Aurora 2/8

Si sedette, giurò sulla Bibbia di dire solo la verità e attese le domande dell’avvocato che l’aveva citata.
-Sì, gli animali erano in grave stato di denutrizione…
-Sì, gli animali era malati….
-Sì gli animali erano impossibilitati ad uscire….
-Sì la casa era in condizioni orribili…. Ma………

L’Avvocato Henderson la interruppe, per lui era finita la sua deposizione, ma l’Avvocato d’Ufficio la fece continuare:
-La signora anziana e malata era pure lei in stato di denutrizione
-So che erano cinque anni che viveva lì, ma era in arretrato sul canone solo da sei mesi
-Mangiava le scatolette destinate ai cani e ai gatti, perché non aveva denaro sufficiente per sé stessa
-Non apriva né porte né finestre perché non deambulava più, riusciva a fatica a muoversi da una poltrona al bagno distante un metro, e uno dei cani le portava in grembo le scatolette che lei apriva sia per i suoi animale che per sé.-
-Era completamente disidratata non riuscendo sempre a raggiungere il rubinetto dell’acqua, mentre gli animali se ne fornivano, triste realtà, dal water.-
Sia la giuria che il Giudice rimasero inorriditi davanti ad una tale realtà, e quando grazie alla testimonianza del tecnico della distribuzione dell’acqua seppero che i padroni di casa avevano chiesto il blocco della fornitura idrica, in aula si sentirono solo esclamazioni di disappunto.

La sentenza fu emanata in quindici minuti: la povera ottantenne fu assolta con formula piena mentre i clienti dell’avvocato oltre a non incassare i mesi arretrati furono condannati a pagare le spese processuali, le spese riguardanti gli animali presso il rifugio per almeno sei mesi e i danni alla signora, consentendole il meritato riposo presso una struttura migliore della Casa di Accoglienza, fino al suo ultimo respiro.

Aurora era felice, aveva subito capito come era Henderson, non aveva pratica di uomini, anzi non li conosceva proprio, ma era stata capace di inquadrarlo.Era riuscita a fare giustizia grazie al suo sesto senso, quello che nonno Adamo le ricordava sempre.
Dall’uscita dal collegio aveva avuto varie occasioni di uscire con ragazzi, ma era troppo presa dal suo quotidiano per aver tempo e forze per dedicarsi all’amore. Fare la domestica prima e la veterinaria poi, a tempo pieno, le toglievano tutte le forze, fisiche e mentali.
Non era una bigotta, nonostante avesse vissuto per anni con delle monache non era riuscita ad entrare veramente nel mistico della religione.

Accettava l’esistenza di un essere superiore, ma non aveva ancora inquadrato che titolo avesse, né quanto spazio prendesse nella sua vita. Le monache avevano tentato varie volte di indurla a prendere i voti, ma dentro di lei non era mai nata la scintilla giusta. Credere in un Dio le poteva andare bene, ma dedicarGli completamente la sua vita, questo no, non entrava nella sua ottica. Lei voleva difendere i deboli,aiutare chi subiva abusi o ingiustizie, mica predicare il grande amore di qualcuno che non era visibile non era Maria Teresa di Calcutta, né pretendeva di esserlo,voleva solo fare e dire quello che riteneva giusto. In passato si era chiesta come mai i suoi genitori, quasi atei l’avessero rinchiusa in un collegio di religiose, e l’unica risposta che si era data era che forse il perché era il collegio più costoso, e questo fatto poteva lavare la loro coscienza per averla praticamente abbandonata. Poi aveva smesso di farsi domande al riguardo, aveva studiato con volontà e profitto fino alla laurea.

Una mattina al rifugio c’era una calma incredibile, nessuna chiamata,nessun randagio da recuperare, la sala operatoria e l’ambulatorio in completo silenzio. Aurora si stava annoiando leggendo una rivista recuperata nella sala d’aspetto, quando lesse un invito di adozione a distanza di animali di un rifugio simile a quello dove lei lavorava.
Immediatamente le venne un’idea e senza pensarci un attimo cercò di metterla in pratica: telefono al Sindaco della città, e dopo qualche minuto di attesa la Segretaria , dopo essersi accertata che Aurora non voleva chiedere denaro o donazioni ulteriori alle già magre casse del Distretto Comunale, Le fissò un appuntamento per tre giorni dopo, all’ora di pranzo circa con il Capo della Città.

