Non intervenne, lo lasciò fare, aveva imparato ad aspettare i tempi degli altri per parlare, non voleva essere invadente, il mattino successivo avrebbe potuto aiutarlo.
Era appena l’alba quando si alzò e dopo una doccia rigenerante indossò un paio di pantaloncini e una maglietta di cotone. Indugiò un attimo davanti allo specchio, si raccolse i capelli sulla nuca, e constatò con piacere che nonostante i suoi cinquant’anni non era particolarmente sciupata, che il tempo con lei era stato magnanimo: qualche piccola ruga intorno agli occhi verdi, una miriade di lentiggini su zigomi e naso, una cascata di capelli in origine castani, ma ora a ciocche biondo cenere per nascondere qualche antipatico intruso bianco,un fisico asciutto le conferivano un aspetto molto più giovane di quanto la carta d’identità dichiarasse.
Aprì tutte le finestre, si recò in cucina, e tra toast, succo di arancia e caffè bollente fece una colazione abbondante, ora era pronta per affrontare una nuova giornata di lavoro.
Riordinò la casa, diede da mangiare ai pesci e aprì le porte delle gabbie alle cocorite , alle tortore e alle colombe in modo da lasciarle libere di volare sugli alberi circostanti, come era loro abitudine quotidiana.
Avevano imparato a rientrare nei loro alloggi all’imbrunire, e in questo modo lei riusciva in tutta tranquillità a pulire le gabbie, a rinnovare giornalmente cibo ed acqua, certa del loro rientro.
Aurora aveva la grande capacità di capire ogni creatura, non c’era animale che dopo averla vista, annusata e che avesse avuto con lei un contatto le resistesse, diventava sempre amore per la vita. Era molto più complicato con le persone, meno sincere e meno semplici !!!
Entrando in soggiorno notò che Charlie aveva già preso la lista della spesa, la segreteria telefonica non lampeggiava, prese la borsa e andò da Tuareg, per vedere come stava e per i primi prelievi di sangue. Oltre alle solite cose , mise nella borsa un mazzo di carote
e qualche zolletta di zucchero, voleva stabilire con il puledro una intesa, che lui imparasse a fidarsi di lei.
Appena entrata nel box capì che era ancora un po’ agitato, allora si avvicinò con movimenti lenti, e iniziò ad accarezzarlo sul collo, parlandogli dolcemente, e poi come ispirata iniziò a cantare una ninna nanna che le aveva insegnato nonno Adamo.
Come per miracolo Tuareg si rilassò, e appoggiò la testa sulla sua spalla, per poi iniziare a masticare l’orlo della sua maglietta, come in una sorta di gioco, e a quel punto per farlo desistere solo le carote sarebbero state utili.
Il puledro le gradì, e lei riuscì a visitarlo e a controllare le ferite. Ogni volta che nel toccarlo gli procurava fastidio o dolore, lui le prendeva il braccio con la bocca e lo spostava, ma senza aggressività, lo spostava e basta. Allora ripeti e ripeti le stesse mosse all’infinito lei riuscì a pulire con acqua le ferite e a fare alcuni prelievi di sangue.
Più lo guardava e più se ne innamorava: era stupendo, bianco e marrone,i suoi colori erano distribuiti in modo armonico, su un fisico snello ma possente.
Sulla spalla la macchia marrone pareva il disegno di un continente, la criniera e la coda avevano l’alternanza dei due colori, in tutte le tonalità possibili. Sì, Madre Natura aveva veramente compiuto un prodigio su quel cavallo, era talmente bello da togliere il fiato.
Portate le fiale di sangue in laboratorio, le inserì nelle sofisticate macchine per le analisi e visto che ci sarebbero volute due o tre ore per avere delle risposte, decise di portare Tuareg a casa, conscia che per lui ritrovarsi nel suo ambiente sarebbe stato sicuramente meglio.
Tornata alla stalla, gli infilò una capezza e lo guidò dolcemente verso casa.Un passo dopo l’altro si rese conto che anche se lo avesse lasciato libero, lui l’avrebbe seguita, anzi forse lui stesso l’avrebbe condotta a destinazione. Infatti raggiunta la strada principale , non più sterrata Tuareg si fermò, scrollo la testa come per dire no, si girò verso la direzione opposta, e liberatosi deciso andò verso un varco della recinzione, lo oltrepassò, fece una piccola galoppata, poi tornò sui suoi passi e la aspettò.
