Border Paradiso

Uno scialle per riparare il tuo corpo dal freddo, occhiali per proteggerti gli occhi argentei, una sciarpa avvolta a turbante sui tuoi lisci capelli setosi.
E scompari.
Sommersa da orpelli e veli e pelli e marchi e misteri.
Sorrido fiera.
Con attenzione ho annientato il tuo splendore e ti accompagno parallela a binari ripieni di sabbia, sotto nuvole di fritture globali che disarmano i feromoni del tuo corpo perfetto.

Passo dopo passo ci avviciniamo alla prova del nove, la piazza, le colonne, Enzo e i suoi studiati casuali, i suoi ricci estranei, la sua lingua, le mani sporche di fumo affamate di pannolenci.
I monitor in vetrina trasmettono immagini random di tutti i miei passati scordati in stazione.
Gli ultimi treni persi riecheggiano tra le volte vetrate del Fatebenefratelli, un camice accompagna una flebo al bagno e dalla porta in acciaio il riflesso delle asole oscura il solco dei glutei.
– Perché ti sbottoni il cappotto? Prendi freddo, chiuditi.-
Cuscinetti verniciati Giamaica stuprano il pavé antico. C’è sempre qualcuno che tramuta tutto in pixels, c’è sempre qualcuno che sovrappone una colonna sonora, c’è sempre una telecamera che controlla, un microfono che spia, un mendicante inginocchiato sul proprio stato di servizio, un venditore di birra che sorseggia Incacola.
Un ricordo grigliato indugia su omicidi irrisolti.
– Selene, andiamocene, sono stanca. Torniamo a casa.-
– Prendiamo la novantaquattro, vieni, passiamo dal parco.-
– No, torniamo indietro, non vorrei incrociare Enzo.-
– Enzo? A quest’ora? Ma sei matta, dormirà ancora. Ieri ha suonato al Ladoo, figurati se è già qui.-

L’abbaio di un danese blu scuote il marciapiede ingombro di resti umani e cocci di Beck’s, Emma ondeggia ebbra di sé.
La smorzo e scruto tra decine di uniformi a vita bassa.
La sento, concreta e tagliente.
L’invidia che gonfia la mia paura.
Cerco uno specchio in cui irriderla, ma la mia ultima immagine lucente è rimasta incrostata tra le strisce gialle del Postamat.
– Forse hai ragione tu, torniamo indietro.-
– Troppo tardi, guarda…-
E li vedo.
Gli occhi di Enzo che, rimbalzando sulla Rizla lunga, tangono qualunque mia spora e sconquassano il mio lavoro di copertura spogliando Emma come un ranuncolo al sole.
Deglutisco e risale l’amaro di qualche ora fa. Bianco e corroso, inutile ricostruzione di sopravvento.

Prendo Emma per un braccio e corro, la trascino come un cane di pezza, un trenino ruote all’aria, un asciugamano in piscina.
Svoltiamo in Corridoni e saltiamo sul due.
Emma ha tutti i capelli arruffati, le guance paonazze, lo scialle di sbieco su una spalla vagheggia una scollatura tra cappotto e cardigan. Solleva gli occhiali sulla fronte, puzza di buono.
Un vecchio di quarant’anni le immagina il culo e la fissa negli occhi.
Mi paro davanti, la odio, la  amo, la invidio a morte, l’adoro è la mia migliore amica.
Mi parla di Enzo, non l’ascolto, mi concentro l’aspiro, la irrido, ci gioco.
Ha bisogno di me.
Cogliona!

Sento un fiotto caldo bagnarmi la coscia.
– Scendiamo, ho bisogno del bagno.-
– Perché?-
La scimmiotto – Perchèè?-
– Ti sono venute? Che bello! Vuol dire che non sei incinta, sei felice?-
Ma che ne sai di me, amica del cuore, amica del cazzo, che ne sai tu con quell’odore ammaliante che ti porti addosso, con quella pelle pura, con quelle rotule intonate, che ne sai?

Della fatica che faccio a sopportare i tuoi baci al mio ragazzo che non ho mai avuto.
Che ne sai della fatica che mi costa essere puttana per superarti almeno in qualche cosa, che ne sai delle risate lorde che sopporto per esserti migliore, che ne sai?
Vorrei bruciare i tuoi miseri sonetti, sciogliere nell’acido il tuo alone hentai, sbriciolare ai piccioni il candore dei tuoi denti, ma mi faccio forza e ti sorrido.
Accarezzo il tuo imbarazzo fragile con una a maiuscola di amica.
Salgo e nella tua stanza tutto è perfettamente come ho sempre desiderato, anche il caos dei cassetti e la papera gialla.

Guardo l’ora.
– Devo andare, se mio padre non mi trova poi sono guai. –
Lo sai benissimo che di me non importa un cazzo a nessuno, ma pensi di ricambiare il mio affetto con un cenno d’approvazione.
– Vai Selene, vai. Ti telefono dopo cena.-
Rollo un personal in ascensore, cammino lenta in Monte Grappa, spengo il mozzicone sui gradini del Luminal

Un messaggio.
– Amica mia TVB!!!-
Invidio anche la tua sincerità, ti ammazzerei, ma ti voglio bene e me ne dispiaccio.
Mi scontro con i miei molli sentimenti, mi accendo una sigaretta e squillo a Luca.
Così, solo per non farmi trovare.
Ho fame.
La fragranza del pane caldo mi lancia dall’altra parte della strada.
L’ultima cosa che ricordo prima delle sirene dell’ambulanza e del tanfo di disinfettante del pronto soccorso
Ora siedi lì, è già primavera, Enzo ha i soliti occhi rossi e ti tiene una mano, con l’altra mi porgi una papera gemella alla tua.
Forse sto piangendo, ma le bende che mi ricoprono ancora la faccia assorbono i miei sentimenti.
– È Cleo, so che ti è sempre piaciuta, vuole stare con te.-

Non riesco a trattenere un singhiozzo, amica del cazzo mi vuoi bene davvero, ma come devo fare a fartelo capire?
Non volevo morire, erano tutte stronzate quelle che avete letto nel diario, solo esercizi di stile, lamenti da chat.
Per un po’ di sfortuna, per un naso storto, per una prima scarsa, per una madre dispersa, per un futuro incrinato credi che io butti al vento la voglia di esser più bella di te?
Te lo scordi ragazza, ho le palle nel cuore.
Mi alzo e mi metto di spalle contro la porta in acciaio, lo so che Enzo vede il riflesso, lo hai perso è già mio.

 

Marco Berrettini

Border Paradiso ultima modifica: 2013-04-29T09:10:27+02:00 da Inviati dai lettori

---

Post Navigation