I tre giorni passarono in fretta , e la Dottoressa si presentò puntuale all’appuntamento.
La sua idea era questa: con il permesso del Sindaco voleva andare nelle scuole, e in ogni classe spiegare ai bambini il suo lavoro e gli scopi del Rifugio, poi chiedere loro di andare in ogni casa, dove sapevano vivessero persone sole e anziane, e proporre l’adozione di un cane o di un gatto presenti nel rifugio. Naturalmente ciò era possibile se tutti i genitori avessero acconsentito.

Di positivo per le casse Comunali sarebbero calate le spese di mantenimento degli animali, e poteva essere una grande pubblicità ed un esempio da seguire da altri distretti.
La proposta fu accettata con il beneficio del dubbio: il Sindaco pensava che sarebbe stato un buco nell’acqua, per così dire, non credeva che Aurora avrebbe avuto successo, ma parlò immediatamente con il Responsabile Scolastico e di lì a due giorni lei iniziò ad entrare in tutte le classi esponendo sia a parole che con foto e filmati la vita del Rifugio, il lavoro suo e dei volontari.

Si sentì incredibilmente felice, parlando con i bambini che la ascoltavano con rapita attenzione e la loro quasi palpabile innocenza e partecipazione.
L’adesione fu quasi del 100% . Il compito dei ragazzi era di unirsi in piccoli gruppi, bussare a tutte le porte, fare interviste sulle preferenze, cioè se cane o gatto, e nel caso quale razza o similare e proporre l’adozione, previo aver visto l’animale e passate con lui qualche ora, senza impegno naturalmente!

La “crociata” ebbe inizio e le strade della piccola città furono invase da ragazzini armati di bloc-notes per appunti (nome-cognome-indirizzo-preferenze…) e di tanto entusiasmo.
Quando riuscivano a strappare una semi-promessa di adozione di un cane o un gatto, rientravano al Rifugio, prelevavano il candidato, lo lavavano, lo spazzolavano e lo portavano a destinazione, e salvo qualche rara eccezione riuscivano a centrare il bersaglio.
Inizialmente Aurora per non pesare sugli altri volontari compilava personalmente tutti i libretti sanitari degli animali prendendo i dati dal computer, ma il lavoro diventò talmente tanto che se voleva continuare a curare gli animali e avere tempo per farlo bene, doveva lasciare il lavoro d’ufficio a chi di dovere , lei li firmava solo, sapendo bene di potersi fidare ad occhi chiusi di tutti.

In circa sei mesi , nonostante i vari recuperi di randagi anche da altre contee, ma grazie all’impegno dei bambini e alla notizia comparsa sui giornali ci fu addirittura chi si propose per l’adozione da altri distretti, altre scuole lontane decine di chilometri aderirono alla iniziativa e gli ospiti del rifugio calarono più della metà.
Ora era serena, era arrivata dove voleva e dopo circa un anno dalla firma del contratto con il quale si assumeva la responsabilità dell’Ambulatorio veterinario del Rifugio,dopo essere riuscita a trovare il modo di dare casa ai suoi adorati animali, decise di uscire una sera con i colleghi, che la trascinarono a ballare in un locale per single.
Dapprima era titubante, poi si disse che nulla le poteva accadere, con loro si sentiva al sicuro.

