depth le scriveva? C’era ancora un conto scoperto? Erano le domande che si poneva mentre apriva la busta. Pensò anche che qualche soldo le era rimasto, ma le sarebbe servito a fatica per una nuova casa. Ma quasi svenne nel vedere che attaccata alla lettera c’era un assegno del totale importo delle spese ospedaliere accompagnato da queste parole: “Gent.ma Signora Kimi, mi permetta di chiamarLa per nome, La prego di non offendersi né rifiutare l’assegno allegato, non è certamente mia abitudine comportarmi in questo modo.Non voglio nemmeno riaprire nel suo cuore una grande ferita, ma oltre all’assegno troverà in calce alla presente l’elenco esatto dei bambini che vorrebbero conoscerla e ringraziarla.”Ora lei sapeva chi viveva con almeno un piccolo pezzettino di Len, chi le avrebbe detto :” Il suo cuore batte per me, ma anche per te, oppure io vedo il verde dei prati e il blu del mare, ma lo guardo anche per lui e per te ………….”
Senza nemmeno aspettare un attimo chiamò nuovamente Aurora , con il cuore che sembrava potesse scoppiarle nel petto per la gioia,ma l’amica non era raggiungibile telefonicamente,allora saltò in auto e andò a cercare Charlie , a lui voleva dirlo di persona. Ma quando lo trovò con lui c’era anche Aurora che era andata da lui per avere un consiglio per trarsi fuori dal pasticcio dei documenti: Kimi ora era perfettamente lucida e calma e leggendo il suo nome cosa avrebbe detto o fatto? Charlie se la stava ridendo, era convinto che la sua grande donna avrebbe amato ancora di più l’amica scoprendo la verità, ma l’assegno da Baltimora lo lasciò del tutto spiazzato. A quel punto Aurora ascoltando la novità, chinò il capo e disse all’amica” Bè, allora puoi ricomperare la fattoria” e Kimi:” Appunto, se mi dai i documenti riesco a rintracciare i signori che hanno comperato e faccio loro una offerta!” Intervenne Charlie:” Il signore, o meglio la signora che ha comperato la tua fattoria l’hai davanti! “ Kimi non sapeva se ridere o piangere, se abbracciarla o picchiarla, poi come aveva immaginato Charlie le buttò le braccia intorno al collo e non le lasciò fiato finché Aurora non le ebbe raccontato nei minimi particolari come era riuscita a metterla nel sacco.Pur insistendo e ottenendo di renderle il denaro, non volle cambiare nulla della transazione, non ce ne era assolutamente bisogno, per lei quella donna era più che una sorella e non voleva assolutamente sconvolgere ciò che lei aveva pianificato.
Decisero anche insieme di contattare le famiglie dei bambini che avevano permesso di farle sapere la loro identità e che avevano chiaramente messo l’ospedale di Baltimora di renderle le spese sostenute per riconoscenza. Nessuno di loro aveva mai conosciuto una tale abnegazione da estranei, era veramente un fatto insolito.
Era un pomeriggio di un febbraio glaciale e rientrando a casa dal lavoro Aurora trovò tutti in sala davanti al camino che parlottavano:Kimi stava illustrando a Mike il suo sogno, cioè usare Tuareg e Yhinni per il recupero dei bambini Down o portatori di Handicap, terapia riconosciuta in tutto il mondo.Charlie era beatamente seduto su una poltrona e vedendola venire verso di loro le chiese: “Non volevi fare una domanda a Kimi? Eccoti la risposta!” Intanto Mike seriamente interessato al progetto portò qualche consiglio: “Ci sarà bisogno di dottori in veterinaria comportamentale per stabilire se i cavalli sono veramente adatti a questo tipo di mansione, poi psicoterapeuti da inserire in questo contesto, ma per questi ultimi non ci sono problemi, stanno già per venire a lavorare alla clinica, nel mio reparto”.(Per le spese c’erano ancora quell’eredità di Aurora, che gira e rigira restava sempre in famiglia visto che alle proposte di matrimonio di Charlie a Kimi e di Mike ad Aurora le due amiche –sorelle avevano risposto semplicemente “SIIIIIIIIIIIIIII”.) Inutile dire che Mike aveva già cominciato a lavorare in Pediatria, non tutti i giorni, ma stava con passione prendendo il posto che zio Holden aveva sognato per lui da anni e Charlie aveva preso il posto del fattore da Kimi, facendolo assumere da Aurora.
Mike usciva anche tutte le mattine a camminare per qualche chilometro con i suoi cani da guardia: Jet e l’implacabile infermiera Cesary, e il pomeriggio lavorava alla Casa di Cura. E Aurora? Lei aveva seppellito ogni brutto ricordo, ogni triste momento della sua incredibile vita. Il Destino, Dio, o uno di loro aveva scritto in quel libro misterioso la parola FINE alle sue sofferenze, le aveva dato un presente e un futuro ricchi di amore, amicizia, gioia,speranza.Certo lo stesso Destino o Dio si era preso Len, ma forse la nuova vita che pulsava sul cuore di Kimi avrebbe portato non una sostituzione, ma per lei, Liseli e Charlie un futuro ricco di promesse. Era il momento di essere felici e nessuno più di Aurora poteva conoscere l’assenza dell’amore e ora assaporarne la presenza, al punto di volersi sposare con Mike sulle rive del suo ruscello, dove era stata veramente serena con nonno Adamo, e quando lui le disse Sì, le fronde degli alberi intorno furono accarezzate da un vento delicato, e tutti ascoltarono una stupenda melodia d’amore: la natura amata rispondeva a colei che l’aveva sempre rispettata e capita:” Non ti preoccupare, nonno Adamo e qui con te, con noi, nel ventooooooooo……….”.
Emanuela Zanna