Subito si era spaventata pensando che fuggisse, poi vedendolo fermo, che la guardava, agitando la testa dal basso verso l’alto, e lanciando leggeri nitriti come per dirle di fare in fretta che lui l’avrebbe aspettata capì che aveva a che fare con un animale incredibilmente intelligente.
Fu così che li vide arrivare Kimi, lui che correva davanti ad Aurora, lei che lo inseguiva senza mai riuscire a raggiungerlo.
Era indubbiamente una scena comica, e Kimi non poté trattenere le risa, poi abbracciò Tuareg, gli ordinò di entrare nel maneggio, e fece appena in tempo a chiudere il cancello che la povera Aurora le crollò addosso, senza fiato.Mentre beveva una limonata fresca entrata in casa di Kimi, raccontò minuziosamente ogni momento della sua esperienza con quel monello di puledro.
Così fra una chiacchiera e l’altra le due donne scoprirono di capirsi immediatamente, di avere molti punti in comune, e senza nemmeno rendersene conto da quel momento in poi l’amicizia fra loro non fece altro che diventare sempre più profonda.
La cosa più strana, pensava Aurora, era che lei non era mai riuscita a stabilire una vera amicizia con una ragazza, forse perché cresciuta in un collegio femminile , di sue coetanee provenienti da famiglie altolocate, ragazzine che conoscevano solo il verbo voglio,viziate e vuote , era stupita della immediata reciproca capacità fra Kimi e lei di capirsi, di entrare in sintonia.
Kimi le aveva raccontato un po’ della sua vita, ma quello che l’ aveva colpita di più era stato l’arrivo quasi tumultuoso di Liseli, la bimba più grande di Kimi, e quello incredibilmente troppo silenzioso di Len, il piccolo .Erano tornati con il bus della scuola , e nel vederli ad Aurora mancò il coraggio di lasciare Kimi.
Le si mise al fianco seguita da dietro dalla Tata Amy, e lesse negli occhi dell’amica la gioia nello stringerli tra le braccia .Purtroppo questa gioia era offuscata dalla malattia di Len: il bambino indossava un casco protettivo alla testa perché soffriva di crisi epilettiche.
Liseli di circa dieci anni era solare, aperta,sensibile e responsabile per suo fratellino , di due anni più giovane, chiuso , insicuro e provato dalla feroce malattia.
Mentre Tata Amy andava con i due ragazzi, Ellen aiutò Kimi ad apparecchiare e a preparare per il pranzo. Mentre lei iniziò a raccontare la sua storia il cellulare di Aurora suonò: era Charlie arrabbiato, preoccupato, voleva sapere dove era finita , dove era Tuareg, e dato che le urla erano talmente tanto forti, Kimi sentendole prese il telefono e invitò a pranzo anche lui, che arrivò cinque minuti dopo.
Nel breve tragitto Charlie si rese conto di essere ingiustificatamente felice di poter andare da Kimi, non sapeva il perché, ma si sentiva bene al pensiero di rivederla, lui un orso di uomo, era per la prima volta contento di vedere una donna, anzi di andare a casa sua a pranzo, era veramente incredibile!!! Non se lo sarebbe mai aspettato, e mentre parcheggiava il furgone rise tra sé e sé. Non si stava mica innamorando? No, impossibile!!!!! Comunque entrò raggiante in casa, e appena vide l’espressione contrita di Aurora sentì come un tuffo al cuore, come quando vai sulle giostre e il su e giù ti dilania, e vorresti rimettere i piedi per terra, solida e ferma.
Tata Amy aveva già pranzato, come i ragazzi a scuola, e per lasciare sola Kimi con i nuovi amici aveva portato i bambini al parco, là almeno Liseli poteva avere nuove amiche, per Len era difficile far nuove amicizie, spesso i coetanei alla vista del caschetto lo deridevano o lo consideravano ritardato e questo per lui era una vera tortura. Invece lui nonostante le crisi epilettiche sempre più frequenti, era perfettamente normale, e soffriva anche se non diceva mai una parola al riguardo, teneva tutto dentro, in una sofferenza senza confini, talmente tanto grande da non riuscire quasi a contenerla.