Erano seduti ad un tavolino a bere, con la musica e le luci che facevano girare la testa più dei Martini, quando al loro tavolo si avvicinò un ragazzo: era cugino di uno di loro, e si unì quindi alla compagnia. Era simpatico, brillante, e affascinante. Aurora si rese conto subito che era attratta da lui, e che la cosa era reciproca.
La serata volò in un attimo e all’uscita del locale tutti insieme la accompagnarono a casa. Eddy, il nuovo arrivato, tenne pallino per tutta la serata, e davanti alla porta di casa di Aurora le chiese di vederla ancora, al più presto, se lei era d’accordo.Si incontrarono la sera seguente, e poi quella ancora dopo. Con lui riusciva a raccontarsi, a esternare tutti i suoi sentimenti, le sue idee, i suoi principi, le cose più importanti in cui credeva e quelle che aborriva.

Anche Eddy le raccontò della sua vita: un padre padrone e cinque sorelle più grandi di lui, era nato e cresciuto a Phoenix, in Arizona,una grande fattoria, tanto duro lavoro per lui, unico figlio maschio, centinaia di capi di bestiame da gestire, migliaia di acri di terra dura e sterile . Lui un fisico non certamente gracile, ma non forte tanto quanto il padre avrebbe voluto fuggì per cercare fortuna a Dallas, ma non gli era andata bene, era un bell’uomo ma non era riuscito ad affermarsi come lui sperava, cioè come modello , quindi si era spostato a Norfolk presso suo cugino, barcamenandosi in lavori vari , dallo scaricatore di cassette al mercato ortofrutticolo al garzone del supermercato.

Lei ascoltando la sua storia ebbe come un guizzo di istinto materno e senza nemmeno accorgersene si innamorò perdutamente, e
iniziò così la loro storia, piena di passione e d’amore , e per Aurora era come toccare il cielo con un dito.Non le sembrava vero : aveva una persona di fianco, con la quale dividere la gioia di tutti i giorni e la tristezza del passato.Iniziarono a vivere subito insieme nell’appartamento di lei più spazioso e dopo solo sei mesi decisero di sposarsi. Il lavoro di Aurora andava a gonfie vele, ma per Eddy era altra cosa, si lamentava di essere sfruttato e mal pagato, e senza nemmeno chiederle un parere, una sera rientrò a casa comunicandole che quello stesso pomeriggio si era licenziato dal lavoro di commesso presso una prestigiosa boutique, lavoro che gli aveva procurato lei presso una cliente dell’ambulatorio veterinario del Rifugio.

Fino a quel momento lei aveva sempre accettato e condiviso le sue lamentele, ma quella sera, forse perché era reduce di 20 ore di lavoro senza un attimo di respiro, un cane anziano e maltrattato che aveva recuperato la sera prima, ferito sul ciglio della strada era morto fra le sue braccia senza poter fare nulla , la stanchezza accumulata , il dolore e la delusione la fecero scoppiare . Da lì nacque una discussione, che la lasciò in lacrime mentre guardava Eddy uscire di casa sbattendo la porta, per poi farvi ritorno il mattino successivo,con la coda tra le gambe, in atteggiamento talmente remissivo da confonderla e perdonarlo.

Da lì lui ricominciò a fare lavori saltuari, che portavano ben poco denaro a casa, mentre le spese erano tante, così lei raddoppiò gli straordinari rimanendo fuori casa quasi tutta la giornata.
Quando rientrava stanca a casa spesso lo trovava addormentato sul divano davanti alla televisione, in mezzo al caos di piatti sparsi per ogni dove e abiti a terra . Poi in seguito non era nemmeno lì ad aspettarla, né rientrava il giorno dopo, o almeno non in orari in cui anche lei era in casa.
Aurora era talmente innamorata da dare a se’ stessa la colpa del naufragio del loro matrimonio. Tentò di ricucire un dialogo con lui lasciando bigliettini innamorati dappertutto, chiedendogli disperatamente di aspettarla e parlare con lei, ma trovava i suoi messaggi nel cestino, e nessuna risposta.

