Archivio mensile: Maggio 2015

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Biancaneve e il Principe Azzurro 1/3

C’era per la seconda volta una bella fanciulla chiamata Biancaneve per il candore della sua pelle e della sua anima. Risvegliata dall’amore a prima vista del Principe, era salita subito sul suo bianco destriero seguendolo fiduciosa senza chiedergli dove. Dopo qualche giorno di viaggio, i due innamorati giunsero ad un grande castello. Le trombe squillarono festose allorquando furono avvistati dalle sentinelle. Una grande festa accolse il ritorno dell’amato Principe. Gli stendardi azzurri e bianchi sventolavano sulle torri e sui davanzali, mentre ovunque sudditi e armigeri e damigelle si facevano incontro alla giovane coppia correndo felici.
Sulla scalinata d’ingresso una maestosa matrona attendeva solenne il loro arrivo. Istintivamente intimidita, Biancaneve seguì un po’ arretrata il suo Principe Azzurro. Lui la presentò subito alla madre senza nascondere il proprio trasporto. La Regina sorrise, tendendole la mano. Ma la fanciulla subito si chiese quanto profonda fosse quella accettazione.
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Lettera all’arte

Cara arte,
sei la musa
dell’anima;
fai vibrare
le corde
delle emozioni;
il germogliare
del tuo profumo
creativo
diviene opera;
culli le menti
dei più
nella delizia;
non sei fantasia,
ma piacevole
e concreta
realtà.

Dall’esilio in qua (I più votati di Prosa e Poesia)

Dall’esilio in qua
nel ventre esteso del mondo si ferma
ed è un punto di luce che aggredisce
e torna ancora inesauribile
perfezione del tutto

(insisto, pur nella perdita
perenne, ma come orfana lontananza
che inchioda, lento sparire
dell’io)

ecco, dovendo trarne le conseguenze
direi che s’accumula il poco che avanza
le cose che sono
in cammino nel mondo
binari divelti ignari perfetti
segretamente
oltre l’abbandono

 

 

Non ci pensi

Non ci pensi
quasi mai,
il sole
nel cielo
risplende,
illumina,
brilla
anche per te!

Attendente 1/2

Se ne stava lì da così tanto tempo che la ragazza non poteva fare a meno di chiedersi se fosse parte della spiaggia, se le alghe e le conchiglie si fondessero attorno alle sue gambe brune, durante la notte, come edera marina. Era lì, immobile, gli occhi fissi su qualcosa in lontananza tra onde che solo lui poteva vedere. Il suo viso le ricordava un foglio sgualcito, le sarebbe piaciuto leggere nei suoi pensieri, immaginava che fossero polverosi.
Lo guardò tutto il giorno, di sottecchi; niente lo smuoveva. C’erano lui e la sua ombra, che diventava sempre più lunga mentre il sole tramontava. Cosa si provava ad essere talmente soli, si chiedeva.
L’uomo stava aspettando,  così anche lei si mise ad aspettare.

Lo osservava. Aveva una conchiglia in mano, la stringeva così forte che piccole gocce vermiglie iniziarono a scivolare tra le dita picchiettando la spiaggia. Le si chiuse la gola.
“Si sente bene?” chiese correndogli al fianco. L’uomo sobbalzò a quella domanda, portandosi la mano sul petto con fare protettivo.
“Sì, sto bene” rispose “è solo un piccolo taglio.”
“Forse dovrebbe sciacquarsi nel mare…”
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