Tra le note di una vecchia canzone
penso ai giorni perduti sbiaditi dagli anni
e alla voglia di poter dire parole mai dette
regalate al vento
lasciate senza saluti con rimorsi
e pentimenti ingoiati tra le mille scuse lontane.
Ritrosie disperate ed insormontabili
che dicevano delle nostre confidenze
e delle nostre debolezze,
di quell’amaro vanto che sempre mi è mancato.
E’ difficile perdonare
quando il rancore
alberga nell’animo
e si cinge al dolore,
lo so.
Devi slegare te stesso
da pensieri attorcigliati
che invadono la mente
che non sente,
senti il cuore.
Si perdona perché s’ama;
il perdono è fonte
di libertà interiore
che non soffoca l’amore,
sappilo.
Ti nomino ma non ti scrivo
perché così
tu non rimanga contenuto in questa incomprensibile rima
perché tu possa inondare tutto quanto nel tuo percorso
senza pensare
senza misurare
senza chiedere il permesso
ne a me
ne alle mie vocali
ne alle mie consonanti
Ti nomino ma non ti scrivo
perché così facendo
sarai mio
e della mia bocca
e dell’aria
perché sei tu
quello che mi suona dentro
quello che mi succede
quello che mi prende
inevitabile come gli angoli che si piegano
Isomorfiche visioni
stellari e marine, emergono
– in me e fuori di me –
allo stato nascente,
ancora una volta.
Meccanismi e ingranaggi
del motore del Nulla.
Chi ti sembra straniero
non lo è,
vive sotto lo stesso cielo
dove sei tu.
Una goccia
del mare burrascoso,
in cui nuoti
anche tu.