Atto d’amore 1/4

Il dottor Remigio passò impercettibilmente dal leggero sonno che gli era abituale alla veglia e subito tese l’orecchio per ascoltare il respiro di sua figlia Giannina, nella stanza accanto. Lui si svegliava sempre prestissimo, e comunque ad ogni minimo rumore inconsueto. A quell’ora di solito la donna dormiva dopo una notte trascorsa immutabilmente a piangere. Il dottor Remigio lo sapeva bene, così come era consapevole di non poter fare assolutamente nulla. A ottant’anni passati, con una figlia di quarantatré anni, non era ancora riuscito a stabilire con lei un rapporto umano, se non da genitore.

Eppure soffriva con lei. Si rendeva conto di essere stato un padre pressoché inesistente, da quando sua moglie era stata portata via nel giro di tre mesi da un male che nessuno aveva potuto curare. La bambina aveva dodici anni, a quel tempo; ed era già insignificante. Una faccia che nessuno notava su un corpo che non prometteva nulla di buono. Persino al funerale quasi tutti i clienti e conoscenti che si erano avvicinati a lui per le condoglianze di rito, avevano ignorato la piccola donna che piangeva silenziosa un passo indietro, guardando a terra, con le mani allacciate davanti a sé.

Crescendo lei non era cambiata quasi in nulla; taciturna, nascosta, aveva terminato le scuole superiori rinunciando a frequentare l’università. Nessuno se ne era accorto, nemmeno il padre, che aveva trovato del tutto normale l’affaccendarsi di lei per tenere in ordine la casa e lasciare che la vita le scivolasse addosso. Non gli era mai venuto in mente di chiederle se avesse qualche progetto per il proprio futuro. Aveva solo proseguito cupamente ad esercitare la professione – medico di base con una vaga specializzazione in pediatria – un anno dopo l’altro. Tornava regolarmente a casa dall’ambulatorio o dal giro di visite nelle ore dei pasti; scambiava le minime parole indispensabili, leggeva un giornale o qualche pubblicazione scientifica. Ogni tanto prendeva in mano un libro della sua biblioteca di classici e si annoiava in silenzio sfogliando qualche pagina.

Giannina era arrivata a quarant’anni senza che nessuno dei due avesse mai notato le stagioni. Non andavano in chiesa e quindi nemmeno il succedersi delle festività liturgiche aveva qualche influenza sulla loro vita. Soltanto a Natale, per una abitudine conservata come eredità della madre, mettevano dei piccoli, anonimi regali accanto ad un presepe prefabbricato sul tavolino del tinello: unico segno che alterava una volta all’anno l’impersonale ordine della casa.

Il dottor Remigio era conscio di possedere un patrimonio abbastanza considerevole; a cominciare dalla abitazione, un edificio a due piani più la soffitta, del quale occupavano la parte centrale, mentre il pianoterra era riservato al garage, ad uno studio-ambulatorio che usava raramente ed a qualche altro locale di servizio. Dietro c’era un giardino con l’erba rasata e tre o quattro alberi che d’estate disegnavano un’inutile ombra. Nel garage era ferma ormai da anni una berlina scura che il dottor Remigio aveva smesso di usare quando aveva rilevato su sé medesimo i primi sintomi della demenza senile. Giannina, per parte sua, non aveva mai chiesto di imparare a guidare, né a lui era in venuto in mente di offrirle questa possibilità. Il problema era nato poco dopo che lei aveva compiuto quarant’anni.

Il dottor Remigio si rese conto all’improvviso di non udire alcun rumore nella stanza. Preoccupato, si alzò rapidamente per quanto gli consentiva il fisico in decadenza, indossò una vestaglia ed andò verso la camera della figlia. La porta era aperta. Dalle finestre entrava una grigia luce mattutina che cadeva sul letto, vuoto. Si guardò attorno, cercando di capire. In tanti anni non aveva mai osservato come Giannina sistemasse le cose nella propria stanza, sia durante il giorno che quando andava a riposare; perciò non sarebbe stato in grado di comprendere se mancasse qualcosa, e che cosa. Se potesse essere vicina o lontana.
Guardò in bagno e poi vagò per le altre stanze sempre con il medesimo risultato: il vuoto. Allora la preoccupazione che aveva cercato di tenere a bada si fece strada nel suo cuore, come una punta acuta e rovente.

Leonardo Franchini

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Atto d’amore 1/4 ultima modifica: 2017-02-17T08:44:47+01:00 da Inviati dai lettori

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