Archivio mensile: Aprile 2017

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La mia elettricità

Brucia,
Lo sento questo formicolio
nelle vene, nel sangue
Mi scorre dentro come ossigeno,
fluido e leggero.

Sono sospesa tra il crederci e il non
Sogno ad occhi aperti respirando aria magnetica.

E continua
L’ onda frizzante che mi attraversa:
è una forte scossa che nasce dal ventre
e si propaga in superficie.

Brividi sulla pelle,
ancora e ancora.

I miei pensieri corrono
tra l’erba alta della coscienza.

Per quanto durerà l’elettricità?

I miei battiti cardiaci
sono alimentati da te.

La mia anima
si nutre di energia elettrica
ed ogni giorno
ha sempre più fame.

Come si vive senza corrente?

Direi così tristemente spenti.

 

Giulia Salani

Se un giorno rimanessi sola

Se un giorno
rimanessi sola
incomincerebbe la mia pena
più nera del nero
minacciata dal dolore
più sordo del silenzio
e più profondo del vuoto.

Se un giorno rimanessi sola
sarei smarrita nella sofferenza
senza un amico.

Ottavio Berti, ovvero mani pulite (I più votati di Prosa e Poesia)

Quando sono arrivato a Vaglia, dalla città, ero affamato di spazi
aperti, di case rurali con le facciate colorate dal verderame, con cui i mezzadri avevano da sempre irrorato la pergola di vite, baluardo contro il solleone dell’estate. E, non solo metaforicamente, di pollo fritto consumato sulla grande tavola della famiglia contadina.
Ottavio era il personaggio che più incarnava, a quel tempo, il mio immaginario cittadino di cosa doveva essere il contadino per antonomasia.
Pantaloni di fustagno, l’immancabile stecchino tra i denti, la pelata tra i capelli sempre occultata dal cappello e la flemma, il passo lento, più lento che l’età poteva suggerire.
E poi…gli occhietti vispi, furbi di chi non ha studiato la vita sui libri, ma ha imparato dalla vita.
“Ottavio che me lo venderebbe un coniglio?” (per la precisione un conigliolo). “Bah, che sa addire…”.
La casa l’avevo già frequentata, per curiosità, nei miei giri di perlustrazione a cavallo della vecchia nera Gilera 125.
Quella di Ottavio mi affascinava per la promiscuità degli animali che giravano sull’aia, e non solo: c’era di tutto, anatre, galli, paperi, pulcini che uscivano dalla stalla, chiocce che covavano tra il fieno. Un’Arca di Noè scacazzante dovunque. E poi c’erano quelle chianine meravigliose, pulite, tirate a lucido, differenti da tutte le vaccine delle altre stalle.
Si respirava ancora l’odore del concio, che faceva tanto campagna.
Un giorno accompagnai i’Leardi, il veterinario; doveva mettere il bollino all’orecchio di una vitellina. Ottavio maneggiava la bestia impaurita con la maestria frutto dell’esperienza.
Era una scena d’altri tempi. Leggi tutto →

Amico d’un tuo nemico?

Sii sereno
guardiamo insieme
tra le genti
l’arcobaleno,
sintesi perfetta
d’armonia
che sa indicare
la giusta via.

Non mi saluti più
perché sono amico
d’un tuo nemico?

Non mi soffermo
di solito
sull’unico colore,
sono sensibile
soprattutto a chi
nelle difficoltà
sappia mostrarmi
amore.

Padre

Se solo il cielo
mi donasse questa sera
una stella
ritroverei la bambina che conosco,
in quelle notti con il cuore nel sogno,
che spensierata con occhi aperti di sorriso correva sulla spiaggia.

Un plenilunio rispecchiato
sul mare ondeggiante
ove mi perdevo nel suo splendore.

Com’era bella e com’era dolce, vedevo il mondo, vedevo la vita.

Ombre nere di gabbiani in volo
punti neri sulla luce bianca
mentre tu, padre da buon scrutatore
del cielo indicavi
le stelle più belle.

Angeli incamminati verso l’infinito
che si perdono all’alba.

Poi si spensero le luci,
tornò il buio.