Ci vollero due anni di lacrime per farle capire esattamente chi aveva sposato, Eddy in quei due anni aveva svelato la sua vera natura, egoista, bugiardo, e se non bastava pure disonesto: dopo aver prosciugato i suoi magri risparmi , frutto di ore di duro lavoro,si era eclissato seguendo una scodinzolante giovane e ricca fanciulla, lasciando Aurora annichilita e sgomenta.
Poi aveva anche scoperto che lui non era partito da Dallas per trovare il successo, ma era fuggito per non dover sposare una ragazzina che aspettava un figlio da lui. Suo padre lo aveva minacciato seriamente se non avesse ottemperato ai suoi obblighi, quindi raccontando bugie su bugie, contando sul fatto che nessuno della sua famiglia avrebbe mai raccontato dell’onta subita, chiese aiuto al cugino che inconsapevole di tutto lo ospitò e gli fece conoscere Aurora.

L’unica nota positiva era che non avevano avuto figli, fatto che non aveva almeno aumentato in lei dei sensi di colpa, tutt’al più poteva sentirsi stupida e depressa, ma i sensi di colpa, almeno quelli no.
Il divorzio aveva di poco preceduto la morte dei suoi genitori in un incidente d’aereo, sulle coste africane.

Aveva espletato personalmente tutte le pratiche burocratiche per il rientro delle salme, per il funerale e la loro sepoltura, con freddezza, razionalità,come se loro non facessero parte del suo DNA, come dei benemeriti sconosciuti, tanto che alcuni parenti avevano commentato il suo atteggiamento catalogandola una donna senza sentimenti, ma forse loro non sapevano cosa voleva dire crescere senza amore, senza poter chiedere a papà e mamma sulla sua crescita, sulla vita, senza una carezza: un cerotto su un ginocchio sbucciato in una stupenda infermeria super attrezzata ma senza il bacio sulla “bua” e senza i normali battibecchi fra genitori e figli,ma solo indifferenza da parte loro e tanta malinconia per Aurora.
Si era sentita abbandonata, sola ,tradita. Eppure era andata avanti, con caparbietà,con la assoluta certezza che la sua unica famiglia era lei stessa e il tentativo con il marito le aveva dato la conferma di ciò.

Durante l’infanzia trascorreva le brevi vacanze nella casa di famiglia con il nonno, in uomo dalla parvenza rude e invece carico di sensibilità e amore, difficilmente individuabili da cuore e occhi esterni, ma pieno di attenzioni per la nipotina, che viveva questo rapporto come unica fonte di affetto. Viveva della sua saggezza e conoscenza, in lui trovava risposte alle sue domande mai formulate.
Lui la faceva sentire come un’anima eletta, scelta per capire, scrutare, sintonizzarsi con il creato, sentire nel cuore quello che la natura, gli abitanti del bosco volevano dire, esercitando su di lei il desiderio quasi fiabesco di far parte di un mondo precluso alla razza umana, ma incredibilmente affascinante per chi ama veramente tutte gli animali facenti parte di ogni dove.

Quante volte si era sentita in colpa solo per essere nata, e quante volte si era detta: “ Non ho chiesto io di venire al mondo!!!”
Comunque questi erano i fatti: infanzia e adolescenza in solitudine, una laurea in veterinaria con il massimo dei voti e conquistata anticipatamente grazie alla sua volontà, un matrimonio fallito causa tradimento e i non pochi vent’anni dedicati al lavoro e agli animali, gli unici a non deluderla mai, come il nonno.Fu lui a spiegarle il suo nome italiano: suo padre e sua madre si erano conosciuti nella città di Aurora, in Colorado, e adorando quel luogo avevano consegnato a lei quel ricordo. Le sembrava una triste responsabilità, le avevano dato i loro ricordi, ma non il loro amore. Nonno Adamo le aveva detto addio una sera di fine state, quando lei stava per rientrare in collegio dopo una breve periodo di vacanza.

Dopo una lunga passeggiata nel bosco facente parte della immensa
fattoria, e dopo aver ascoltato ogni piccolo rumore e voce della natura, lui le disse tranquillamente che quella era per lui l’ultima stagione, lo sentiva, e abbracciandola in modo da toglierle quasi il fiato le promise che le sarebbe sempre stato vicino.

 

Emanuela Zanna

Aurora 2/8 ultima modifica: 2012-06-08T09:00:49+02:00 da Emanuela Zanna

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