Ultimamente era diventato anche sensibile alla luce del sole,forse a causa dei farmaci antiepilettici che doveva assumere sempre più frequentemente e per poterlo far uscire, andare a scuola e da qualsiasi altra parte, per evitare le crisi indossava occhiali scuri, chiusi lateralmente tipo para-occhi e questo non faceva altro che aumentare il suo disagio, ma Kimi era convinta che isolarlo , non farlo stare tra i suoi coetanei non lo avrebbe certamente aiutato.
Davanti ad una bistecca più grande del piatto, e con qualche bicchiere di buon vino, Kimi iniziò a raccontare la sua storia, la sua vita, ai nuovi amici, che la ascoltarono con silenziosa attenzione.
Kimi aveva vissuto un divorzio difficile, dopo una ancora più difficile convivenza con un marito alcolizzato e violento. Il piccolo Len era stato concepito non per amore, ma per uno stupro sotto gli effetti di grandi dosi di alcool miscelato a cocaina . Nonostante ciò, Kimi era rimasta accanto al marito per amore di Liseli, ma quando il padre dei suoi figli non volle accettare la malattia di Len, accusandola di averne la colpa,iniziò a picchiarla per un nonnulla, o meglio per quello che l’alcool lo induceva a fare, lei scappò con i ragazzi seguita dalla Tata Amy che nonostante conoscesse il padre dei ragazzi, non ebbe nessun dubbio a seguirla. Anzi le disse chiaramente che non voleva più essere stipendiata, voleva solo far parte della sua famiglia.
Kimi andò a chiedere aiuto ad una Associazione atta a proteggere le donne e i bambini che subiscono maltrattamenti, e dopo denunce su denunce, processi interminabili e umilianti, riuscì ad ottenere con la libertà un assegno da lei chiamato “ la brutta uscita”. .
Con il denaro aveva comperato la fattoria, gli animali, e solo ora poteva sentirsi tranquilla, suo marito non poteva più avvicinarli e non doveva più versarle denaro, insomma non avrebbe mai più dovuto avere a che fare con lui, per sempre.
Aurora e Charlie non riuscivano più a mandar giù nemmeno un boccone, il loro stomaco si era chiuso come stritolato da una morsa, e anche le parole si erano come paralizzate , le avevano in testa, ma non uscivano dalla bocca.
Poi Aurora si alzò in piedi, con un guizzo, e con una rabbia che Charlie non le riconosceva, la vide dare un violento pugno sul tavolo:” Posso capire tutto, cercare di comprendere, adattarmi, accettare cose che non mi piacciono, ma per la miseria, chi compie violenze su una donna, moglie o no, e che poi ne faccia anche ai suoi figli, sangue del suo sangue, e no, questo no, non passa, non è possibile, se me lo trovassi davanti, giuro, a costo di marcire poi in galera, lo faccio secco !!!”Dopo aver detto ciò, tutto di un fiato, si accorse che con il pugno aveva rovesciato sia i bicchieri che la caraffa contenenti il vino, che la tovaglia era cosparsa di vino rosso, e che Charlie aveva preso nelle sue una mano di Kimi e che tutti e due la guardavano con un affetto che non leggeva negli occhi di nessuno dai tempi del nonno Adamo.
Con un impeto che non conosceva, lei che aveva imparato a controllare le emozioni, a mettere in un cassetto profondo più del mare tutti i sentimenti specie per il genere umano, si tuffò tra le loro braccia, unendo le sue lacrime alle loro, e fra un singhiozzo e l’altro sentì di aver trovato quella famiglia che non aveva mai avuto , che la sua volontà sopita si era risvegliata: non doveva star bene per se stessa , almeno non solo, ma per degli amici veri,e la voglia di lottare, di impegnarsi, di dare amore affetto senza riserve fece capolino dentro di lei. Era ora di sentirsi utile, veramente, finalmente il suo bicchiere era mezzo pieno, non più mezzo vuoto, non aveva più paura di amare. La vita era lì ad aspettarla, con desideri,amore, amicizia, solidarietà , insomma con un futuro non più fatto di amarezza, di solitudine interiore ma di speranza.
In seguito le giornate passarono in modo quasi frenetico: Charlie oltre ai normali lavori quotidiani aveva il suo bel da fare con la
recinzione. Aveva trovato cinque operai , ma doveva affiancarli oltre che controllare il loro lavoro .Kimi non potendosi permettere di pagare la mano d’opera, partecipava anche lei ai lavori . Era buffissimo vedere quella piccola donna armeggiare con piccone e mazza quasi più grandi di lei. Faceva una fatica disumana, ma non mollava mai, lavorava incessantemente dalle prime luci dell’alba fino all’ora del rientro dei suoi figli.
