Nell’idilliaco scenario d’oriente, si snodava il ridente agglomerato dell’odierna Bratislava, illo tempore obnubilata da una coltre di fervente nichilismo. Dislocata a ridosso del promontorio dei Carpazi ed intervallata da insenature di natura fluviale, si ergeva impetuosa ai margini di una sinuosa valle. Ivi imperversavano, sovente, glaciali nevicate, inframmezzate da gelo e copiosi rovesci.
Un’ambientazione ordunque asettica e impervia. Al vertice del piramidismo sociale figurava il principe della valle, feudatario nonché emblema della collettività, di seguito si delineava la figura ieratica ed ineluttabile di Adahm, sacerdote del Santuario della Provvidenza , ubicato nel ventre della valle. Negli strati inferiori si assestavano gli agrimensori e i mercanti, di estrazione medio-alta, nel basamento gerarchico coesistevano gli indigenti, spesso discendenti da stirpi di schiavi o prigionieri mutuati dal fronte bellico.
L’immaginario collettivo era contrassegnato da un acre spiraglio di antagonismo nei riguardi della sfera dell’ultransensibile, il popolo, indi, era animato da un radicato e divagante senso di determinismo casualistico, ravvisabile negli usi e costumi locali. Refrattari ai valori consuetudinari, apparivano le acerbe anime di Daniele, Ruth e Tobia, discepoli in erba, forgiatisi in ossequio alla dottrina mistica profusa dalla guida spirituale del paese. Il maestro predicava i precetti teologici della salvezza, redenzione e reincarnazione, triade assiologica eretta a fondamento del verbo divulgato dal sommo divino. I tre giovani discenti erano soliti adunarsi presso il luogo di culto per l’adulazione, mediante l’attuazione della prassi rituale, del simulacro della Provvidenza, situato nella stanza della sospensione temporale, un abitacolo metafisico il cui accesso era precluso ai miscredenti e a coloro i quali demonizzavano la fede.