Aurora dovette fare una serie di visite urgenti presso varie fattorie: gravidanze, parti, infezioni,vaccinazioni, interventi chirurgici , insomma quasi tutte le pecore della zona le passarono tra le mani,un numero imprecisato di cani e gatti e un piccolo somarello, per non parlare delle medicazioni due volte al giorno di Tuareg, che faticò non poco a guarire. Solo a sera riuscivano a trovarsi e a fare qualche chiacchiera.
L’estate stava finendo :era venerdì, si erano riuniti a tavola per la cena a casa di Aurora. Charlie aveva cucinato un tacchino enorme e tutti insieme stavano festeggiando la fine del reticolato. Finalmente dopo quattro mesi di sforzi e sacrifici tutte e due le proprietà erano recintate e i cancelli elettronici montati.
Brindarono anche alla loro grande amicizia, forse con qualche bicchiere in più di buon vino, con allegria, accantonando almeno per quella sera ogni preoccupazione, resettando ogni pensiero triste.
Questi erano i ricordi di Aurora quel sabato caldo alla fine di Agosto, sdraiata sul prato con Jet, esausto per il gran correre, al suo fianco.
Quando qualcosa le ritornò in mente: perché Kimi aveva detto che Tuareg e Yhinni erano tanto importanti? Perché lei aveva puntato tutto su di loro e sui loro figli? Non le aveva mai fatto domande al riguardo, ma ora era venuto il momento di farlo. E senza starci troppo a pensare, salì in auto, con Jet al suo fianco, e velocemente corse da Kimi per chiederle chiarimenti.
Ma al suo arrivo trovò solo Tata Amy con Liseli perché Kimi era andata con Len da un noto neurochirurgo, a Minneapolis, per un importantissimo e particolare accertamento diagnostico.
Aurora rimase un attimo di stucco, o meglio un tantino contrariata: l’amica non l’aveva informata al riguardo , e ciò la fece sentire esclusa, come se la loro profonda amicizia non valesse nulla. Poi si sentì infantile, capricciosa ma la delusione di non essere accanto a Kimi in un momento così importante della sua vita le faceva provare sentimenti diversi, ma comunque al momento non poteva fare nulla di più, si raccomandò con Tata Anna di riferire a Kimi che l’aveva cercata e che avrebbe atteso una telefonata al suo rientro.
Intanto una pioggerellina fitta- fitta aveva iniziato a cadere, e appena tornata a casa accese il camino, l’umidità la infastidiva, e la pioggia la intristiva. A volte si sentiva stupida,non era normale che una donna adulta cambiasse di umore in base alle condizioni del tempo!!!!
Intanto Jet si era sdraiato davanti al camino, dormiva beatamente sul tappeto,lei si era raggomitolata sul divano con il telefono a portata di mano, e aspettava con ansia la telefonata di Kimi.
Tata Anna le aveva detto che l’aereo di linea sarebbe atterrato alle 17,00 a Omaha, quindi per le 20,00 circa l’amica sarebbe arrivata a casa con un taxi.Erano quasi le otto di sera, si era assopita sul divano, quando
Jet si mise ad uggiolare , e contemporaneamente Charlie entrò in casa. Brontolando per la pioggia andò a prepararsi un caffè caldo, e bofonchiando parole che lei non riuscì a capire causa l’andirivieni fra sala e cucina, finalmente si mise di fronte al divano e lesse negli occhi dell’amica la preoccupazione.
Messo al corrente della novità, anche lui si mise in attesa dello squillo del telefono.
Kimi chiamò un ora dopo, e subito fu chiaro il suo sconforto.Aurora e Charlie salirono in furgone e in un battibaleno erano davanti alla porta dell’amica.
Il responso del neurochirurgo era stato devastante: Len aveva un’encefalite di Rasmussen, un’infiammazione del tessuto celebrale estremamente rara, che provocava al piccolo le convulsioni che lo devastavano giornalmente e sempre più numerose.
Questa malattia progredisce lentamente, ma inesorabilmente, e porta prima la paralisi di un lato del corpo,a un ritardo mentale e poi alla morte .
Emanuela Zanna